Mario Draghi intervenendo al Parlamento europeo ha chiesto che venga superato il principio di unanimità Ue: non sarà facile però modificare i trattati e soprattutto potrebbe volerci molto tempo.
“Dobbiamo superare il principio dell’unanimità e muoverci verso decisioni prese a maggioranza qualificata. Le istituzioni europee che i nostri predecessori hanno costruito negli scorsi decenni hanno servito bene i cittadini europei, ma sono inadeguate per la realtà che ci si manifesta oggi davanti”.
Parole queste di Mario Draghi, pronunciate dal nostro Presidente del consiglio in occasione del suo discorso al Parlamento europeo. Il riferimento chiaro è alle difficoltà che l’Unione europea sta incontrando nel delineare il sesto pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia.
Il pezzo forte delle nuove misure che Bruxelles si appresta a licenziare sarà il progressivo stop all’importazione di petrolio russo, con l’embargo che dovrebbe poi diventare totale entro la fine dell’anno.
L’Ungheria però ha fatto sapere che potrebbe esercitare il diritto di veto “la proposta di Bruxelles è inaccettabile”, con anche la Slovacchia che potrebbe fare altrettanto. I due Paesi infatti dipendono totalmente dalla Russia per quanto riguarda l’importazione di petrolio.
La mediazione sarebbe quella di concedere a Ungheria e Slovacchia, forse pure alla Bulgaria, una proroga di anno per poter continuare a ricevere petrolio dalla Russia fino a tutto il 2023. Una soluzione questa che al momento non starebbe suscitando grande entusiasmo tra i vari governi.
In questo scenario così complesso e delicato, Mario Draghi ha chiesto che venga superato il principio dell’unanimità nell’Unione europea proprio per evitare che anche un singolo Stato membro possa bloccare l’operato di Bruxelles.
Modificare i trattati Ue però non è una cosa semplice e, anche nel caso di una totale unità di intenti all’interno della Unione, sarebbe un processo lungo e articolato.
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Il giorno dopo l’intervento di Mario Draghi in plenaria, a smorzare le velleità riformatrici del Presidente del consiglio ci ha pensato Paolo Gentiloni, attuale commissario europeo all’Economia.
“Non è facile modificare questa regola dell’unanimità nelle decisioni dell’Unione europea, visto che è inserita nei trattati e che per modificare i trattati serve l’unanimità, quindi siamo in una prospettiva non semplice”.
In sostanza per superare l’unanimità nell’Ue modificando i trattati, servirà una decisione... unanime da parte dei 27 Stati membri. Una prospettiva che appare essere una autentica chimera visto che, soprattutto i Paesi dell’Est, difficilmente potrebbero vedere di buon grado la possibilità di perdere questa sorta di potere di veto.
I trattati europei sono gli accordi firmati dagli Stati membri che contengono le disposizioni sulle quali si fonda l’Unione europea. Per entrare in vigore devono essere ratificati dai singoli Paesi.
Anche per modificare i trattati c’è bisogno che i vari emendamenti siano ratificati da tutti gli Stati membri. Prima di arrivare a questo punto, c’è bisogno inoltre di un lungo iter burocratico di passaggi tra il Parlamento europeo e la Commissione.
Nei giorni scorsi il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che avvia l’iter di attivazione dell’articolo 48 per chiedere agli Stati membri di aprire una Convenzione per la revisione dei trattati Ue.
Tra le varie richieste di modifica ci sono anche “la semplificazione dell’architettura istituzionale dell’Ue, una maggiore trasparenza e rendicontabilità del processo decisionale e una nuova riflessione sulle competenze dell’Unione”.
A prescindere da questi primi passi, superare il principio di unanimità nell’Unione europea come richiesto da Mario Draghi non sarà facile e, se mai si dovesse arrivare a un accordo, la fumata bianca difficilmente potrebbe arrivare in tempi rapidi.
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