La Spagna ha messo in campo l’esercito per riportare in Marocco i migranti arrivati nel’enclave di Ceuta: ecco perché Madrid lo può fare e l’Italia invece no con chi sbarca sulle nostre coste.
La Spagna ha messo in campo anche l’esercito per fronteggiare gli arrivi record di migranti a Ceuta. Più della metà delle 8.000 persone che hanno varcato il confine, facendo a nuoto i 500 metri che dividono il Marocco dall’enclave di Madrid, sono stati rimandati già indietro.
Emblematica è la foto del neonato salvato in acqua da un membro della Guardia Civil, visto che sarebbero oltre 1.500 i minori giunti a Ceuta. Tutto nasce da un’autentica crisi diplomatica tra la Spagna e il Marocco.
Il Governo marocchino infatti si è detto più che irritato dal ricovero causa Covid in un ospedale spagnolo di Brahim Ghali, leader degli indipendentisti della Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi.
Rabat così potrebbe aver in qualche modo permesso l’arrivo in massa di migranti a Ceuta come in una sorta di ritorsione verso la Spagna, con Madrid che per tutta risposta ha schierato l’esercito a Ceuta per mettere in pratica i respingimenti.
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La decisione da parte del Governo spagnolo, guidato dal socialista Pedro Sanchez, in qualche modo cozza con l’obbligo di accoglienza messo in atto dall’Italia quando si verificano sbarchi sulle nostre coste.
Dal punto di vista normativo, l’azione della Spagna è comunque legittima. Nel 1992 Madrid infatti ha siglato con il Marocco un accordo che prevede che i migranti di qualsiasi nazionalità provenienti dal paese africano, possono essere rimandati indietro entro un massimo di dieci giorni.
Da allora i respingimenti sono quindi la prassi, ma questa volta il clamore è dovuto al numero record di afflusso di migranti in poche ore. Non sono mancate però negli anni le critiche da parte di diverse organizzazioni imanitarie, ma una sentenza dello scorso novembre da parte della Corte Costituzionale iberica ha ribadito la legittimità delle espulsioni.
L’Italia questo non lo può fare per i migranti provenienti dalla Libia, che non viene considerata dall’UE un porto sicuro, anche perché manca ancora un accordo del genere con Tripoli: in ballo c’è solo il memorandum del 2017 voluto dall’ex ministro Minniti.
Un accordo bilaterale invece lo abbiamo con la Tunisia, tanto che nel 2019 circa 7.000 migranti sono stati rimpatriati tramite aereo, ma considerando anche i confini nostrani (marittimi e non terrestri) non è possibile per noi schierare l’esercito per respingere chi prova a entrare in Italia.
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