Piove sui ghiacciai della Groenlandia: perché non è una buona notizia

Chiara Esposito

21 Agosto 2021 - 15:45

Piove sul tetto del mondo. Condizioni meteo anomale mostrano i segni di un’emergenza climatica sempre meno al centro delle priorità internazionali.

Piove sui ghiacciai della Groenlandia: perché non è una buona notizia

Piove per la prima volta sulla vetta della calotta glaciale della Groenlandia, ma questo record è uno dei più tristi della storia climatica del nostro pianeta.

Andiamo incontro a una catastrofe ambientale; se ne parla da decenni portando all’attenzione pubblica decine di prove scientifiche e analisi di eventi climatici anomali, ma neanche questo basta per risvegliare le coscienze.

La notizia lanciata dalla stazione della US National Science Foundation lo scorso 14 agosto con molta probabilità si aggiungerà all’interminabile lista di segnalazioni rimaste inascoltate dalla politica e posticipate nel tempo a data da destinarsi.

Ciononostante gli esperti e gli attivisti non possono avvalersi di nessun altro strumento per sostenere in maniera più accurata la propria tesi. Per contribuire alla mobilitazione collettiva sul tema vale quindi la pena ascoltarli.

I numeri della prima pioggia

La portata del fenomeno non si misura solo per la sua unicità: la questione è evidentemente legata all’avanzata del fenomeno di scioglimento dei ghiacciai.

L’altitudine a cui è stato registrato l’evento in questione è considerevole: 3.216 metri, un picco dove le temperature sono normalmente ben al di sotto di zero gradi. Ma non stavolta.

I parametri che sono stati registrati in quest’occasione, infatti, non hanno nulla a che vedere con la norma del territorio. Secondo quanto riporta il Guardian, si sono susseguite tre giornate di caldo record che hanno certificato valori di 18 gradi superiori alla media.

Una variazione simile è stata capace di smuovere ben 7 miliardi di tonnellate di acqua: questa la stima riportata dall’ANSA per la precipitazione in questione. Cifre che è difficile anche soltanto provare a immaginare.

Perché la notizia dovrebbe allarmarci

La realtà climatica globale è in quotidiana evoluzione e soprattutto è sotto gli occhi del mondo intero. A testimoniarla con incontrovertibile chiarezza, accanto al buon senso, però, ci sono anche dati scientifici come quelli riportati dal National Snow and Ice Data Center.

L’istituto è un centro d’informazioni degli Stati Uniti che sostiene la ricerca polare e criosferica, ma in questo momento è anche il riferimento mondiale per il monitoraggio delle precipitazioni dell’artico in quanto è il primo ad aver registrato l’evento e a sostenere che sia un unicum nella storia glaciale dal 1950, anno in cui vennero avviate le primissime indagini sullo stato di salute di quell’area tanto cruciale per il benessere dell’intero pianeta.

Mai prima d’ora si era presentata una forma distinguibile di pioggia sulla calotta glaciale della Groenlandia. A dirlo è proprio Ted Scambos, scienziato del centro e membro dell’Università del Colorado. Lui e il suo team hanno visto la pioggia cadere in tempo reale e dichiarano alla CNN che qualcosa di simile non si osservava da millenni.

A che punto siamo con l’emergenza climatica?

Quasi sei anni fa, oltre 190 Paesi hanno firmato gli Accordi di Parigi sul clima. Accordi che nessuno si è veramente impegnato a rispettare.

A dispetto della firma unanime del testo, le analisi parlano del 2030 come data in cui il valore soglia di media globale raggiungerà i +1.5 gradi centigradi. L’aumento è già pari a 1.2 gradi. Una corsa verso il baratro, nella speranza di fermarci prima di precipitare nel burrone.

L’ultimo barlume di speranza potrebbe forse essere la prossima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26) a presidenza anglo-italiana. L’evento è infatti fissato a novembre 2021 e in quella sede si dovrà mettere mano una volta e per tutte ai piani per la transizione a zero emissioni nette del 2050.

Sebbene infatti abbiamo una probabilità del quattro o cinque per cento di arginare in tempo questo pericoloso avanzamento delle temperature, non ci sono alternative all’inospitalità del pianeta una volta raggiunto lo stadio irreversibile.

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