La biografia di Silvia Romano, ora Aisha dopo la conversione all’Islam, la volontaria rapita in Kenya e ora tornata in Italia dopo una lunga prigionia.
Silvia Romano è ora di nuovo a casa, dopo essere stata rapita il 20 novembre 2018 in Kenya nei pressi del villaggio di Chakama, non lontano da Malindi, dove lavorava come cooperante per una onlus.
Ad agire fu un gruppo armato, che secondo le ricostruzioni ha ferito cinque persone prima di recarsi direttamente presso l’appartamento della giovane volontaria prelevandola con la forza.
Un sequestro che fin da subito è apparso con il chiaro scopo estorsivo, con la prigionia di Silvia Romano che è terminata dopo 18 mesi passati tra le mani dei sequestratori, un lasso di tempo dove la ragazza in maniera volontaria si è convertita all’Islam prendendo il nome di Aisha.
Proprio questo particolare, oltre al possibile pagamento di un riscatto, ha scatenato diverse polemiche provenienti soprattutto dal centrodestra, mentre per il premier Conte si è trattato di “un bel giorno in un momento di grande difficoltà”.
La biografia di Silvia Romano
Originaria di Milano, 23 anni, Silvia Costanza Romano ha studiato presso la Unimed CIELS, facoltà che rientra nel ramo della mediazione linguistica.
Volontaria per Africa Milele Onlus, associazione marchigiana che mira a sostenere l’infanzia in diversi Paesi africani, è tornata in Kenya a inizio novembre per poi muoversi alla volta di Chakama.
Proprio riguardo quel frangente Davide Ciarrapica, volontario che ha condiviso con Silvia un’altra esperienza kenyota a Likoni (Mombasa), aveva consigliato alla giovane di non andare a Chakama in quanto posto “non sicuro”.
Silvia era da sola nel suo appartamento al momento del sequestro, in una zona poco centrale e priva di attività commerciali. Secondo quanto riferito da Lilian Sora, presidente di Africa Milele, si tratta di un’area del tutto estranea a vicende simili:
“Il rapimento è avvenuto in una parte del Kenya dove non ci sono centri commerciali, al massimo un negozietto dove si vendono fagioli e dove soprattutto non succede mai niente del genere. A quanto raccontano le persone che abitano nel villaggio gli aggressori sono andati a colpo sicuro nella casa dove era la nostra volontaria, probabilmente perché lì sapevano che c’era una italiana, anche se non so spiegarmi il motivo di quello che è successo”.
L’attacco, con grossa probabilità riconducibile ai miliziani islamici di al Shaab, ha provocato 5 feriti di cui uno grave, e le mosse dei rapitori descritte da chi ha assistito lasciano pensare a un’azione esplicitamente mirata al prelievo della giovane italiana, forse a fini di riscatto.
Del caso se ne sta occupando la Procura di Roma, che indaga basandosi soprattutto, per il momento, sull’ipotesi di sequestro di persona per finalità di terrorismo, e secondo diverse fonti sarebbe già in contatto con le autorità kenyote.
L’associazione Africa Milele Onlus ha espresso anche tramite la propria pagina Facebook tutto lo sconcerto e la preoccupazione per la circostanza:
“Non ci sono parole per commentare quello che sta accadendo. Silvia, siamo tutti con te”.
La liberazione
Dopo 18 mesi di prigionia, Silvia Romano il 10 maggio è stata liberata nelle vicinanze di Mogadiscio, la capitale della Somalia, per poi tornare subito in Italia a bordo di un aereo dell’Aise.
Vestita con abiti lunghi della tradizione islamica e con una mascherina d’obbligo vista l’emergenza coronavirus in corso, ha poi comunicato la sua conversione spontanea all’Islam annunciando come Aisha sia ora il suo nuovo nome.
Stando a quanto trapelato, la giovane cooperante dopo il suo rapimento avvenuto in Kenya sarebbe stata trasferita in Somalia e tenuta in prigionia dal gruppo jihadista Al-Shabaab, considerato vicino ad al-Qaeda.
Interrogata a lungo dagli uomini del Ros e della Procura di Roma, Silvia Romano ha dichiarato di essere stata trattata bene durante i diciotto mesi del suo sequestro, sottolineando di stare bene “sia fisicamente che mentalmente” ma adesso di volere soltanto “passare del tempo con la mia famiglia”.
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