Scopriamo il significato di pignoramento, come funziona l’atto di pignoramento e cosa dice la legge in merito, tra casistiche e attuazione.
Il pignoramento è una procedura legale con la quale si avvia l’atto di espropriazione forzata per il recupero di un credito non soluto. È, quindi, un atto esecutivo che consente ai creditori di soddisfare un debito non saldato dalla persona morosa attraverso la confisca dei beni.
Se un cittadino ha un debito nei confronti di una banca, di un’azienda, o di un altro cittadino privato, questi possono adottare diversi strumenti per recuperare il debito. L’ultimo atto, quello più estremo, prevede un’azione legale che culmina nel pignoramento.
Stando alla normativa, il pignoramento può essere di 3 tipologie: mobiliare e immobiliare, le quali prevedono la messa all’asta dei beni, e di crediti presso terzi, che prevede la confisca di crediti non ancora in possesso del debitore
Per tali ragioni, la procedura può avere notevoli impatti sulla vita finanziaria di un individuo e chi è poco esperto di legge potrebbe non conoscerne tutti gli aspetti giuridici e normativi. Scopriamo, quindi, cos’è e come avviene il pignoramento, quali sono i diritti del debitore e come comportarsi per evitarlo.
Cos’è il pignoramento: significato e norma legislativa
Il pignoramento - in tutte e tre le tipologie - consiste in un’ingiunzione al debitore di non compiere atti che sottraggano alla garanzia del credito i beni assoggettati all’espropriazione: si tratta, in sostanza, della naturale conseguenza di un inadempimento a un’obbligazione.
Obbligazione che può essere di natura civile, come il mancato pagamento di una fattura, penale, come un danno conseguente a un reato, o amministrativa, come l’omesso versamento delle tasse.
L’espropriazione forzata è disciplinata dagli articoli dal 491 al 497 del codice di procedura civile. In particolare, l’articolo 492 prevede che il pignoramento debba essere eseguito dall’ufficiale giudiziario, su richiesta del creditore. Si tratta, quindi di una vera e propria azione esecutiva, che può essere esercitata soltanto quando il debitore, pur avendo avuto diverse occasioni per saldare il debito, non lo ha fatto.
Con l’atto di pignoramento viene imposto, quindi, un vincolo su determinati beni espropriabili dell’insolvente, assoggettando i beni stessi alla successiva vendita tramite asta giudiziaria, che avverrà sotto la supervisione del tribunale in modo da garantirne l’imparzialità.
Ciò vuol dire che il debitore non potrà più disporre dei beni pignorati: non potrà venderli, donarli, utilizzarli, distruggerli o cederli a terzi – azione che giuridicamente costituisce un reato.
Tipi di pignoramento: cosa dice la legge
Come anticipato esistono differenti tipi di pignoramento, ed è opportuno conoscerne le differenze. A seconda dei beni in possesso del debitore e della somma da restituire, si può procedere per una via oppure per un’altra: il fine ultimo, per il creditore, è quello di tornare in possesso del credito emesso, attraverso la soluzione più in linea con il debito e con la situazione finanziaria del debitore.
Pignoramento mobiliare
Il pignoramento mobiliare (la tipologia di espropriazione forzata più comune) ha come oggetto solo i beni mobili del debitore come arredi, tappeti, gioielli, oggetti di valore, computer o altri dispositivi hi-tech, autoveicoli e motociclette. L’ufficiale giudiziario procede alla stima dei beni pignorati e, successivamente, li mette in vendita. Grazie alla recente riforma Cartabia è possibile anche utilizzare piattaforme online per effettuare l’asta dei beni.
Tutto ciò con dei limiti. Se i suddetti beni sono necessari per l’attività di impresa del debitore, è possibile che vengano pignorati nel limite di 1/5, quando il valore degli altri beni mobiliari in possesso non risulta sufficiente per la soddisfazione del credito.
Pignoramento immobiliare
Il pignoramento immobiliare ha come oggetto beni immobili di cui è proprietario il debitore, come appartamenti, case, terreni, ma anche la prima casa. L’ufficiale giudiziario procede alla stima dell’immobile pignorato e, successivamente, lo mette all’asta.
Bisogna, però, ricordare che questo tipo di pignoramento è possibile:
- per i debiti più rilevanti, in linea di massima superiori a 120.000 euro;
- con determinate condizioni stabilite dalla normativa.
Inoltre, ci sono dei casi in cui il pignoramento immobiliare non può essere eseguito, ovvero quando l’immobile:
- è destinato a uso abitativo e il debitore vi risiede anagraficamente;
- è l’unico immobile di proprietà del debitore;
- non è di lusso, quindi una villa (A/8), un castello o un palazzo di pregio artistico o storico (A/9).
Pignoramento presso terzi
Il pignoramento presso terzi vede in oggetto crediti o beni non ancora in possesso del debitore, ottenendo così la restituzione di quanto dovuto. L’esempio tipico è il sequestro del conto corrente, o quello dello stipendio o della pensione. Tuttavia, è un’operazione che prevede precise regole procedurali, che variano a seconda che il creditore sia un privato, persona fisica o società, oppure l’Agenzia delle Entrate.
In questo caso, l’atto di pignoramento non viene notificato solamente al debitore, ma anche a quelli che, a loro volta, sono debitori del debitore (o “terzo pignorato”).
Il terzo pignorato, quindi, deve consegnare tutte le somme che deve al debitore direttamente al creditore procedente.
Come funziona l’atto di pignoramento
Dopo aver compreso cosa sia, è importante capire come funziona l’atto di pignoramento che ha il compito di creare un vincolo di destinazione sui beni espropriabili.
Innanzitutto, l’atto di pignoramento è una procedura formale e come tale può essere eseguito e notificato solo dall’ufficiale giudiziario, il quale potrà consegnarlo personalmente o tramite servizio postale.
Dopo la riforma Cartabia, l’atto dell’espropriazione forzata è stato particolarmente snellito. A oggi dovrà indicare solamente:
- il creditore procedente e il debitore esecutato;
- il titolo esecutivo che legittima l’esproprio e il precetto;
- i beni pignorabili;
- l’ingiunzione al debitore di astenersi da qualsiasi atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni pignorati e i frutti di essi.
Nel caso in cui si sia soggetti a pignoramento, è naturale che ci si interroghi su quali beni possono essere aggrediti dal creditore. Ebbene, è importante sapere che esiste un elenco di beni e redditi non pignorabili, ossia quei beni:
- necessari al sostentamento del debitore e della sua famiglia;
- destinati a un uso strettamente personale;
- necessari all’esercizio della professione o dell’attività commerciale del debitore.
In tal modo è possibile tutelare la dignità e diritto alla sopravvivenza del debitore. Ad esempio, in caso di beni immobili il Fisco non può pignorare la casa, se questa è l’unica casa di proprietà del debitore e vi ha fissato la propria residenza. Ancora, in caso di redditi, sia lo stipendio che la pensione sono espropriabili non oltre un quinto.
Differenza tra pignoramento e precetto
Affinché il pignoramento sia legittimo è necessario che sia preceduto dal precetto, ragione per cui è bene non confondere questi due atti, entrambi usati dal creditore per ottenere il pagamento del proprio credito.
Il precetto è una procedura pre-esecutiva, indispensabile per la successiva espropriazione forzata, con il quale il creditore già munito di titolo esecutivo - ossia una sentenza, un mutuo stipulato davanti a un notaio - avverte il debitore che, se il debito non sarà saldato entro 10 giorni, sarà avviata la procedura di sequestro.
Il pignoramento, invece, come spiegato, è un atto esecutivo con cui il creditore, dopo aver atteso tra un minimo di 10 giorni a un massimo di 90 giorni dalla notifica di precetto, procede all’espropriazione dei beni.
Cosa fare in caso di pignoramento
Per quanto il pignoramento possa sembrare un atto irreparabile, è bene sapere che non è così. La legge riconosce al debitore dei diritti. Per prima cosa è importante conservare l’atto di espropriazione forzata - fondamentale per qualsiasi azione legale si voglia intraprendere - e rivolgersi immediatamente a un avvocato, il quale potrà valutare la legittimità della procedura o meno e proporre diverse azioni legali (anche a seconda della tipologia di sequestro). In generale il debitore può:
- opporsi agli atti dell’esecuzione, facendo valere tutti i vizi di procedura, presentando ricorso al giudice - ad esempio nel caso in cui non sia mai stata recapitata la notifica. L’opposizione può essere fatta valere entro 20 giorni dalla ricevuta dell’atto viziato;
- opporsi all’esecuzione, presentando ricorso in caso di vizi di sostanza, mettendo in discussione il diritto del creditore - ad esempio se il debito è stato già pagato o annullato da una sentenza, oppure se vi sia un errore nella somma da rendere al creditore. La procedura può essere presentata in ogni momento in tribunale, dinanzi al giudice dell’esecuzione.
- patteggiare con il creditore. Prima dell’avvio della procedura di esecuzione, il debitore può provare a patteggiare con il creditore, trovando un accordo, diminuendo oppure rateizzando la somma dovuta, evitando in questo modo la completa espropriazione dei beni;
- ridurre il pignoramento. È diritto del debitore chiedere al giudice di ridurre il pagamento se il valore dei beni pignorati è superiore al debito. Il giudice dovrà quindi valutare se l’esproprio è sproporzionato rispetto al debito, riducendo la somma da pagare. L’ordinanza del giudice di accoglimento o rigetto rimane impugnabile da entrambe le parti in causa;
- convertire il pignoramento, sostituendo i beni pignorati con una somma di denaro corrispondente al valore dei beni pignorati. Per poterlo fare bisogna presentare un’istanza al tribunale e versare una somma pari almeno a un quinto del credito, impegnandosi a restituire poi l’intera somma entro 15 giorni dalla deposizione dell’istanza. Anche in questo caso la decisione del tribunale è impugnabile.
- evitare il pignoramento versando la somma dovuta al creditore, spese comprese, nelle mani dell’ufficiale giudiziario, che provvederà a consegnarla al creditore.
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