Dopo Zelensky anche il Papa ha usato parole molto dure nei confronti dell’Onu: ecco perché il Palazzo di vetro può fare ben poco per fermare la guerra in Ucraina che ormai va avanti da oltre due mesi.
“Dobbiamo consegnare alle prossime generazioni un’Onu efficace che possa rispondere in maniera preventiva alle sfide in materia di sicurezza per garantire la pace. Il Consiglio di sicurezza deve garantire la sicurezza, ma in questo momento che ruolo sta avendo? Dove sono queste garanzie da parte delle Nazioni Unite? È ovvio che le istituzioni chiave del mondo che devono portare la pace in questo momento non stanno funzionando in maniera efficace”.
Musica e parole di Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino che intervenendo in collegamento video durante il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto l’istituzione di un “ tribunale sul modello di Norimberga ” per giudicare i crimini di guerra che la Russia starebbe compiendo in Ucraina.
A stretto giro è arrivata una nuova forte critica all’Onu, questa volta niente di meno che da Papa Francesco: “Nell’attuale guerra in Ucraina, assistiamo all’impotenza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite”.
Parole dure queste di Zelensky e di Papa Francesco, che hanno sottolineato il sostanziale immobilismo dell’Onu da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, una situazione che ha evidenziato tutte le contraddizioni che da tempo albergano all’interno del Palazzo di vetro.
L’Onu e il ruolo nella guerra in Ucraina
Alla luce dei toni usati da Volodymyr Zelensky e da Papa Francesco, una domanda sorge spontanea: perché in queste settimane l’Onu non ha fatto nulla per cercare di fermare la guerra in Ucraina?
Una semplice domanda questa che ha una risposta altrettanto semplice: per inviare i propri caschi blu, l’Onu ha bisogno del voto favorevole di tutti e cinque i membri permanenti del Consiglio di sicurezza.
Tra i membri permanenti del Consiglio di sicurezza ci sono la Russia e la Cina, motivo per cui le Nazioni Unite finora hanno avuto le mani sostanzialmente legate. Nelle scorse settimane è stato approvato dall’Assemblea generale un documento di condanna all’invasione russa con 141 voti favorevoli, 35 astenuti e 5 contrari (Russia, Corea del Nord, Bielorussia, Siria ed Eritrea).
Ogni eventuale operazione diretta di peacekeeping dei caschi blu però verrebbe stoppata dal potere di veto di Mosca all’interno del Consiglio di sicurezza. Nel suo intervento Zelensky ha chiesto una estromissione della Russia dalla cerchia ristretta dei membri permanenti, ma questa strada non appare essere facilmente praticabile.
Quanto alla richiesta di un processo a Vladimir Putin i problemi per l’Onu sarebbero sempre gli stessi. Inoltre in virtù del fatto che Russia, Stati Uniti e Ucraina non hanno aderito allo Statuto di Roma, l’atto che è alla base della Corte penale internazionale, anche l’Aja al momento sembrerebbe avere le mani legate.
La soluzione sarebbe quella di istituire un Tribunale ad hoc per giudicare Putin e gli altri vertici del Cremlino per gli eventuali crimini di guerra commessi in Ucraina. Finché il presidente russo resterà al suo posto, con gli imputati di conseguenza inevitabilmente in contumacia, nella sostanza sarebbe impossibile eseguire ogni possibile sentenza.
L’Ucraina però negli scorsi anni ha accettato la giurisdizione della Cpi soltanto per i fatti commessi sul suo territorio. Come si legge su Altalex , questo vuol dire che “la Corte penale internazionale può giudicare dei crimini commessi nel territorio ucraino, ad eccezione però del crimine di aggressione”.
Anche in caso di un mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale, l’unica conseguenza per Vladimir Putin sarebbe comunque quella di non poter entrare nel territorio dei Paesi che hanno sottoscritto lo Statuto di Roma.
Naturalmente tutto cambierebbe in caso di una perdita del potere da parte di Putin: da settimane si rincorrono le voci di possibili trame per effettuare una sorta di golpe a Mosca, ma buttare giù zar Vladimir dal suo trono non appare un’operazione facilmente realizzabile.
Dalla guerra al Covid: l’impotenza dell’Onu
Papa Francesco probabilmente non poteva usare un termine migliore di “impotenza” per descrivere l’attuale situazione dell’Onu. Una constatazione questa che non vale solo per la guerra in Ucraina, ma anche per la gestione della pandemia.
L’Oms infatti che è l’organismo delle Nazioni unite che si occupa di sanità, prima ha sbagliato insieme alla Cina nella gestione delle prime fasi della malattia quando ancora non era stata dichiarata la pandemia, poi non è riuscita a portare al termine una efficace missione scientifica per determinare quale sia stata l’origine del Covid-19.
Iniziata la campagna vaccinale, ogni invito da parte dell’Oms a una distribuzione equa delle dosi è stata disattesa, con i Paesi più potenti che hanno fatto incetta di scorte lasciando agli Stati a medio e basso reddito le proverbiali briciole.
Adesso c’è la questione della guerra in Ucraina, con il meccanismo del diritto di veto riservato ai cinque membri permanenti (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito) che di fatto paralizza il Consiglio di sicurezza.
Non il massimo per una Organizzazione che costa ogni anno miliardi di dollari agli Stati membri, solo l’Italia contribuisce annualmente con circa 700 milioni, la cui efficacia però adesso è stata seriamente messa in discussione dai recenti eventi che stanno sconvolgendo questi ultimi due tribolati anni.
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