La compagnia di Bezos ritiene che la condivisione di dati sui contagi verificatisi nei suoi magazzini sia “inutile”
Amazon ritiene “inutile” condividere dati relativi ai casi di coronavirus registrati nei suoi magazzini. La controversa opinione arriva direttamente dai vertici della compagnia, dalla dirigenza alle successive comunicazioni dei portavoce.
In sostanza, il colosso e-commerce di Jeff Bezos si rifiuta di fornire informazioni circa il numero complessivo di casi confermati all’interno dei suoi magazzini, che sono stati molteplici in tutto il mondo e hanno riguardato anche lo stabilimento italiano di Rieti.
Un portavoce ha dichiarato che la società non tiene traccia delle informazioni a livello di sito, e che in ogni caso il numero dei contagi non rappresenta un dato informativo in quanto includerebbe “anche i casi risolti”.
Ed è stata per prima la CNN a far notare l’insita contraddizione: Amazon misura i punteggi dei lavoratori per determinarne la produttività, raccoglie un’enorme mole di dati utili a reindirizzare gli utenti verso nuovi acquisti e pubblica spesso comunicati statistici relativi alle vendite dei prodotti.
Ma quando si tratta del numero totale di casi di coronavirus registrati nei suoi magazzini, l’opinione del colosso e-commerce è che quei dati “non sono particolarmente utili”.
Amazon non vuole condividere dati dei suoi casi di coronavirus
La pandemia di coronavirus non ha risparmiato la compagnia di Jeff Bezos, che ha registrato contagi in molti dei suoi magazzini statunitensi ed europei, con un caso anche in Italia.
Eppure per Dave Clark, vice-capo della sezione vendite globali di Amazon, non è realmente utile fornire dati aggregati relativi ai dipendenti risultati positivi:
“L’attuale numero totale di casi non è particolarmente utile, perché va messo in relazione alla dimensione dello specifico edificio e quindi al tasso complessivo di infezione della comunità di riferimento”,
ha dichiarato Clark, nel corso di un’intervista a cura della CBS.
Non ha escluso che la compagnia possa risalire a un dato aggregato, ma - ha evidenziato - “non è un numero particolarmente utile”.
Ha però spiegato che i casi registrati nei magazzini denotano un ritmo “generalmente inferiore rispetto a quelli che sono gli attuali tassi di infezione della comunità”, questo ovviamente con riferimento allo scenario statunitense.
I procuratori sollecitano Bezos: fornisca informazioni
Ma la mancanza di informazioni pubbliche ha lasciato perplessi sia i dipendenti dei magazzini che i funzionari USA, che hanno evidenziato la mancata collaborazione della società nel fornire dati utili a comprendere la portata reale della crisi sanitaria.
Le stesse comunicazioni interne non sembrano essere chiarissime stando a numerose segnalazioni. L’azienda sostiene di condividere con i dipendenti la notizia relativa a un caso confermato nello stabilimento in cui lavorano, ma molti notano di aver ricevuto solo informative generiche con numeri non aggiornati.
Un portavoce di Amazon ha dichiarato che la mancata comunicazione ai lavoratori del numero preciso segue lo stesso approccio che porta la compagnia a non ritenere utile diffondere i dati complessivi.
Intanto, in una lettera inviata al CEO Jeff Bezos, diversi procuratori statunitensi hanno invitato la società a rilasciare una suddivisione dei casi confermati di Covid-19 presso le sue strutture, nell’ambito di esigenze più ampie in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.
La società ha dichiarato che intende rispondere, ma non è ancora chiaro se fornirà effettivamente dei dati aggregati.
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