Riforma pensioni entro il 2022 secondo la direttiva del ministero del Lavoro che punta sull’uscita flessibile. Il lavoratore sceglie l’età, ma con una riduzione sull’assegno e non solo. Le ipotesi.
La riforma delle pensioni arriverà entro la fine dell’anno e a confermarlo è il ministero del Lavoro con la direttiva n. 28/2022 con la quale il dicastero guidato dal ministro Andrea Orlando definisce gli obiettivi strategici per l’anno in corso.
Per le pensioni si va verso la flessibilità in uscita vale a dire che il lavoratore sarà libero di scegliere a che età congedarsi dal lavoro, il che tuttavia comporta una riduzione dell’assegno qualora si scelga l’anticipo. Resta ferma ovviamente l’età della pensione di vecchiaia oggi a 67 anni per tutti.
La direttiva del ministero - che tra le altre cose contiene anche la riforma degli ammortizzatori sociali alla quale si vuole dare piena attuazione sulla base della Legge di Bilancio 2022 - parla di “sistema equo e flessibile nell’uscita dal mercato del lavoro”. Vediamo cosa potrebbe significare nel dettaglio.
Pensioni, riforma con uscita flessibile e assegno ridotto: ipotesi
Le linee di azione del ministero del Lavoro per l’anno 2022 dovranno attenersi ad alcuni criteri direttivi tra cui la riforma delle pensioni. La direttiva del ministero del Lavoro è infatti, come si legge nel testo, un “atto programmatico” che individua proprio tutte le linee di azione strategiche e operative per l’anno in corso.
Il ministero pertanto entro il 2022 dovrà impegnarsi a intervenire “sul sistema pensionistico, attraverso il dialogo e il confronto con le parti sociali,
volto a garantire un sistema equo e flessibile nell’uscita dal mercato del lavoro.”
Per le pensioni e la loro riforma d’altronde il canale di dialogo con le parti sociali è aperto da tempo e con la Legge di Bilancio 2022 si è intervenuti momentaneamente per superare Quota 100. Cosa significa pensioni più flessibili? Come riporta Italia oggi l’età della pensione potrà essere anticipata o posticipata rispetto all’età legale di 67 anni, dal lavoratore con un assegno ridotto o più alto a seconda si scelga la prima o la seconda strada. Ovviamente l’età per la pensione di vecchiaia a 67 anni è destinata a crescere con la speranza di vita.
Le ipotesi sul tavolo del governo intanto, secondo quanto anticipa il Messaggero, sarebbero tre. Nel dettaglio:
- ricalcolo contributivo delle pensioni per intero. Si tratta del modello Opzione donna applicato anche agli uomini. Questo ovviamente comporta una perdita sull’assegno di pensione e pertanto sembra un’ipotesi non gradita ai sindacati. Si potrebbe andare in pensione a 64 anni di età. Il taglio sulla pensione, secondo i calcoli fatti dal governo per Opzione donna, andrebbe a oscillare tra il 6 e il 13 per cento, sebbene le lavoratrici possano congedarsi a 58 o 59 anni di età a seconda che siano dipendenti o autonome;
- altra opzione pare sia quella che prevede la pensione anticipata a partire da 64 anni con taglio dell’assegno sulla porzione retributiva. Il taglio sarebbe più contenuto e la quota retributiva della pensione verrebbe ridotta in proporzione agli anni di anticipo. Si utilizzerebbero i coefficienti di trasformazione del contributivo. Per un lavoratore che ha un terzo della carriera lavorativa che ricade nel retributivo, e che andasse in pensione 3 anni prima quindi a 64 anni invece che 67, il taglio sulla quota retributiva sarebbe del 9% quindi il 3% sul totale. Moltissimi lavoratori, lo ricordiamo, ricadono nel sistema misto (calcolo retributivo e contributivo dopo il 1996);
- la terza ipotesi di riforma è quella che divide l’assegno in due proposta dal presidente dell’INPS Pasquale Tridico. La pensione verrebbe riconosciuta subito con un anticipo della quota contributiva della pensione a 62 o anche a 63 anni con 20 di contributi, mentre la quota retributiva al contrario viene concessa a 67 anni sempre per chi ricade nel misto. Al solito il sistema contributivo per il calcolo della pensione si applica per i contributi successivi al 1° gennaio 1996, mentre il sistema retributivo vale per i contributi antecedenti a quella data.
Si tratta ovviamente di ipotesi. Solo il costante confronto tra governo e sindacati potrà dare conferme sulla riforma delle pensioni entro il 2022.
Pensioni e non solo nella direttiva del ministero
Nella direttiva del ministero del Lavoro non si parla solo di pensioni. Tra le linee di azione strategiche e operative per il 2022 di via Veneto, come segnalato nella direttiva, troviamo tra le altre:
- attuazione della riforma del sistema degli ammortizzatori sociali in funzione dell’universalizzazione del sistema di integrazione reddituale e del sostegno alle transizioni occupazionali;
- rafforzamento dei centri per l’impiego e della qualità dei servizi per il lavoro e del sistema delle politiche attive del lavoro, efficacemente integrate con le politiche sociali e con quelle di sostegno al reddito, nell’ottica della promozione dell’occupazione dei giovani, delle donne e dei soggetti più vulnerabili e del mantenimento all’interno del tessuto produttivo, anche mediante le transizioni occupazionali, dei lavoratori a rischio espulsione dal contesto lavorativo;
- innalzamento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro e riduzione del gap di genere in tutte le aree maggiormente «critiche», quali opportunità di crescita in azienda, parità salariale a parità di mansioni, politiche di gestione delle differenze di genere, tutela della maternità, ecc.;
- prosecuzione nell’implementazione del Reddito di Cittadinanza (RdC) mediante la razionalizzazione e l’efficientamento della misura.
Per maggiori dettagli rimandiamo al testo della direttiva che alleghiamo di seguito.
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