L’acquisto su piattaforme di e-commerce comporta molti vantaggi ma anche alcuni rischi: ecco cosa fare se il prodotto ordinato non arriva, dalla diffida del venditore alla querela per truffa.
L’acquisto su siti di e-commerce è ormai la modalità più pratica per ottenere ogni tipo di prodotto: la scelta è quasi illimitata e i prezzi molto competitivi.
Bastano pochi click per ricevere la merce desiderata in tempi più o meno brevi, senza nemmeno scomodarsi a uscire di casa.
Tale metodo di commercio comporta non solo molti vantaggi ma anche diversi rischi: tra i più diffusi, c’è il rischio che il venditore non sia affidabile e che, ad esempio, non consegni il prodotto o lo consegni con notevole ritardo nonostante abbia già ricevuto il pagamento del prezzo.
Cosa fare, dunque, in questi casi?
Vediamo, di seguito, a quali rimedi può ricorrere il consumatore se il prodotto acquistato non arriva entro la data prevista.
E-commerce: rimedi in caso di mancata consegna
Cosa prevede il Codice del consumo?
La materia rientra nella disciplina prevista dal Codice del consumo a tutela del consumatore nei contratti di vendita a distanza.
Secondo l’articolo 61, a meno che le parti non abbiano diversamente stabilito, il venditore deve consegnare all’acquirente il prodotto senza ritardo ingiustificato o, al più tardi, entro il termine massimo di 30 giorni.
Quindi, al di fuori dei casi in cui il sito di e-commerce abbia indicato una data precisa di consegna (come normalmente avviene sulle più note piattaforme di shopping on-line), il venditore deve consegnare la merce non oltre i 30 giorni dall’acquisto.
Cosa fare se il venditore non adempie?
Può tuttavia accadere che il venditore non rispetti il termine massimo di consegna e che la merce non arrivi a destinazione nei tempi sperati.
Cosa fare in questo caso?
Il consumatore-acquirente deve in primo luogo invitare il professionista a effettuare la consegna entro un termine supplementare che risulti appropriato alle circostanze.
Se anche tale termine aggiuntivo non dovesse venire rispettato, è possibile avvalersi della risoluzione del contratto per inadempimento e richiedere il risarcimento del danno subito a causa della mancata consegna.
Vi sono casi in cui non è necessario per il consumatore indicare il termine supplementare.
Ciò avviene quando:
- il professionista si è espressamente rifiutato di consegnare i beni;
- il rispetto del termine pattuito dalle parti per la consegna del bene deve considerarsi essenziale, tenuto conto di tutte le circostanze che hanno accompagnato la conclusione del contratto;
- il consumatore ha informato il professionista, prima della conclusione del contratto, che la consegna entro una data determinata è essenziale.
Quindi, la concessione del termine supplementare non è dovuta se, prima dell’acquisto, il consumatore ha chiaramente manifestato al venditore che, ad esempio, il prodotto doveva essere utilizzato in occasione di una cerimonia già fissata o che l’acquisto avveniva in vista di una partenza imminente (si pensi all’acquisto di attrezzatura da sci quando la settimana bianca è stata già prenotata).
Il termine supplementare non è inoltre necessario quando l’acquirente ha informato espressamente il venditore (prima di procedere all’acquisto) che la data di consegna doveva considerarsi termine essenziale, oppure qualora il venditore, eventualmente anche dietro sollecito dell’acquirente, si è chiaramente rifiutato di adempiere.
In questi casi, il Codice del consumo prevede che il consumatore, dispensato dall’onere di concedere il termine aggiuntivo, possa risolvere immediatamente il contratto.
Cosa significa “risolvere il contratto”?
Abbiamo visto che, decorsi inutilmente i termini indicati, il consumatore è legittimato a risolvere il contratto. Ma cosa significa esattamente?
In buona sostanza, egli può sciogliere il vincolo contrattuale con il venditore a causa dell’inadempimento di quest’ultimo, maturando così il diritto al rimborso del prezzo e al risarcimento del danno dovuto alla mancata consegna del bene (laddove esistente e dimostrabile).
Il consumatore ha diritto soltanto a questo rimedio?
In realtà no: egli potrebbe pretendere, in alternativa alla risoluzione del contratto, l’adempimento del venditore, di fatto “costringendolo” (sempre per vie legali) a dare seguito al contratto consegnando il bene.
Questa facoltà è riconosciuta, in via generale, dall’articolo 1453 del Codice civile, secondo cui:
“Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto ,...,”.
Resta sempre salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente subito.
Come fare in pratica?
A fronte di un ritardo nella consegna dell’ordine effettuato che superi i 30 giorni massimi previsti per legge - o la diversa data espressamente indicata dalle parti - al consumatore spettano i seguenti rimedi:
- può risolvere il contratto chiedendo la restituzione del prezzo;
- può pretendere per vie legali l’adempimento del contratto e, dunque, la consegna del bene;
- in ogni caso, entrambi i rimedi comportano il diritto di richiedere il risarcimento del danno.
Come funziona in concreto?
Non è sufficiente, di norma, limitarsi a inviare al venditore semplici e-mail di sollecito: questo strumento non è considerato legalmente valido per le comunicazioni formali.
Occorre, allora, inviare una lettera di diffida e messa in mora del venditore indicando l’ulteriore termine massimo entro cui dovrà consegnare la merce (si può fare riferimento, indicativamente, ai 15 giorni previsti dall’art. 1454, c.c.).
La stessa diffida deve preavvisare il venditore che, in mancanza di consegna entro il termine supplementare così concesso, il consumatore si riterrà legittimato a risolvere il contratto e a richiedere il risarcimento del danno.
Tale comunicazione, per essere valida ed efficace, deve avvenire a mezzo lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o, in alternativa, tramite messaggio di posta elettronica certificata (pec).
Decorso inutilmente anche il termine supplementare, è bene inviare una nuova comunicazione con cui è confermata la propria volontà di risolvere il contratto (o di agire per l’adempimento).
Se anche tali rimedi stragiudiziali non dovessero sortire effetto - e cioè il venditore si rifiuta comunque di adempiere al contratto o di restituire il pagamento ricevuto - il consumatore, tramite l’assistenza di un avvocato, potrà adire il giudice competente invocando, in quella sede, la tutela giurisdizionale dei propri diritti.
È comunque consigliabile ricorrere all’assistenza di un legale già a partire dalla comunicazione di diffida e costituzione in mora del venditore.
In tutti questi casi, si ricorda, il consumatore può pretendere il risarcimento del danno causato dalla mancata consegna del bene, qualora effettivamente subito e dimostrato.
La segnalazione all’AGCM
Esiste un altro strumento di tutela in caso di mancata consegna del bene acquistato in e-commerce: si tratta della possibilità di segnalare l’accaduto all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM).
Essa ha il compito di vigilare sul rispetto della normativa in materia di concorrenza tra imprese nonché di contrastare le pratiche commerciali scorrette (art. 20, Codice del consumo), tra le quali possono rientrare i casi di mancata consegna dei prodotti acquistati on-line.
L’Autorità può essere adita da ogni soggetto o associazione che ne abbia interesse al fine di ottenere l’inibizione delle pratiche commerciali scorrette e l’eliminazione dei loro effetti.
Nei casi di particolare urgenza, può disporre, con provvedimento motivato, la sospensione provvisoria delle pratiche commerciali scorrette.
Infine, con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l’AGCM può irrogare pesanti sanzioni amministrative a carico del professionista responsabile, che variano a seconda della gravità dell’infrazione accertata.
Quando la mancata consegna integra truffa
Non da ultimo, è bene segnalare che, oltre ai risvolti di natura civile e amministrativa, la condotta in esame può integrare gli estremi del reato di truffa.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti, deve ritenersi integrata la truffa contrattuale in caso di mancata consegna di merce offerta in vendita e acquistata sul web, quando al versamento di un acconto non faccia seguito la consegna del bene compravenduto e il venditore risulti non più rintracciabile (Cass. pen. n. 18821/2017).
Se dunque il venditore, oltre a non consegnare il bene, si rende irreperibile dopo aver ricevuto il pagamento, è probabile che ci si trovi in presenza di una truffa.
In questo caso, è consigliabile sporgere formale querela presso la Polizia postale entro 90 giorni dalla commissione del fatto.
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