Uno studio ha preso in considerazione 7,3 milioni di studenti e 770.000 insegnanti: tenere le scuole aperte non avrebbe inciso sull’aumento dei casi di Covid, con il tasso di positività inferiore all’1% dei tamponi e i ragazzi che sarebbero meno a rischio contagio degli adulti anche rispetto alle varianti.
“Oggi le scuole purtroppo non sono luoghi sicuri come qualcuno ha provato a farci credere per un anno. Le scuole proposte in piena pandemia erano identiche a quelle pre-Covid, al di là di qualche precauzione”.
Così qualche giorno fa si è espresso Rossano Sasso, il sottosegretario all’Istruzione in quota Lega che all’Adnkronos ha così giustificato il ritorno alla Dad a causa di “scelte politiche passate che si sono rivelate inefficaci”.
Da quando è iniziata la pandemia fino a inizio febbraio, come certificato dall’Unicef la scuola in Italia è rimasta chiusa per 123 giorni, a fronte di 75 giorni in Spagna e 43 in Francia: Oltralpe in totale ci sono stati quasi un milione di casi in più rispetto a noi, mentre i numeri di Madrid sono di poco inferiori a quelli del Belpaese.
In un periodo dove è infuocato il dibattito sull’apertura o meno degli istituti, la domanda di conseguenza è una sola: le scuole non sono luoghi sicuri e sono responsabili dell’aumento dei contagi in Italia?
Secondo uno studio riportato dal Corriere della Sera e realizzato da un team di medici, biologi, statistici ed epidemiologici, non ci sarebbe una “correlazione significativa tra diffusione dei contagi e lezioni in presenza”.
leggi anche
Le scuole riaprono dopo Pasqua (ma non tutte)
Le scuole aperte non aumentano i contagi: lo studio
La ricerca compiuta dalla squadra di studiosi nostrani e definita “mastodontica” per la mole dei dati analizzati, ha incrociato i numeri del Miur con quelli della Protezione Civile e delle Ats.
Alla fine è stato così coperto un campione pari al 97% delle scuole in Italia: oltre 7,3 milioni di studenti e circa 770.000 insegnanti. Nel nostro Paese, questo studio è il primo nel suo genere e racconta una storia diversa dal leitmotiv ascoltato negli ultimi giorni.
Per i ricercatori autori dello studio “il rischio zero non esiste, ma sulla base dei dati raccolti possiamo dire che la scuola è uno dei luoghi più sicuri rispetto alla possibilità di contagio”.
“I numeri - come si può vedere anche dal grafico pubblicato dal Corriere - dicono che l’impennata dell’epidemia osservata tra ottobre e novembre non può essere imputata all’apertura delle scuole”.
Fonte Corriere della Sera
Il tasso di positività dei ragazzi rispetto al numero dei tamponi eseguiti è infatti inferiore all’1%, in più in una Regione come la Campania dove spesso le scuole sono state chiuse questo non ha influito sull’indice Rt.
“I giovani contagiano il 50% in meno rispetto agli adulti - si legge sempre nel report - che sono i veri responsabili della crescita della curva pandemica”. Anche con le varianti il trend sarebbe rimasto sempre lo stesso.
Fonte Corriere della Sera
Nella fascia di età 0-19 anni, la variante inglese avrebbe aumentato soltanto di poco il rischio di contagio, che invece è cresciuto in maniera molto più sensibile tra gli over 20.
A partire dall’autunno “l’incidenza di positivi tra gli studenti è inferiore del 40% per elementari e medie e del 9% per le superiori rispetto a quella della popolazione in generale”. Inoltre i contagi “salgono prima di tutto tra le classi 20-59 anni” come si sarebbe visto chiaramente in Veneto, per poi coinvolgere solo “dopo due tre settimane gli adolescenti”.
In conclusione, sono pochi i focolai Covid che possono essere ricondotti alla scuola “sotto il 7%”, mentre sarebbe quattro volte più frequente un contagio tra i docenti avvenuto in sala professori, ma questo sarebbe un rischio “uguale a quello di un qualunque ufficio”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA