Segnalare i posti di blocco su WhatsApp o Facebook costituisce reato di interruzione di pubblico servizio. Giro di vite su chat e social.
I posti di blocco servono alle forze dell’ordine per fare controlli casuali e quindi inaspettati dagli automobilisti, ma cosa accade quando questi ultimi sanno dell’eventualità di essere fermati e preferiscono fare un’altra strada?
In passato non c’era modo di segnalare i posti di blocco, a meno di vaghi e fraintendibili richiami con i fari per segnalare all’auto che procedeva nel senso di marcia opposto, che di li a poco avrebbe visto la paletta dei vigili. Poi l’avvento dei cellulari e ora, ancora più comodo, con le chat e i social network.
Su Facebook, ma soprattutto su WhatsApp - più comodo per le informazioni in tempo reale - sono nati gruppi con lo scopo principale di segnalare alla comunità di automobilisti locale dei posti di blocco non appena questi vengono incontrati.
In realtà, questo comportamento è sanzionabile come reato di interruzione di pubblico servizio in concorso.
Posti di blocco, segnalarli in chat è reato
Gli automobilisti che incontrano un posto di blocco e vogliono aiutare gli altri membri al volante della comunità locale comunicandolo in chat di gruppo, in realtà stanno compiendo un reato.
Per quanto difficile da dimostrare, la segnalazione su WhatsApp e Facebook è punibile. L’ultimo caso è avvenuto a Canicattì in Sicilia, dove dopo una lunga indagine le forze dell’ordine hanno denunciato 62 persone per aver condiviso informazioni di questo tipo su un gruppo WhatsApp nato con l’obiettivo di eludere i controlli dei posti di blocco.
Secondo la legge, questo sistema di comunicazione tra automobilisti vanifica le operazioni di prevenzione e repressione dei reati da parte di polizia, carabinieri, vigili e guardia di Finanza.
Cosa dice la legge
I soggetti artefici delle segnalazioni via chat sono accusati di reato di interruzione di pubblico servizio, in concorso. Secondo l’articolo 340 del Codice Penale, è reato quando si provoca una interruzione o compromette:
la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità.
Il reato si può costituire anche segnalando i posti di blocco su una chat collegata al navigatore.
Per il reato è prevista la reclusione fino a un anno o fino a cinque anni per capi, promotori e organizzatori della turbativa.
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