Money.it è stato ospite di Radio Rai nel programma “Il mattino di Radio1” per parlare di pensioni, in particolare di cosa potrebbe preservarci il futuro. Ecco perché è importante iscriversi ad un fondo per la pensione integrativa.
Negli ultimi anni quando si è parlato di riformare le pensioni si è pensato sempre a provvedimenti per l’immediato, al massimo per il breve-medio termine. Basti vedere Quota 100 che è in vigore per soli tre anni.
Mai - o quasi - è stato affrontato il problema nell’ottica del lungo periodo, eppure viste le previsioni dell’Istat ce ne sarebbe quanto mai bisogno.
Oggi l’età pensionabile (che ricordiamo dal 1° gennaio 2019 è salita di 5 mesi, fino ad arrivare a 67 anni) può sembrare molto alta ma in futuro le cose potrebbero persino peggiorare visto il meccanismo con cui questa viene adeguata ogni biennio, come stabilito da Sacconi prima e dalla Fornero poi, alla crescita delle aspettative di vita.
Secondo le previsioni dell’Istat la speranza di vita in futuro potrebbe aumentare con un ritmo di 2-3 mesi per ogni biennio.
Da una parte c’è la notizia positiva che non possiamo di certo trascurare: vivremo per più anni. Dall’altra però c’è l’aspetto negativo per cui passeremo più anni lavorando visto l’innalzamento progressivo dell’età pensionabile.
Noi di Money.it abbiamo effettuato qualche elaborazione (che potete consultare nell’infografica dedicata): ad esempio, se le previsioni dell’Istat dovessero rivelarsi corrette, dopo il 2030 (quindi tra circa 10 anni) si andrà in pensione oltre i 68 anni di età, mentre tra circa 50 anni dopo i 70.
Qualora il Governo non dovesse mettere mano a questo meccanismo, gli anni che vivremo di più li spenderemo lavorando; una situazione che riguarda da vicino tutti coloro che hanno iniziato a lavorare da pochi anni.
“Chissà se andrò mai in pensione”
Quando si dice “chissà se arriverò mai alla pensione” non si sta dicendo una cosa molto lontana dalla realtà dei fatti anche perché c’è un altro fattore che dobbiamo considerare: l’età pensionabile appena descritta fa riferimento alla pensione di vecchiaia ordinaria, riservata a coloro che hanno contributi versati prima del 1° gennaio 1996 e quindi rientrano - in parte - nel calcolo retributivo e nell’altra nel contributivo.
Per tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dopo questa data c’è un altro requisito da soddisfare per accedere alla pensione di vecchiaia: bisogna avere un importo della pensione superiore a 1,5 volte l’assegno sociale. Oggi questo è pari a 453,00€ e quindi la pensione di vecchiaia è accessibile a chi ha maturato un assegno vicino ai 700,00€; può sembrare un obiettivo facilmente raggiungibile, ma con il calcolo contributivo non è così scontato.
La pensione viene calcolata sulla base dei contributi accreditati, ossia su anni di lavoro e stipendi percepiti: sappiamo tutti i problemi che caratterizzano oggi il mercato del lavoro, con giovani che iniziano a lavorare molto tardi e - almeno nel periodo iniziale - percepiscono stipendi molto bassi.
Se non si soddisfa questo requisito c’è l’alternativa della pensione di vecchiaia contributiva: a questa oggi si può accedere a 71 anni, figuriamoci tra 50 anni quando nel frattempo sono intervenuti gli adeguamenti con le speranze di vita.
Ovviamente tutto questo vale qualora la normativa vigente rimanga invariata.
Il Governo in carica ad esempio ha provato a mettere un freno a questo meccanismo limitandosi però a bloccarlo per la pensione anticipata, per la quale il requisito non è stato adeguato alle aspettative di vita (quindi non c’è stato l’incremento di 5 mesi) anche se è stato necessario introdurre una finestra mobile di tre mesi per limitare i costi.
Il problema è che bloccare l’adeguamento con le aspettative di vita costerebbe troppo e non sarebbe neppure facile ottenere il via libera dall’Europa; ecco perché ad oggi non siamo ottimisti in merito e consigliamo a giovani e meno giovani di aderire ad un fondo per la pensione integrativa, perché questa sembra essere l’unica strada al momento per garantirsi una rendita futura soddisfacente.
Pensioni sempre più tardi: la Corte dei Conti chiede interventi
Concludiamo con una notizia fresca: la Corte dei Conti in questi giorni ha bocciato Quota 100 perché troppo limitata nel tempo. I magistrati hanno comunque concordato sulla necessità di attuare una riforma che renda più flessibile l’uscita dal lavoro, ma questa deve essere: strutturale e permanente, prevedendo quindi delle regole chiare anche per il futuro, e sostenibile.
Due ingredienti per una riforma delle pensioni perfetta: ma come ogni cosa “perfetta” non sarà semplice trovare la quadra.
© RIPRODUZIONE RISERVATA