Il caro-benzina come a effetto domino sta facendo aumentare i costi nel settore alimentare e dei trasporti: dal governo no a nuovi sconti e all’accisa mobile, i prezzi possono salire ancora.
L’aumento dei prezzi della benzina potrebbe essere un nuovo tsunami per l’economia italiana, già fiaccata negli ultimi anni prima dal Covid e poi dalla crisi generata dalla guerra in Ucraina e dall’inflazione record in tutto l’Occidente.
Con il costo medio sia della benzina sia del gasolio vicino ai due euro al litro, ma in autostrada il servito in alcuni casi ha superato anche la soglia psicologica dei 2,5 euro al litro, la stangata non sarebbe solo per gli automobilisti.
In una sorta di effetto domino, il caro-benzina sta colpendo duramente anche il settore dei trasporti e dell’alimentare, provocando una serie di ulteriori rialzi dei prezzi per far fronte alle maggiori spese.
L’impennata del costo del carburante così sta mettendo a dura prova non solo le imprese che operano nel settore del trasporto pubblico, ma anche quelle che si occupano di logistica e alimentare.
L’88% delle merci che troviamo nei nostri supermercati infatti arriva sugli scaffali via gomma, con l’aumento del prezzo della benzina che di conseguenza sta dando vita a un rialzo anche per quanto riguarda i generi alimentari.
Prezzi benzina: la risposta del governo
C’era grande attesa per l’incontro di Palazzo Chigi dove Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti si sono riuniti insieme ai vertici della Guardia di Finanza; alla fine ne è uscito fuori un decreto denominato “Norme sulla trasparenza dei prezzi sui carburanti e sul rafforzamento dei poteri di controllo e sanzionatori del garante dei prezzi”.
Chi si aspettava un ripristino degli sconti sulle accise della benzina però è rimasto deluso: il governo è intervenuto soltanto sui distributori, che ora avranno l’obbligo di esporre il prezzo medio nazionale accanto a quello di vendita, mentre in autostrada scatterà un tetto massimo al prezzo.
Misure queste che mirano a scoraggiare possibili speculazioni, ma che difficilmente potranno risolvere il problema del caro-benzina visto che le cause degli aumenti sono da ricondurre all’addio allo sconto e al particolare contesto internazionale.
Come abbiamo già spiegato, il prossimo 5 febbraio scatterà l’embargo nei confronti dei prodotti petroliferi raffinati made in Russia, mentre la fine della strategia Covid-zero in Cina ha aumentato la richiesta di materie prime da parte di Pechino. Il peggio di conseguenza ancora dovrebbe venire.
Niente sconti o accisa mobile
Il governo così per il momento tira dritto per la strada dello stop agli sconti, che costano 1 miliardo al mese, ignorando anche la proposta fatta della Federazione gestori impianti carburanti e affini (Fegica) di introdurre l’accisa mobile.
“Si tratta - ha spiegato il presidente di Fegica Roberto Di Vincenzo - di uno strumento altamente flessibile che esclude tagli draconiani, attualmente poco sostenibili, e che modula il valore dell’accisa, in funzione anticiclica all’andamento del mercato, compensando eventuali tensioni al rialzo che producono extra gettiti di Iva non previsti. La legge già c’è ed è sufficiente un semplice decreto ministeriale per renderla operativa”.
Il sentore è che il governo al momento non abbia in cassa i soldi necessari per affrontare di petto il caro-benzina, anche perché ad aprile andranno rifinanziate le misure sulle bollette che, nel primo trimestre del 2023, avranno un costo complessivo di 21 miliardi.
Come Giorgia Meloni riuscirà a venire fuori da questo pantano appare essere una autentica sciarada: se da una parte l’abolizione progressiva delle accise sulla benzina continua a essere un obiettivo di legislatura per la maggioranza, dall’altra il realismo del dover tenere i conti in ordine non sembrerebbe permettere particolari colpi di coda.
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