Non è stato raggiunto il quorum nel Referendum in Macedonia per il cambio del nome: in ballo c’era anche l’ingresso nella NATO e nell’UE, visto il veto della Grecia.
Non ha raggiunto il quorum necessario del 50% dei votanti in Referendum che si è tenuto in Macedonia domenica 30 settembre. Alle urne infatti si è recato soltanto circa il 34% degli aventi diritto.
Il tema della consultazione era il cambio del nome da Repubblica di Macedonia a Macedonia del Nord, conditio sine qua non posto dalla Grecia per far cadere il veto in merito all’ingresso di Skopje nell’Unione Europea e nella NATO.
Il non raggiungimento del quorum apre ora un doppio problema politico: il primo ministro macedone Zoran Zaev cercherà ugualmente di far passare il testo in Parlamento, mentre anche il collega greco Alexis Tsipras deve tenere conto di diverse pressioni interne.
Dopo aver detto addio alla Troika al termine di otto anni “lacrime e sangue”, la tenuta politica di Atene è ora paradossalmente messa a rischio ora dal Referendum: sia in Grecia che in Macedonia aleggia adesso il rischio di elezioni anticipate.
Il Referendum in Macedonia
Dopo 27 anni di litigi, sulla sponda greca del lago di Prespa che segna il confine oltre che tra i due paesi anche con l’Albania, è stato raggiunto uno storico accordo tra la Grecia e la Repubblica di Macedonia.
Con il Referendum che si è svolto domenica 30 settembre, i macedoni erano chiamati a scegliere se accettare il cambio di nome in Macedonia del Nord e a rinunciare come simbolo al Sole della Virginia, stemma della dinastia reale macedone.
In pratica si trattava di rinunciare a ogni forma di irredentismo, togliendo anche qualsiasi possibile riferimento di una discendenza della Repubblica a tutto quello che è legato all’antico Regno della Macedonia.
In cambio di questo, la Grecia sarebbe stata pronta a far cadere il veto che negli ultimi anni ha impedito alla Repubblica di Macedonia di entrare a far parte non solo dell’Unione Europea, ma anche della NATO.
I macedoni così erano in pratica chiamati a scegliere se rinunciare o meno al loro nome e al loro simbolo, per poter così entrare a far parte della NATO e dell’Unione Europea, con Bruxelles che ha anche lasciato alcuni posti liberi nel prossimo Parlamento Europeo in vista proprio di un possibile arrivo di quella che sarebbe la Macedonia del Nord.
Alla vigilia si parlava di una possibile netta vittoria per il Sì. In teoria così è stato, visto che i voti favorevoli hanno superato il 90%, ma il non raggiungimento del quorum ha fatto naufragare il Referendum.
Cosa succede ora in Macedonia e in Grecia?
In Grecia al momento sono alla guida del paese Syriza, partito di sinistra e del primo ministro Alexis Tsipras, assieme ad ANEL, forza politica di destra e nazionalista. Una unione in pratica tra due poli agli antipodi.
Al momento del siglare l’accordo di Prespa con la Macedonia, Tsipras ha garantito che la Grecia avrebbe rispettato il patto in caso di un esito favorevole del Referendum. Stati Uniti e Unione Europea sono infatti molto interessati a questo voto, che potrebbe portare a una ulteriore stabilizzazione della regione balcanica.
Chi invece è fermamente contrario a questa risoluzione è ANEL, che è pronto a opporsi. In generale, i sondaggi parlano di un 68% di greci che esprime più di un dubbio sull’accordo siglato da Tsipras.
Il pericolo quindi è che, proprio mentre il paese si appresta a tornare alla normalità economica dopo anni di sacrifici, una crisi politica possa investire il governo Tsipras: se dovesse esserci uno strappo da parte di ANEL, le elezioni anticipate sarebbero inevitabili.
In Macedonia invece il Referendum aveva una matrice consultiva e non vincolante. A prescindere, il Parlamento si sarebbe dovuto poi esprimere con il testo che deve avere il via libera da parte dei due terzi dell’Aula.
Zoran Zaev ora cercherà ugualmente di ottenere il via libera dal Parlamento, forte anche dalla larga maggioranza dei Sì. Anche in questo caso, se il primo ministro non dovesse riuscire nel suo scopo sarebbero inevitabili delle elezioni anticipate.
Naturalmente ora è a forte rischio l’ingresso da parte della Macedonia nell’Unione Europea e nella NATO. Una sorta di doccia fredda per Zeav e per Bruxelles che pensavano di essere ormai sul punto di sbloccare la situazione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA