Il Consiglio Federale della FIGC ha dato il via libera alla riforma dei campionati: le varie Leghe ora potranno decidere il format, con meno squadre, club più ricchi e maggiore competitività.
Qualcosa inizia a muoversi anche nel calcio italiano. Dopo che da anni viene invocata una riforma dei campionati, l’ultimo Consiglio Federale della FIGC ha adesso posto le basi per un possibile cambiamento dei format riguardanti Serie A, Serie B e Serie C.
Grazie alla modifica degli art.49 e 50 delle NOIF, adesso ogni Lega potrà decidere in maniera autonoma il format del proprio campionato, con la scelta che poi dovrà comunque essere ratificata dal Consiglio Federale in accordo con le altre Leghe.
In pratica se la Lega di Serie A decidesse di passare a 18 squadre, adesso lo potrebbe fare trovando poi un accordo con la Lega di Serie B per il meccanismo delle promozioni e delle retrocessioni.
L’obiettivo è quello di diminuire il numero delle squadre professionistiche del calcio italiano: con meno club sarebbe più ricca la fetta spettante a ogni società dei diritti TV, con conseguente aumento della competitività dei campionati. Non sarà facile però convincere specie le provinciali della bontà di questa prospettiva.
La riforma dei campionati
“È stato un Consiglio ricco di decisioni epocali – si è sbilanciato il Presidente federale Gabriele Gravina - Era un obiettivo rincorso da anni: dopo gli strappi e le tensioni dell’estate scorsa, il Consiglio Federale a maggioranza qualificata ha avuto la possibilità di avviare la riforma dei campionati, sancendo un principio che avevo indicato nella mia piattaforma programmatica: la golden share che assicura a ogni Lega la responsabilità politica di autodeterminare, in accordo con le altre Leghe interessate, il proprio format”.
Al momento la prima decisione ufficiale presa è quella che la Serie B dalla prossima stagione vedrà la presenza di 20 squadre, con cinque promozioni in questa stagione dalla terza serie, ma da adesso ci sono i presupposti per dei cambiamenti anche nelle altre serie.
Quello che è stato stabilito è che la Serie A dovrà avere un numero minimo di partecipanti pari a 18 squadre così come la Serie B, mentre per la Serie C il minimo sindacale è di 40 squadre.
In teoria si potrebbe dire che questo schema sarebbe l’obiettivo per rendere il calcio italiano più sostenibile. Ogni Lega ora entro il 31 dicembre può comunicare la propria scelta di format.
La modifica entrerà poi in vigore a decorrere dalla stagione successiva a quella della sua adozione. Per diventare attuabile, la delibera della singola Lega dovrà essere ratificata con una delibera del Consiglio Federale d’intesa con le altre Leghe interessate dalle eventuali promozioni e retrocessioni.
Cambiamento possibile?
Adesso che ci sono i presupposti, si dovrà vedere però se le varie Leghe troveranno la forza - e il coraggio - per realizzare per davvero questi cambiamenti da tempo auspicati visti i tanti problemi che affliggono il calcio italiano (oltre alla riforma dei campionati, sarebbero auspicabili anche controlli più severi a livello societario).
Se da una parte le big della nostra Serie A spingono per un ritorno alle 18 squadre, le medio-piccole sono molto più restie sul tema. Senza un accordo, non ci sarà mai nessuna riforma.
L’attuale contratto triennale dei diritti TV garantisce alle squadre del nostro campionato un totale di 973,3 milioni l’anno. Dividere questa torta in diciotto invece che in venti renderebbe i club ben più ricchi.
Per tagliare la Serie A di due posti, occorrerebbero nel campionato precedente cinque retrocessioni invece che le attuali tre. Per le provinciali quindi sarebbe un autentico dilemma.
Per esempio l’Udinese da un lato avrebbe la prospettiva di aumentare in maniera sensibile i propri introiti derivanti dai diritti TV, però dall’altro lato vedrebbe aumentare i rischi di una retrocessione e quindi di rimanere con un pugno di mosche in mano.
Saranno le provinciali quindi l’autentico ago della bilancia. Un ritorno al format a 18 squadre porterebbe comunque benefici alla nostra Serie A anche in termini di competitività e di appeal.
Con più soldi a disposizione, le medio-piccole infatti potrebbero rinforzare le proprie rose in maniera importante: il divario con le big quindi si andrebbe ad assottigliare dal punto di vista tecnico, tutto a vantaggio dello spettacolo.
Inoltre ormai è assodato che il valore di un campionato non è misurato dal numero delle partite. Basta vedere i numeri degli ascolti delle partite della scorsa stagione: per alcuni match, non si arrivava neanche ai 20.000 telespettatori.
Meno partite ma più avvincenti con società più solide economicamente parlando, questo potrebbe rilanciare il pallone italico: la FIGC finalmente ha fatto la sua mossa, ora toccherà ai club dare concretezza alle riforme.
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