In Italia si sprecano ancora oltre 12 miliardi di euro di cibo. I dati sono stati diffusi in occasione della Giornata nazionale contro lo spreco alimentare.
A casa, al supermercato, al ristorante, nelle mense scolastiche e persino in ufficio. Non c’è ambito del quotidiano esente dallo spreco alimentare; il cibo che avanza e che viene buttato nell’immondizia non è solo una questione etica e morale ma anche e soprattutto economica.
Sebbene nell’ultimo anno gli italiani siano stati più attenti a non sprecare, il costo complessivo del fenomeno resta ancora molto alto, ben 8 miliardi e mezzo di euro che rappresentano lo 0,6% del Pil.
Ma sommando anche le eccedenze di cibo negli altri ambiti di riferimento, oltre a quello domestico, la cifra complessiva supera i 12 miliardi di euro.
E la legge anti-spreco? Sta dando i suoi frutti ma c’è ancora molto da fare per arrivare ad azzerare ogni forma di spreco.
Quanto costa lo spreco
I dati reali relativi allo spreco alimentare in Italia sono stati diffusi in occasione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare e provengono da un’indagine che ha coinvolto circa 400 famiglie, chiamate a compilare un vero e proprio diario alimentare da marzo a dicembre 2017.
I risultati, rispetto ai dati relativi al 2016, sono abbastanza incoraggianti e indicano con un fenomeno quasi dimezzato nei costi e nelle quantità.
Nell’anno appena trascorso, emerge dall’indagine, mediamente a testa si sono sprecati quasi 37 chili in un anno (100 grammi di cibo al giorno) mentre ogni famiglia in media ha contribuito allo spreco con 84 chilogrammi (nel 2016 erano rispettivamente 63kg e 145kg).
Tradotto in euro: 250 euro a famiglia che a livello nazionale lievitano a 8,5 miliardi di euro, che rappresentano lo 0,6% del Pil.
“Oggi i primi test sullo spreco reale e non stimato dimostrano che lo spreco domestico vale il 40% in meno rispetto all’anno scorso. Bilancia alla mano, gli italiani sprecano circa 37 chili di cibo all’anno contro gli 84 del dato precedente, con un risparmio di 110 euro in 365 giorni”
ha commentato Andrea Segrè del movimento Spreco Zero.
I luoghi dello spreco
L’ambiente domestico resta, dunque, il luogo dove lo spreco alimentare assume il peso più rilevante (50% secondo il Ministero dell’Agricoltura) mentre va meglio in altri settori, sebbene i costi siano ancora molto alti.
Basti pensare alla grande distribuzione: il cibo finito nell’immondizia di super e ipermercati è costato 1,4 miliardi di euro. Non va meglio nella produzione industriale e in agricoltura dove il valore degli alimenti sprecato si è attestato rispettivamente a 1,1 miliardi e 946 milioni di euro. Sommando tutti questi costi si arriva alla considerevole cifra di 12 miliardi di euro.
Sebbene i dati siano, come detto, incoraggianti, c’è bisogno di fare ancora molto di più
“Adesso è il momento di rilanciare su due proposte chiave: l’inserimento dell’educazione alimentare come materia di studio nelle scuole primarie, e la richiesta di una normativa comune europea da promuovere anche attraverso l’anno europeo dedicato alla prevenzione dello spreco alimentare”
spiega ancora Segrè.
La legge
I risultati ottenuti fino ad oggi, oltre che a una maggiore coscienza individuale, sono dovuti anche alla legge anti-spreco in vigore in Italia dal 2016, che favorisce la donazione del cibo in eccesso per finalità benefiche.
Il provvedimento prevede infatti semplificazioni burocratiche e sgravi fiscali per il donatore introducendo agevolazioni anche per il mondo commerciale e imprenditoriale: possono effettuare donazioni di cibo gli esercizi commerciali, i supermercati, i ristoranti e le aziende. Può donare le eccedenze qualsiasi soggetto economico (esercizi commerciali, supermercati, ristoranti, imprese).
Sul fronte della prevenzione a livello familiare, invece, è disponibile un vero e proprio decalogo elaborato dal Ministero dell’Agricoltura rivolto alle famiglie. Tra i suggerimenti e i consigli contenuti nell’elenco anche quello di chiedere le cosiddette family bag e doggy bag al ristorante per portare a casa il cibo avanzato e che altrimenti finirebbe nella pattumiera.
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