Trump non si arrende e pensa già alle elezioni del 2024

Glauco Maggi

7 Dicembre 2020 - 08:45

Non ha ancora ufficialmente riconosciuto di aver perso, ma Trump pensa già alla rivincita.

Trump non si arrende e pensa già alle elezioni del 2024

In un incontro con un gruppo di fedelissimi alla Casa Bianca, qualche giorno fa, ha più o meno detto, e ha poi fatto in modo che si sapesse in giro, che correrà ancora nel 2024. Del resto, su questa possibilità si cimentano già i sondaggi. Il primo, di Morning Consult-Politico martedì scorso, ha scoperto che una maggioranza di repubblicani, il 54%, lo voterà ancora se si ripresenterà; un altro 8% starebbe in famiglia, puntando sul figlio Donald Trump Junior, e il 12% sceglierebbe il vice presidente attuale, Mike Pence. In tutto, i tre quarti del partito (il 74%) si stringerebbe insomma attorno alla amministrazione uscente, un’ipoteca pesante sulle speranze della nuova leva di repubblicani che vengono da tempo suggeriti come le giovani promesse del GOP post trumpiano: per esempio, i senatori Marco Rubio e la ex ambasciatrice all’Onu Nikki Haley.

Se si leggono le mosse di Trump con la categoria del realismo convenzionale, verrebbe da bocciare subito l’idea di un suo “ritorno al futuro”. Ma parliamo di uno che stupì il mondo con l’avventura vincente del 2015-2016, e quindi quando ora prospetta una campagna bis fra 4 anni va preso sul serio. Ci sono per la verità argomenti-contro, pre politici, di tutta evidenza. Uno è di percezione dell’opinione pubblica: l’America non ama gli sconfitti (lo ha sempre detto lui stesso, per esempio nella polemica con John McCain), e ora è lui che ha perso. Un altro è anagrafico: nel 2024 Trump avra’ 78 anni, e solo se Biden, che ne avrà 82, cercherà la riconferma (ipotesi remota) l’età non costituirebbe un problema. Ma non mancano, d’altra parte, fattori che giustificano la sua “voglia matta”. I numeri, anzitutto.

Donald Trump ebbe 62.984.828 voti popolari nel 2016 contro i 65.853.514 della Clinton, ma vinse per i voti del Collegio Elettorale assegnati stato per stato. Nel 2020 ne ha avuti 74.122.605 contro gli 81.029.173 di Biden, e ha perso. Con i 74 milioni e rotti di quest’anno, Trump ha insomma aumentato il suo “popolo” di 11 milioni abbondanti di elettori in 4 anni, una quota che lo ha promosso secondo candidato presidente di sempre, seppure abbia perso dietro a Biden che è stato a sua volta il candidato presidente, vincente, più votato nella storia americana.

Trump, con il 47% di suffragi popolari nel 2020, ha addirittura fatto meglio in percentuale di 4 anni prima, quando ne ebbe il 46,1%. Allora aveva vinto grazie a poche centinaia di migliaia di voti in più in tre o 4 stati-chiave, che gli avevano dato oltre 300 Grandi Elettori (ne occorrono 271). Nel novembre scorso Trump è stato invece battuto per poche centinaia di migliaia di voti in sei o sette swing states, i quali stavolta hanno dato oltre 300 Grandi Elettori a Biden. Il meccanismo è sempre lo stesso, e i Democratici lo criticano solo quando perdono. Trump ha invece gridato ai brogli, in questa tornata, ma lo stesso ministro della Giustizia Bill Barr, alleato del presidente, ha dichiarato che le indagini non hanno fatto emergere prove di irregolarità sufficienti a far cambiare l’esito ormai realisticamente definitivo pro Biden.

Trump e la strategia dell’uomo nell’ombra

Per Trump non può però essere soltanto lo spirito di vendetta a guidarlo in una eventuale nuova campagna. Insistere nella protesta senza prospettive sui voti rubati non fa altro che cementare nel paese l’immagine di un “perdente acido”. Gli basterebbe vedere come si sono trasformati in figure patetiche la Hillary del 2016, e prima di lei l’Al Gore del 2000, che non si sono mai arresi alla assurda convinzione di essere stati defraudati. Trump dovrebbe pensare positivo, e concentrarsi sulla difesa delle vittorie del suo quadriennio, compresa la battaglia contro il virus: è vero che Biden ha vinto proprio grazie alla pandemia che ha messo in ginocchio il paese, ma i vaccini sono stati il frutto della azione vigorosa di Trump e il tempo sarà galantuomo. E in economia? Ormai i record della Trumpeconomics sono nei libri di storia, ma ciò che conterà nel 2024 sarà come la gente giudicherà la politica di tasse, di redistribuzione, e di asfissiante regolamentazione che sarà l’ossatura del nuovo governo Democratico.

Trump ha tutto l’interesse, e peraltro non può fare altro personalmente, nel lasciare che l’amministrazione Democratica manifesti la propria linea, e cerchi di realizzarla. Invece, il presidente uscente deve continuare a dare assistenza e aiuto alle truppe repubblicane in Congresso, che hanno tenuto bene grazie a lui. E deve impegnarsi nel far vincere almeno uno dei due repubblicani in lizza in Georgia per gli ultimi due seggi senatoriali da assegnare, con ciò assicurando al GOP il controllo del Senato.

Offro un consiglio non richiesto a Trump, se davvero crede di ricandidarsi nel 2024: il presidente non esca solo dalla Casa Bianca fisicamente il 20 gennaio, ma anche dal cono di luce mediatica per il prossimi 6-12 mesi. Lo so. E’ contro la sua natura, che punta ad occupare ogni spazio del dibattito nel discorso politico nazionale. Prima del voto del 2016 fu una strategia vincente, ma durante la sua presidenza ciò ha creato quella maggioranza di oltre 80 milioni di cittadini che sono andati a votare per odio contro di lui, non per stima verso Biden. Ora Trump deve saper fare tesoro della lezione, cominciando con il non dare alla stampa l’occasione, con le sue uscite, di martellarlo quotidianamente, anche quando il presidente è un altro.

La sua sfida sarà non perdere i propri fans, e lasciare intanto che Biden si crei i suoi nemici. Nel paese, ma anche all’interno della sua stessa coalizione dove la sinistra di Sanders e Ocasio Cortez scalpita: hanno votato Joe Biden turandosi il naso, e lo aspettano al varco spingendolo a politiche radicali:

  • più tasse ad aziende e famiglie;
  • via i fondi alla polizia;
  • aperture agli immigrati clandestini;
  • eliminazione dell’energia fossile.

Ai Democratici per battere Trump è bastato stare uniti contro di lui nel 2016. Il GOP, con Trump o senza Trump, per rifarsi nel 2024 deve puntare sulla divisione tra una sinistra sempre più forte e una componente centrista sempre meno rilevante e visibile.

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