Il braccio di ferro sui vaccini anti Covid è ben peggiore di qualsiasi guerra commerciale tradizionale (e tre indizi inchiodano la Merkel).
Si fa un’enorme fatica a definire “guerra commerciale” la vicenda che sta coinvolgendo i vaccini di tutto il mondo. Sarà che forse gli oggetti della contesa sono farmaci e non comuni beni di consumo, che il vaccino in sé è associato all’idea di un oggetto necessario, benefico e salvifico.
Eppure, analizzando l’atteggiamento messo in mostra dalle Big Pharma coinvolte nel «toto vaccini» e quello esercitato dai Paesi finanziatori nei confronti propri campioni nazionali, viene da pensare che il braccio di ferro sui farmaci anti Covid sia ben peggiore di qualsiasi guerra commerciale tradizionale.
Prendiamo la Germania. Berlino può vantare BioNTech, azienda partner dell’americana Pfizer, e dà la sensazione di voler alterare il mercato europeo, sia per dare maggiore spazio al proprio principale cavallo di battaglia, sia per preparare il terreno all’imminente vaccino prodotto da Curevac, altro fiore all’occhiello dei tedeschi.
Nel frattempo l’Unione europea non sa quale direzione prendere. Beffata persino dalle Big Pharma con le quali ha stretto accordi, Bruxelles è rimasta a secco di dosi. Tuttavia, pur di non aprire le porte al vaccino russo, lo Sputnik V, afferma di non aver bisogno dell’aiuto di Mosca, forse più per motivi geopolitici che non sanitari.
Vedremo se, da qui ai prossimi mesi, il prodotto realizzato dall’Istituto Gamaleya riuscirà a trovare spazio anche in Unione europea, e non solo in qualche roccaforte isolata (Ungheria, Solvacchia).
In Europa la situazione relativa ai vaccini è talmente complessa che, a peggiorare il quadro, troviamo anche il redivivo fronte rappresentato dai Paesi del Nord. Svezia, Danimarca, Finlandia e Norvegia, nonostante l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, abbia “assolto” l’AstraZeneca, non sembrano intenzionati - nel momento in cui scriviamo - a voler riprendere le somministrazioni dell’AZD1222.
Anche in questo caso, la sensazione è che il blocco nordico intenda utilizzare la scusa dei vaccini per danneggiare, più o meno direttamente, l’Unione europea (ricordiamo la diatriba sul Recovery Fund, probabilmente mai digerita tra Copenaghen e Stoccolma).
Benvenuti nella guerra commerciale dei vaccini: il pretesto perfetto per regolare vecchie contese, nascondendo le polemiche politiche dietro a incontrovertibili esigenze sanitarie.
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