Un accademico dell’agenzia spaziale giapponese ha pensato a pannelli solari spaziali per raccogliere la luce del sole. Tra i problemi di realizzazione i costi
Pannelli solari spaziali. Il progetto di uno scienziato giapponese. Scordiamoci delle sterminate praterie terrestri ricoperte da celle fotovoltaiche, ma immaginiamo che sia possibile mandare in orbita delle piattaforme in grado di assorbire i raggi del sole e di spedire l’enorme potenziale energetico in un raccoglitore sulla Terra, per poi distribuirlo all’occorrenza.
L’idea di Susumu Sasaki a grandi linee è questa, sebbene corredata di dati e calcoli che rendono il progetto qualcosa di più concreto che non una semplice idea astratta. Sasaki non è un visionario, né tantomeno uno scrittore di fantascienza ma, un accademico di spicco del settore aerospaziale giapponese, la Jaxa. Ebbene, lo scienziato ha pensato di lanciare nello spazio pannelli solari a circa 36 mila chilometri di altezza per raccogliere l’energia dei raggi solari. Perché? La potenza è decisamente maggiore a migliaia di chilometri dalla Terra in quanto la luce e diretta e non offuscata dalle nubi. Si avrebbe una fonte diretta, non filtrata da attriti atmosferici. L’energia solare raccolta sarebbe rispedita sulla Terra sottoforma di fasci di microonde. Operazione questa però, non ipotizzabile senza una collaborazione con i Paesi industrializzati.
Sasaki ha in mente altro. Il raccoglitore terrestre sulla Terra sarebbe posizionato a due estremi del Giappone, qui l’energia convogliata in forma di fasce di microonde sarebbe trasformata in energia elettrica. Purtroppo per ora una tecnologia in grado di attivare un tale processo di conversione non esiste, aldilà di una sperimentazione avviata dall’Agenzia spaziale giapponese (l’esperimento a cui sta lavorando l’agenzia è quella di trasformare 400 watt di energia in forma di microonde a una distanza di qualche decina di metri. Se la prova scientifica riuscisse, andrebbe migliorato cosi da poter sfruttare il processo su maggiori distanze).
In realtà l’idea di Sasaki non è nuova infatti, la letteratura spaziale parla di progetti del genere a partire dal 1968, e sebbene l’alternativa per la raccolta di energia sia potenzialmente valida, tuttavia lo scontro con il fattore economico è molto rilevante. Da più di trent’anni soluzioni come queste sono ritenute irrealizzabili in relazione ai costi, pensiamo al trasporto in orbita della stazione solare, al costo per le strutture in sé fino ai processi di trasformazione.
Susumu Sasaki non demorde e con la lungimiranza di chi vede oltre ammette che il progetto è «certamente difficile e costoso, ma il ritorno sarebbe immenso e non solo in banali termini economici. Consideriamo che nella storia dell’umanità l’introduzione di ogni forma di energia, dal fuoco al carbone al gas al nucleare, ha causato una rivoluzione nel nostro modo di vita e nelle possibilità di sviluppo».
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