Cos’è la patrimoniale? La tassa applicata sui conti, i risparmi e gli immobili dei contribuenti italiani potrebbe essere una possibilità concreta.
Cos’è la patrimoniale? Di recente si è tornati a parlare di una famigerata tassa che andrebbe a colpire i conti correnti dei risparmiatori italiani - che, sulla carta, sono già stati tassati secondo l’attuale normativa fiscale, andando così ad ingigantire ulteriormente la pressione fiscale sui patrimoni.
Il rischio di una patrimoniale si riferisce al possibile arrivo di una tassa da applicare sui patrimoni e i risparmi degli italiani. Ma l’arrivo di un prelievo forzoso, presto o tardi, è davvero una possibilità?
Dopo le ultime parole del vice premier di Maio, che scongiura l’arrivo di una patrimoniale finché il Movimento 5 Stelle sarà al Governo, facciamo il punto della situazione evitando inutili allarmismi ma concentrandoci sugli scenari possibili e sulle concrete probabilità che ci sia, o meno, il rischio di una patrimoniale e di un ritorno di un prelievo forzoso sui conti correnti.
Cos’è la patrimoniale
La patrimoniale non è altro che una tassa applicabile ai patrimoni degli italiani, siano essi risparmi o immobili, implementabile dal Governo indipendente dalla fascia di reddito e dalla situazione finanziaria dei contribuenti.
Gli italiani sono un popolo di risparmiatori oltre che decisamente legati alla sicurezza (tutta da vedere) data dal mattone. Il contribuente ha molti risparmi e spesso uno o più immobili intestati. Un campo sterminato da dove attingere fondi per il Governo italiano, questo è innegabile. Come è innegabile che l’alto rapporto debito/PIL e i continui rimproveri dalle agenzie di rating e dalle istituzioni europee alimentino la convinzione che, prima o poi, una patrimoniale possa davvero concretizzarsi.
Rischio patrimoniale, si torna a parlarne
L’ultimo a parlarne, solo in ordine di tempo, è il vice premier Di Maio in occasione di un’intervista su Mattino Cinque:
“Non ci sarà nessuna manovra correttiva e nessuna patrimoniale”.
Ci ricordiamo tutti, invece, la Sinistra italiana, tramite l’allora segretario del PD Pier Luigi Bersani, spingere per l’implementazione della patrimoniale. Ora gli sgretolamenti interni al partito non permettono che il PD torni forte sull’argomento ma intanto Maurizio Landini, segretario della Cgil, è tornato sull’argomento.
Si dice fortemente favorevole alla patrimoniale e ad una “tassazione progressiva sia sui redditi e sulle grandi proprietà” a netto sfavore di chi, negli anni, ha accumulato dei medi/alti risparmi, compiendo non pochi sacrifici.
In Italia, secondo Landini, serve subito una patrimoniale, “se dà fastidio il nome possiamo anche chiamarla in un altro modo”; l’arrivo di una patrimoniale in Italia potrebbe davvero risollevare le sorti dell’economia del nostro Paese, ha aggiunto. Tanto da essere al centro dell’ultimo report presentato da Cgil Isfr dal titolo “Banche, lavoro, Paese”, nel quale viene riferito che il prelievo da redditi e patrimoni dei risparmiatori italiani potrebbe abbassare le tasse sul lavoro e contribuire ad una redistribuzione del reddito, attualmente eccessivamente squilibrato.
La patrimoniale nel mondo
Second l’OCSE, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, una tassa sul benessere dei contribuenti potrebbe aiutare il sistema a ridurre le disuguaglianze sul fronte della ricchezza dei cittadini. Tuttavia, secondo l’istituzione, il prelievo sulla ricchezza darebbe i suoi buoni frutti qualora le tasse sui redditi da lavoro e sulle rendite da strumenti finanziari fossero basse. Ma si sa, in Italia, così non è.
In Norvegia, Spagna, Francia e Svizzera al momento è attiva una tassa patrimoniale, ma le differenze sul fronte dei conti pubblici, situazione politica e culturale non permette di fare delle proiezioni attendibili su cosa succederebbe se dovesse essere applicata una patrimoniale in Italia.
Se in Italia non c’è una patrimoniale, è pur vero che intervengono altre tipologie di tassazioni ad intaccare i patrimoni dei contribuenti, come l’Irpef, l’IMU sulla seconda casa, imposte di bollo e quant’altro.
La patrimoniale del 1992 (grazie, George Soros!)
Era la notte tra il 9 e il 10 luglio 1992 quando, tramite un decreto legge dal Governo di Giuliano Amato metteva in pratica la prima, vera e unica, patrimoniale ufficiale applicata in Italia: l’importo era del 6 per mille su tutti i depositi bancari, per un incasso di circa 11 mila miliardi di care vecchie lire. La crisi fu generata dallo speculatore George Soros, che decise di vendere in massa la lira italiana tramite il suo fondo Quantum, causando un ribasso del 30% sul valore della moneta e portando al collasso le finanze pubbliche italiane.
Patrimoniale, davvero una possibilità?
Sono tre i motivi principali che portano a pensare che la patrimoniale in realtà non sia una possibilità concreta nel breve-medio periodo:
- La sinistra è debole. La sinistra italiana, che notoriamente spinge per tassare i redditi alti ai fini di equilibrare la distribuzione dei redditi dei cittadini, si trova in una fase di debolezza, come dimostrano i risultati delle ultime elezioni. Finché non tornerà forte (ammesso che capiti), al Parlamento di fatto manca un fronte che possa spingere sulla necessità di una tassa sulla ricchezza.
- Rischio corsa allo sportello. Anche solo il vago sentore che la patrimoniale possa trasformarsi in realtà si tradurrebbe in un’immediata corsa allo sportello, che in poco tempo porterebbe ad un collasso banche italiane, incapaci di restituire la liquidità richiesta in massa. L’intero settore finanziario italiano cadrebbe nel baratro, considerando l’ampia esposizione del mercato azionario al comparto bancario. Per non parlare di un crollo dei rendimenti dei titoli di Stato.
- Un’onta per il Governo. L’eventuale implementazione di una patrimoniale causerebbe certamente un crollo dei partiti al Governo nei sondaggi elettorali, uno scenario che sono sicura non sia nei progetti di Lega e M5S.
È pur vero, tuttavia, che sostanzialmente in governo ha due strade da poter percorrere per attingere dalla ricchezza degli italiani: la prima è quella di aumentare le tasse (o di crearne di nuove). La seconda è far sì che i risparmiatori investano maggiormente nei titoli di stato italiani (ovvero nel debito pubblico), un obiettivo che ad oggi risulta difficile da perseguire a causa anche della credibilità labile riconosciuta al Belpaese dalla comunità internazionale.
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