Nel toto-nomi pre elezione del/della Presidente della Repubblica non sono mancati i nomi (e i cognomi) di donne capaci. È il tempo di una donna al Quirinale? Sì, ma non di una donna qualsiasi.
È il momento giusto per avere una donna Presidente della Repubblica? La domanda serpeggia nello stivale portandosi dietro critiche e speranze. “Una donna” non basta per diventare Presidente della Repubblica, la verità è questa. Non ci serve “una donna”, una qualsiasi solo perché donna. Serve un nome e un cognome - quello spesso negato alle donne dal mondo giornalistico e televisivo - adeguato alla carica e di alto profilo.
Eppure non si può fare a meno di notare che, se c’è bisogno di dire “Una donna al Quirinale!” (e farne una campagna social) è perché una donna al Quirinale non c’è mai stata. Al contrario non c’è bisogno di dire “un uomo al Quirinale!”, perché in 76 anni di Repubblica sono stati solamente gli uomini a rappresentare il Paese.
Per quanto non sia giusto chiedere la presenza di una donna Quirinale solo per l’appartenenza a un genere, è altrettanto evidente che serve un esempio per rompere il soffitto di cristallo, una chiave per aprire la porta. È quindi il tempo di spalancare la porta del Quirinale a nomi e cognomi di donne competenti.
Insomma, se è stato possibile per Silvio Berlusconi presentare il proprio nome (poi ritirato), non dovrebbe essere difficile proporre nomi e cognomi davvero validi, di donne o di uomini.
La Presidente della Repubblica: non vogliamo la quota rosa
Il mondo è costruito per essere a misura di uomo. Se questa frase appare troppo “da femminista” forse è il caso di citare le criticate quote rosa. Sì, quella percentuale di rosa, cioè di donna, all’interno dei tavoli politici, delle grandi società e persino di una pizzeria con la certificazione per le aziende della parità di genere.
Meglio non aprire un dibattito sul rosa come colore da donna, perché rischiamo di andare indietro di 200 anni, quando il rosa era il colore maschile per eccellenza dopo il rosso. No, il problema delle quote rosa è che sono un ritaglio, un contentino nello spazio solitamente abitato dagli uomini.
Allo stesso modo lo slogan “Una donna al Quirinale!” non è altro che l’ennesimo fiocchetto rosa appuntato sul petto. Non “Belloni al Quirinale”, ma una donna, una qualsiasi, magari una vicina agli ambienti più conservatori. No, non può essere il tempo di una donna qualsiasi.
C’è un tempo più adatto di un altro per le pari opportunità? I numeri della Repubblica
Perché proprio ora, perché proprio il 2022 dovrebbe essere il momento perfetto per avere una donna Presidente della Repubblica? Forse iniziamo a sentire gli occhi di tutti gli altri Paesi avanzati puntati addosso?
Dopotutto è la stessa Costituzione italiana a sottolineare l’importanza della parità di genere e lo fa agli articoli 3, 37 e 51:
Art. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Art. 37. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
Art. 51. Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.
Eppure, è il momento di ricordarlo, in 76 anni di Repubblica alle donne le pari opportunità sono mancate eccome. I numeri sono quelli che sono: pochi e deludenti. Tre è il numero di donne che hanno ottenuto la terza carica dello Stato: Nilde Iotti, Irene Pivetti e Laura Boldrini. Uno è il numero delle donne alla presidenza del Senato: Maria Elisabetta Alberti Casellati nel 2018.
Numeri che si rispecchiano anche nel resto dei ruoli apicali, non solo nella politica, ma anche nelle aziende. Insomma, il soffitto di cristallo è spesso e anti-urto.
Per la Presidente della Repubblica è una corsa a ostacoli
Per la Presidente della Repubblica è una corsa a ostacoli con l’arrivo spostato di qualche metro in avanti. Perché le aspettative su una donna sono molte, a partire da quelle simboliche per il femminismo. Per non parlare del momento storico, ancora non post-pandemico e fortemente polarizzato che erediterebbe.
Ma chi sono le donne (con nomi e cognomi) adatte a questo ruolo?
I nomi e i cognomi proposti non mancano da Emma Bonino a Rosy Bindi, da Letizia Moratti a Anna Finocchiaro. Alcuni più papabili di altri, come per i nomi maschili, ma alla fine quelli più vociferati appartengono a Paola Severino, Marta Cartabia ed Elisabetta Belloni.
Tutti vogliono una donna al Quirinale, ma i nomi proposti spesso non rappresentano davvero il cambiamento che una figura femminile, nuova, prospetta. Di donne capaci ne esistono, ma di donne capaci che piacciono al sistema un po’ meno. Basti notare cosa succede nel resto d’Europa: donne al potere sì, ma conservatrici.
Dobbiamo tirare avanti sul discorso di “Una donna al Quirinale!” solo perché una donna segnerebbe la rottura del soffitto di cristallo? Sarebbe bello e forse è quello che si auspica una parte del Paese. Ma diciamolo chiaramente: vorremmo essere orgogliosi non solo di avere una donna come Presidente della Repubblica, ma di avere una donna Presidente della Repubblica capace di rappresentare i diritti civili e la parità di genere, capace di rappresentare gli italiani e le italiane.
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