70mila driver Uber in UK verranno assunti come lavoratori anziché collaboratori autonomi. Ciò significa che la compagnia dovrà garantire salario minimo, ferie e pensione, ma i sindacati parlano di vittoria a metà. Ecco cosa cambia.
Gli autisti Uber avranno un salario minimo garantito, ferie pagate e accesso a un piano pensionistico con contributi pagati da Uber. Tutele finora non previste dal contratto di collaboratori autonomi/appaltatori indipendenti. Succede in Gran Bretagna, dove la società ha annunciato che assumerà i 70.000 driver attivi sul territorio dopo la sentenza della Corte Suprema pronunciata il mese scorso.
Uber, autisti diventano dipendenti? Cosa cambia davvero
Nel Regno Unito ci sono 3 tipologie si status: lavoratore autonomo, lavoratore dipendente e lavoratore. A partire da mercoledì 17 marzo, 70 mila autisti Uber in UK verranno considerati lavoratori. Ciò non li rende automaticamente dipendenti, quindi, ma dà loro diritto ad alcune tutele in più rispetto a prima, come salario minimo, ferie e contributi ai fini pensionistici.
“Questo è un giorno importante per gli autisti nel Regno Unito”, ha detto Jamie Heywood, direttore generale regionale di Uber per l’Europa settentrionale e orientale. La decisione potrebbe segnare una svolta della gig economy nel Paese.
Nei fatti i driver riceveranno un salario minimo nazionale di 8,72 sterline all’ora, che si conta - stando alle attuali condizioni - dal momento in cui accettato le richieste di viaggio sull’app. Potranno godere di ferie pagate con una cadenza quindicinale e basata sul 12,07% della retribuzione.
Per quanto riguarda la pensione, è prevista l’iscrizione automatica a un piano pensionistico che comprende i contributi versati dal datore di lavoro e quelli versati dal lavoratore stesso. Tali contributi avranno un valore pari al 3% dei guadagni normali di un autista in Uber.
I nuovi diritti degli autisti in Uber
Riassumendo, le novità introdotte dal nuovo piano di business di Uber nel Regno Unito cambiano i diritti degli autisti che da mercoledì 17 marzo vengono inquadrati nell’azienda come lavoratori.
- a tutti i conducenti con più di 25 anni verrà garantito il pagamento di un salario minimo nazionale che attualmente è fissato a 8,72 sterline all’ora. Tutti i conducenti, inoltre, godranno della libertà di scegliere se, quando e dove guidare;
- tutti i dipendenti avranno diritto al pagamento quindicinale delle ferie sulla base del 12,07% dei loro guadagni;
- verrà effettuata l’iscrizione automatica a un piano pensionistico che prevede il pagamento dei contributi sia da parte di Uber sia da parte dei conducenti stessi;
- verrà mantenuta l’assicurazione gratuita che copre malattia, infortunio e i congedi parentali per autisti e fattorini.
La sentenza della Corte Suprema
Il caso di Uber è iniziato nel 2016, quando due conducenti hanno sostenuto che l’azienda avesse troppo controllo sulle azioni dei lavoratori. Di qui è seguita una serie di ricorsi di Uber che sono culminati nella sentenza della Corte Suprema.
La Corte, nel mese di febbraio, aveva respinto, con voto unanime, le argomentazioni di Uber sul trattamento lavorativo e contrattuale degli autisti che non erano inseriti come lavoratori dipendenti, ma come collaboratori occasionali.
La Corte non aveva lasciato molte alternativa all’azienda, se non concedere maggiori tutele a questi soggetti.
Di fronte a tale sentenza, quindi, l’azienda ha iniziato a valutare una modifica al piano di business da adottare nel Regno Unito e forse, in futuro, anche in altri Paesi del mondo.
Pur riconoscendo i progressi fatti da Uber in questo campo, gli attivisti sindacali si aspettano che l’azienda faccia dei passi avanti anche per quanto riguarda il riconoscimento sindacale, una procedura di ricorso per licenziamenti che sia equa e un accordo sull’accesso ai dati. Un’altra patata bollente è che Uber garantirà che i vantaggi introdotti da oggi matureranno solo una volta che l’autista avrà accettato la corsa e non dal momento in cui accedono all’app per iniziare il turno.
Gli autisti devono essere considerati lavoratori “dal momento in cui si collegano all’app fino a quando si disconnettono”, dicono.
Questo è un punto cruciale, proprio perché i conducenti di Uber passano parecchio tempo ad aspettare che le persone prenotino corse sull’app, e in tale periodo non vengono pagati. L’azienda, infatti, li retribuisce dal momento in cui un cliente sale in macchina.
Uber stesso ha chiarito che la sentenza ha “fornito un percorso più chiaro verso un modello che conferisce ai conducenti i diritti dello status di lavoratori pur continuando a farli lavorare in modo flessibile”.
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