Serena Mollicone e l’omicidio di Arce. Chi era, chi l’ha uccisa e perché

Antonio Cosenza

21 Novembre 2024 - 17:46

Nessun colpevole per il caso di Arce, l’omicidio di Serena Mollicone. Le accuse della famiglia contro i Mottola, prosciolti di recente dalle accuse.

Serena Mollicone e l’omicidio di Arce. Chi era, chi l’ha uccisa e perché

L’omicidio di Serena Mollicone rimane un caso senza colpevoli, avvolto nel mistero e segnato da vent’anni di indagini e processi.

La Corte d’Assise d’Appello di Roma ha recentemente confermato l’assoluzione di Franco Mottola, della moglie Anna Maria e del figlio Marco, già prosciolti in primo grado, per l’accusa di essere coinvolti nella morte della giovane. Una decisione che ha lasciato un profondo senso di amarezza nella famiglia di Serena, con la sorella Consuelo che ha dichiarato: “Questa non è giustizia”.

Mentre l’accusa aveva chiesto pene severe – 24 anni per Franco Mottola, 22 per Anna Maria e 21 per Marco – la difesa ha ribaltato le tesi accusatorie, sottolineando l’assenza di prove schiaccianti. Alla lettura della sentenza, i Mottola si sono abbracciati visibilmente commossi, con Marco che ha rivolto parole dure alla stampa: “L’incubo l’avete causato voi”.

Ma cosa accadde quel primo giugno 2001, e perché i Mottola erano finiti sotto accusa?

Cosa è successo a Serena Mollicone

In un paese di 6.000 abitanti come Arce, in provincia di Frosinone, un caso di omicidio è raro e ancora più raro è riuscire a mantenere il segreto sui fatti per vent’anni. Quanto accaduto a Serena Mollicone risale al giugno del 2001 ed è l’ennesimo omicidio di una ragazza senza ancora un colpevole dietro le sbarre.

Il 1° giugno la giovane scompare e solo alcuni giorni dopo (tre per la precisione) viene ritrovata morta in un bosco. Le condizioni nelle quali viene ritrovata lo fanno sembrare un rapimento: mani e piedi legati e un sacchetto in testa. L’autopsia rivelerà che Serena è stata soffocata.

All’inizio era stato raccontato che la giovane fosse uscita di casa per una visita, ma alcuni anni dopo, grazie alle testimonianze di Santino Tuzi e del fidanzato di Serena, è emersa un’altra versione. Questa nuova strada, aperta nel 2008, ha permesso di mettere sotto osservazione speciale cinque nuovi nomi.

Chi ha ucciso Serena Mollicone?

Fin dall’inizio l’omicidio di Serena Mollicone è apparso oscuro. Molti sono stati i nomi degli indagati, ma nulla ha portato a una soluzione concreta. I primi nomi emersi furono quelli del padre di Serena e di un carrozziere del paese. Entrambi però vennero scagionati.

La vera svolta nelle indagini è avvenuta a sette anni di distanza dall’omicidio, il 28 marzo 2008, quando il brigadiere dei carabinieri Santino Tuzi dichiarò di aver visto Serena nella caserma il giorno della sua scomparsa. Un passaggio fondamentale e che ha aperto nuove piste sul possibile movente dell’omicidio. A distanza di pochi giorni lo stesso Tuzi però smentisce la dichiarazione.

Quando l’11 aprile il brigadiere si toglie la vita con un colpo di pistola, le domande aumentano. Saranno le dichiarazioni del fidanzato di Serena a dare un movente. Da quanto emerso pare infatti che Serena fosse andata a denunciare uno spacciatore, Marco, figlio del maresciallo Franco Mottola.

Omicidio Serena Mollicone: cosa è accaduto nella caserma?

Un nuovo scenario, ancora più agghiacciante perché coinvolge un uomo delle Forze dell’Ordine, si apre. Serena Mollicone si sarebbe diretta in caserma per denunciare uno spacciatore, ma da questo evento nasce una lite violenta con Marco Mottola, figlio del maresciallo. La ragazza sbatte la testa (un dettaglio emerso dall’autopsia) e viene creduta morta.

A questo punto la ricostruzione fornita dall’accusa, prevede che il maresciallo Mottola, il figlio Marco e la moglie si siano disfatti del corpo portandolo a 8 km di distanza da Arce, in provincia di Frosinone. Nel bosco però la ragazza potrebbe aver ripreso coscienza e per questo la causa della morte accertata è stata quella per asfissia dovuta al sacchetto di plastica ritrovato sulla testa.

Caso Mollicone, chi era Santino Tuzi e cosa è emerso?

Al processo le dichiarazioni di Santino Tuzi, brigadiere dei Carabinieri, non bastano per incriminare gli accusati. Anzi, la difesa si è concentrata proprio sul lungo periodo di silenzio di Tuzi. In aula è stata fatta ascoltare un’intercettazione telefonica tra Tuzi e la sua amante, risalente a poche ore prima del suicidio del carabiniere. L’ultima ad avere sentito la sua voce, e forse dei dettagli, è proprio l’amante Anna Maria Torriero, che nell’ultima udienza è stata ascoltata dai giudici della Corte d’Assiste del tribunale di Cassino, ma non ha aggiunto dettagli significativi.

Sembra infatti che, prima di prendere la decisione in maniera definitiva, Tuzi si sia visto e abbia parlato con la donna in maniera più confidenziale dell’accaduto. L’intercettazione vede la donna domandare a Tuzi il motivo per il quale sia stato chiamato in caserma. Alla domanda “Per la ragazza?” Tuzi rispose “sì”.

Nessun colpevole

L’omicidio di Serena Mollicone rimane, a distanza di oltre vent’anni, un giallo irrisolto che ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana. La ricostruzione fornita dall’accusa, di cui vi abbiamo spiegato i dettagli qui sopra, basata su una concatenazione di indizi e dichiarazioni, non è riuscita a superare il vaglio della giustizia, che ha assolto tutti gli imputati, sia in primo grado sia in appello, per insufficienza di prove.

Nonostante le ipotesi avanzate dalla Procura e le accuse mosse nei confronti della famiglia Mottola e degli altri indagati, la mancanza di una prova definitiva lascia il caso privo di colpevoli, con i Motta che sono quindi innocenti.

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