Cos’è lo smart working, come funziona e vantaggi del lavoro agile

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14 Ottobre 2024 - 16:10

Lo smart working, conosciuto anche come lavoro agile, è una modalità di lavoro che ha una sola parola d’ordine: flessibilità. Ecco cosa sapere.

Cos’è lo smart working, come funziona e vantaggi del lavoro agile

Quando si parla di smart working, torna subito alla mente il periodo della pandemia Covid, quando questa modalità di lavoro non era solo una possibilità ma una necessità. In realtà, dietro allo smart working c’è un vero e proprio mondo di opportunità e prospettive, incentivate sia dall’evoluzione tecnologica che dalla sempre più fervente - per fortuna - coscienza per tematiche come il benessere lavorativo e la sensibilità ambientale e aziendale.

In Italia, anche se il numero di persone che lavora in modalità agile è sceso rispetto al picco del 2020, l’apertura allo smart working è oramai consolidata e molte aziende stanno puntando su modelli ibridi che consentano flessibilità. Un modo di lavorare sdoganato anche nei settori più tradizionalisti, e che offre tanti vantaggi sia alle imprese che ai dipendenti. Ecco come funziona e cosa dice la legge in merito.

Cos’è lo smart working? Significato e definizione di «lavoro agile»

Lo smart working, conosciuto in italiano come «lavoro agile», è una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa che offre maggiore flessibilità organizzativa sia per il lavoratore sia per l’azienda.

Il concetto di smart working non si limita a svolgere il lavoro da remoto, ma si basa su una filosofia che promuove l’autonomia del dipendente nel gestire tempi e spazi di lavoro. Secondo la definizione della normativa italiana, introdotta dalla Legge n. 81 del 22 maggio 2017, lo smart working è:

una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

In altre parole, lo smart working non impone la presenza fisica del lavoratore in azienda e consente una gestione flessibile del tempo. La chiave è che il lavoro è orientato agli obiettivi piuttosto che al rispetto di un orario rigido o di un luogo di lavoro specifico. La legge stabilisce inoltre che l’adozione di questa modalità deve avvenire tramite accordo volontario tra datore di lavoro e lavoratore, e deve essere regolata da un contratto che fissi le condizioni.

La prima azienda a introdurre lo smart working in Italia nel 2017 è stata Ferrovie dello Stato.

Smart working e home working: sono la stessa cosa?

Sebbene i termini «smart working» e «home working» vengano spesso utilizzati come sinonimi, in realtà si riferiscono a concetti diversi.

Home working significa semplicemente lavorare da casa, spesso con vincoli simili a quelli che esistono in ufficio, come orari fissi o la necessità di essere sempre reperibili in determinati momenti. Di solito, l’home working è visto come una forma di telelavoro, che prevede una stretta sorveglianza da parte del datore di lavoro, nonostante la distanza fisica.

L’home working può implicare una semplice trasposizione del lavoro d’ufficio all’ambiente domestico. Lo smart working, invece, va oltre il concetto di telelavoro. Non è legato esclusivamente alla casa, ma si basa su flessibilità e autonomia. Il lavoratore può scegliere dove svolgere la sua attività: a casa, in un coworking, in una biblioteca o persino in una caffetteria, senza rigidi vincoli di orario. La misurazione delle performance si basa su risultati e obiettivi prefissati, piuttosto che sulle ore passate davanti a uno schermo.

Come funziona lo smart working (e cosa serve per lavorare)

Il principio cardine, su cui si basa questa nuova modalità di lavoro, è la volontarietà che si concretizza attraverso un accordo riguardante diversi aspetti del rapporto lavorativo: modalità di utilizzo degli strumenti di lavoro, orari, recesso.

I punti più importanti dello smart working definiti dalla legge sul lavoro autonomo stabiliscono che:

  • lo smart working può essere sia a tempo determinato che indeterminato, e può anche riguardare un solo giorno alla settimana;
  • gli infortuni devono essere coperti dall’Inail;
  • ai lavoratori smart working sono riconosciuti gli stessi incentivi fiscali legati alla contrattazione di secondo livello, cioè quella aziendale;
  • lo smart working deve essere retribuito in misura non inferiore a quello svolto in ufficio.

A poter beneficiare di questa modalità di lavoro sono sia i lavoratori a tempo indeterminato che quelli a tempo determinato, purché siano lavoratori dipendenti. Lo smart working, infatti, non si applica ai lavoratori con partita Iva.

Cosa serve per lavorare in smart working

  • Una connessione internet stabile è il prerequisito essenziale. Il lavoratore deve poter accedere a strumenti digitali come email, piattaforme di videoconferenze (ad esempio, Zoom o Microsoft Teams) e strumenti di collaborazione come Google Drive o Slack. Le aziende devono garantire l’accesso sicuro a reti aziendali attraverso VPN o altri sistemi di sicurezza informatica.
  • Autonomia e auto-organizzazione: uno dei pilastri dello smart working è la fiducia che il datore di lavoro ripone nel dipendente. I lavoratori devono avere la capacità di gestire autonomamente il proprio tempo e le proprie attività senza una supervisione costante. In questo senso, la gestione del tempo e la pianificazione delle attività sono competenze fondamentali per essere efficienti.
  • Anche se non è richiesta una presenza fisica, la comunicazione rimane un aspetto cruciale. L’utilizzo di strumenti di comunicazione asincrona (email, chat) e sincrona (videoconferenze, telefonate) è essenziale per mantenere il flusso di informazioni e il coordinamento tra i membri del team. La capacità di esprimersi in modo chiaro e conciso è particolarmente importante per evitare malintesi.
  • A differenza del telelavoro o dell’home working, lo smart working non richiede necessariamente di lavorare da casa. Il lavoratore può scegliere il luogo più adatto alle proprie esigenze, che sia il proprio appartamento, uno spazio di coworking, o una biblioteca, a condizione che sia in grado di svolgere le sue mansioni senza interferenze.

Il ruolo del datore di lavoro

Il datore di lavoro ha il compito di creare un ambiente che supporti il lavoro agile. Ciò può includere:

  • la fornitura di strumenti tecnologici necessari (ad esempio, laptop, accesso a software specifici);
  • la predisposizione di una politica di lavoro agile che stabilisca le regole e le procedure da seguire;
  • l’assistenza nella formazione dei dipendenti, in particolare nell’uso di tecnologie e nella gestione del tempo.

Lo smart working funziona al meglio quando entrambe le parti, azienda e lavoratore, sono in grado di adattarsi a questa flessibilità e la vedono come un’opportunità per aumentare la produttività e migliorare il benessere.

A cosa serve lo smart working? Tutti i vantaggi per lavoratori e aziende

Lo smart working offre numerosi vantaggi sia per i lavoratori che per le aziende, tanto che è diventato sempre più diffuso come modalità preferenziale di lavoro, soprattutto dopo l’emergenza pandemica.

Vantaggi per i lavoratori

  • Maggiore flessibilità: il principale vantaggio per i dipendenti è la flessibilità nella gestione del proprio tempo. Lo smart working consente di conciliare meglio vita professionale e vita privata, riducendo lo stress derivante da orari rigidi o lunghi spostamenti casa-lavoro.
  • Miglioramento del work-life balance: grazie alla possibilità di lavorare da casa o in altri luoghi, i lavoratori possono organizzare la propria giornata in modo più efficiente, ritagliando tempo per sé stessi e la propria famiglia.
  • Riduzione degli spostamenti: uno dei principali benefici è l’eliminazione dei lunghi spostamenti quotidiani verso il luogo di lavoro, che non solo riduce il tempo perso ma anche l’impatto ambientale e lo stress derivante dal traffico o dai mezzi pubblici.
  • Maggiore produttività: lavorare in un ambiente scelto dal dipendente, che sia più confortevole o privo di distrazioni tipiche dell’ufficio, può migliorare la concentrazione e, di conseguenza, la produttività.

Vantaggi per le aziende

  • Risparmio economico: le aziende possono ridurre i costi legati alla gestione degli spazi fisici, come affitto, elettricità e manutenzione degli uffici. Inoltre, i costi indiretti, come le spese di trasporto o buoni pasto, possono essere ridotti.
  • Aumento della produttività: diversi studi dimostrano che i dipendenti che lavorano in smart working tendono a essere più produttivi, grazie a una maggiore autonomia e un miglior equilibrio tra vita lavorativa e privata.
  • Attrazione di «talenti»: offrire flessibilità lavorativa rappresenta un vantaggio competitivo per le aziende nella ricerca di nuovi talenti. Sempre più lavoratori, soprattutto tra i giovani, sono alla ricerca di opportunità che garantiscano autonomia e benessere.
  • Migliore resilienza: lo smart working consente alle aziende di essere più reattive in situazioni di emergenza o crisi, come dimostrato durante la pandemia di Covid-19, in cui la continuità operativa è stata mantenuta grazie al lavoro da remoto.

Smart working per il lavoratore pubblico e privato: quali sono le differenze previste dalla legge?

Come menzionato in precedenza, la Legge n. 81/2017 ha introdotto in Italia una disciplina specifica per il lavoro agile, definendolo come una modalità di lavoro subordinato senza precisi vincoli di tempo o di luogo, ma con una forte focalizzazione su obiettivi da raggiungere. Questa legge ha definito i principi generali del lavoro agile, come visto poc’anzi (accordo scritto, retribuzione invariata etc etc).

Durante l’emergenza pandemica, lo smart working ha subito una vera e propria esplosione a livello normativo, con l’introduzione di una serie di misure temporanee per semplificarne l’accesso, soprattutto attraverso l’uso di autodichiarazioni e deroghe alle normative precedenti. Le aziende, sia pubbliche che private, hanno avuto la possibilità di implementare il lavoro agile anche senza un accordo scritto individuale con il lavoratore.

Successivamente, con la fine dell’emergenza sanitaria, il Decreto Rilancio (DL n. 34/2020) e altri successivi decreti hanno regolato la fase di transizione. Da settembre 2022, per i lavoratori privati, si è tornati alla necessità di un accordo individuale tra azienda e lavoratore, come previsto dalla legge 81/2017. Per quanto riguarda i lavoratori pubblici, però, l’evoluzione è stata diversa.

Nel settore pubblico, le regole sono più rigide e seguono direttive governative precise. Il Decreto Brunetta del 2021 ha stabilito che:

lo smart working nella pubblica amministrazione deve essere adottato secondo Piani Organizzativi del Lavoro Agile (POLA), che ogni ente pubblico deve predisporre. Questi piani definiscono quante giornate di smart working possono essere concesse ai dipendenti e in che modalità. Le direttive prevedono che almeno il 15% dei dipendenti pubblici possa lavorare in modalità agile, con la possibilità di estendere questo limite in funzione delle necessità operative.

A differenza dei lavoratori privati, nel settore pubblico ci sono vincoli più stringenti per quanto riguarda la presenza fisica per determinati ruoli.

Come richiedere lo smart working al proprio datore di lavoro

Se sei un dipendente interessato a lavorare in modalità smart, ci sono alcune procedure specifiche da seguire per richiedere al tuo datore di lavoro di attivare il lavoro agile.

Chi può richiedere lo smart working?

In linea di principio, tutti i lavoratori subordinati possono fare richiesta di smart working, a meno che la mansione specifica richieda una presenza fisica in azienda (ad esempio, per i lavoratori in produzione o nel settore sanitario).

Le categorie di lavoratori che hanno una priorità nell’accesso allo smart working sono:

  • genitori con figli minori di 12 anni;
  • lavoratori con disabilità o che assistono familiari disabili;
  • lavoratori che si trovano in condizioni di fragilità sanitaria.

Come fare richiesta

La richiesta di smart working può essere inoltrata formalmente al proprio datore di lavoro, solitamente attraverso:

  • una lettera o email ufficiale in cui si esplicita la richiesta di passare alla modalità di lavoro agile, specificando se si tratta di una richiesta temporanea o permanente, e indicando le ragioni della richiesta (ad esempio, per conciliazione lavoro-famiglia o per motivi di salute);
  • un accordo scritto, che rappresenta la forma più formalizzata di smart working, dove le parti concordano i dettagli operativi (giorni lavorativi da remoto, orari, strumenti utilizzati, ecc.).

Il datore di lavoro è obbligato a concedere lo smart working?

Nel settore privato, il datore di lavoro non è obbligato a concedere lo smart working, tranne nei casi previsti dalla legge (lavoratori fragili o genitori con figli minori di 12 anni). In tutti gli altri casi, si tratta di una decisione aziendale, che può essere accettata o rifiutata sulla base delle necessità operative.

Nel settore pubblico, le regole sono diverse. Le amministrazioni pubbliche devono prevedere una quota di lavoratori in smart working (almeno il 15%), ma non esiste un diritto automatico per il singolo lavoratore.

La procedura da seguire

  • Verificare le politiche aziendali: prima di fare richiesta, è importante controllare se l’azienda ha già delle politiche in atto relative allo smart working.
  • Presentare la richiesta: la richiesta formale deve essere inviata al proprio responsabile o ufficio HR. In genere, la lettera dovrebbe includere la motivazione, la durata richiesta e la proposta di gestione delle attività in smart working.
  • Negoziare l’accordo: se il datore di lavoro accetta, sarà necessario negoziare i dettagli specifici, come i giorni di lavoro remoto, le modalità di accesso agli strumenti aziendali, e gli orari di reperibilità.
  • Formalizzare l’accordo: una volta raggiunto un accordo, questo deve essere formalizzato per iscritto, come richiesto dalla normativa italiana.

Numeri dello smart working: la situazione attuale in Italia

Dopo la pandemia di Covid-19, lo smart working ha avuto una crescita esponenziale sia in Italia che nel resto del mondo. Prima del 2020, si trattava di una modalità di lavoro adottata da poche aziende, con meno del 5% dei lavoratori italiani coinvolti in modalità agile. Tuttavia, a seguito della pandemia, la percentuale è salita a oltre il 35% durante il 2020.

Nel 2023, secondo il Politecnico di Milano, circa 4 milioni di lavoratori in Italia continuano a utilizzare lo smart working in diverse forme. La maggioranza di questi si trova nel settore privato, soprattutto in settori come i servizi, l’informatica e il marketing, dove il lavoro può essere svolto efficacemente da remoto.

Il numero è però inferiore al picco del 2020, quando oltre il 35% dei lavoratori italiani era impegnato in modalità di lavoro agile.

Il settore pubblico, che ha sperimentato una spinta significativa verso il lavoro agile durante la pandemia, ha registrato una diminuzione dell’adozione del lavoro da remoto, con circa il 10% dei dipendenti che continua a lavorare in modalità smart. Questo dato riflette le nuove linee guida governative, che hanno progressivamente ristretto la possibilità di lavorare completamente da remoto, favorendo modelli di lavoro misti, con giorni di lavoro in presenza obbligatori per molti settori della pubblica amministrazione.

Un altro aspetto importante è la crescita del modello ibrido, che permette ai lavoratori di alternare giornate in presenza con giornate da remoto. Questo approccio è diventato la modalità preferenziale in molte aziende italiane, soprattutto per favorire il work-life balance e per adattarsi alle nuove richieste del mercato del lavoro.

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