Si fa sempre più duro lo scontro sulla prescrizione, con Matteo Renzi che intervenendo a Radio Capital ha ribadito la volontà di Italia Viva di non votare l’accordo sulla riforma, sottolineando come il governo senza di loro non avrebbe i numeri: l’ex premier fa sul serio o è soltanto un bluff?
Lo scorso 4 febbraio su Il Giornale è apparso un articolo, a firma di Augusto Minzolini, dove si riportavano queste dichiarazioni attribuite al deputato pentastellato Luca Carabetta: “ Renzi abbaia, ma non morde. Prima di votare in dissenso dalla maggioranza quelli di Italia Viva si assicurano sempre che il governo abbia i voti”.
Un concetto che potrebbe racchiudere il nocciolo di tutte le infinite tensioni all’interno della maggioranza sul tema della prescrizione: Italia Viva è in difficoltà nei sondaggi e sta cercando di conquistare l’elettorato moderato che fu di Forza Italia, ma se dovesse cadere il governo per l’ex premier potrebbe essere un suicidio politico.
Dopo il vertice di maggioranza dove M5S, PD e LeU hanno trovato l’accordo sulla riforma della prescrizione (lo stop ci sarà solo per i condannati in primo grado), i renziani hanno deciso di sfilarsi con il senatore di Rignano che intervistato da Radio Capital ha annunciato che i suoi non voteranno quello che è stato ribattezzato il lodo Conte.
Su una cosa Matteo Renzi ha perfettamente ragione: allo stato delle cose, senza i voti di Italia Viva il governo al Senato andrebbe sotto, anche se si parla di alcuni centristi pronti a dare una mano all’occorrenza ai giallorossi per evitare le urne.
“Io non ho problemi su questo - ha ammonito l’ex premier - se lui trova i voti nel mondo della destra io sono contento per loro, un po’ meno per il Paese, ma noi non lo faremo. La mia impressione è che abbiano fatto male i conti e rischiano di fare un pasticcio”.
La prescrizione come la Tav?
Se la Tav era stata la pistola di Sarajevo che ha fatto deflagrare il primo governo Conte, adesso potrebbe essere la prescrizione a mandare a casa il Conte bis nonostante i giallorossi siano in sella da soli sei mesi.
Dopo il ribaltone estivo, il Presidente Sergio Mattarella ha fatto più volte capire che questo governo sarà l’ultimo della legislatura: se dovesse cadere, a quel punto al Colle non rimarrebbe altro che sciogliere le Camera e rimandare gli italiani alle urne.
Voci di corridoio parlano di un inedito asse Renzi-Di Maio per fare uno sgambetto a Conte e andare avanti con la stessa maggioranza ma con un nuovo premier. Oltre a quello di Mario Draghi, per il quale Mattarella potrebbe fare un’eccezione, non appaiono però all’orizzonte altri nomi spendibili.
C’è poi la questione del referendum confermativo sul taglio dei parlamentari del 29 marzo: vista la scontata vittoria del Sì, se Matteo Renzi volesse veramente andare alle urne dovrebbe far cadere il governo subito per votare così con l’attuale legge elettorale in vigore.
Il Rosatellum infatti oltre a prevedere una soglia di sbarramento accessibile, è del 3% con gli ultimi sondaggi che danno Italia Viva al 4%, darebbe modo probabilmente per l’ultima volta di eleggere un Parlamento in versione extra large prima della sforbiciata del taglio dei parlamentari.
Anche votare con il Rosatellum per Renzi non sarebbe però un grande affare: senza un listone unico con Calenda, +Europa e la Carfagna, porterebbe in Parlamento solo un manipolo di deputati e senatori che non conterebbero nulla visto che Salvini uscirebbe dalle urne con una maggioranza ampia e solida.
Aria di bluff
Sulla spinosa questione della prescrizione, resta da capire se adesso Matteo Renzi intenda andare fino in fondo nonostante le modifiche al testo originale con il lodo Conte che prevede ora lo stop solo per i condannati in primo grado e non per gli assolti.
L’ex premier da tempo si agita in ogni media nella speranza di poter risalire la china nei sondaggi, visto che al momento quella doppia cifra ipotizzata per Italia Viva al momento della sua nascita appare una chimera.
Se Renzi pensava di conquistare elettori come fatto a suo tempo da Salvini ovvero indossando i panni del bastian contrario all’interno del governo, finora il piano sembrerebbe essere stato infruttuoso nonostante il martellamento mediatico.
Il sentore è che i giallorossi siano abbastanza tranquilli perché sentono odore di bluff: quando il 24 febbraio si voterà in Parlamento, se veramente Italia Viva vorrà mandare in crisi il governo Renzi se ne dovrà assumere tutte le responsabilità.
Potrà un partito nato da pochi mesi e che viene attestato al 4% farsi carico di un fardello del genere? Non resta che aspettare e vedere se, quando ci sarà veramente la resa dei conti numerica, Renzi morderà veramente dopo aver abbaiato per intere settimane.
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