L’anatocismo sul mutuo è possibile solo a patto che sia espressamente indicato in forma scritta nel contratto di finanziamento. Vediamo le eccezioni al divieto d’anatocismo
Per comprendere quando l’anatocismo è illegittimo sul contratto del mutuo, bisogna capire cosa è il contratto di mutuo. Questo tipo di contratto è a prestazioni corrispettive: il mutuante consegna al mutuatario una determinata quantità di denaro, o di altre cose fungibili, e l’altro si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità (in virtù dell’art. 1813 del codice civile).
Tale negozio, regolamentato dagli articoli 1813 e seguenti del codice civile, si caratterizza per essere traslativo di proprietà, in quanto il mutuatario diviene proprietario delle cose oggetto del mutuo, e restitutorio, in quanto egli è comunque tenuto a restituire altrettante cose che per specie e qualità siano analoghe a quelle ricevute.
Si tratta, poi, di un contratto di natura reale, in quanto la consegna dell’oggetto del mutuo ne rappresenta un elemento costitutivo, pur non soggiacendo a una determinata forma.
Il mutuo, inoltre, si caratterizza per essere un contratto oneroso, in quanto l’articolo 1815 c.c. stabilisce espressamente che, salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario è tenuto a corrispondere al mutuante gli interessi, determinati secondo quanto previsto dall’art. 1284 c.c. in materia di saggio degli interessi.
In sostanza, gli interessi costituiscono una controprestazione rispetto al diritto reale acquistato in ragione del contratto.
Per principio ormai consolidato in dottrina e giurisprudenza il mutuatario, acquistando la proprietà della cosa mutuata, è tenuto a pagare gli interessi anche se non abbia in concreto potuto utilizzare quanto ricevuto in mutuo per cause di forza maggiore (già dagli anni ’60 infatti c’è questo orientamento, secondo la sentenza della Cassazione civile del 1° febbraio 1962, n. 199).
In caso di mancato pagamento degli interessi, il mutuante può chiedere la risoluzione del contratto. Occorre precisare però che, nel caso in cui gli interessi convenzionalmente pattuiti siano usurari, la clausola che li prevede è nulla e niente risulterà dovuto a tale titolo.
Pertanto approfondiamo il concetto di interessi anatocistici nel contratto di mutuo.
Il mutuo fondiario
Il mutuo fondiario è una particolare tipologia di mutuo di scopo, concesso alle parti per l’acquisto di un immobile, a pena di nullità.
A fronte della concessione del prestito, che avviene in un’unica soluzione, il mutuante si tutela, a garanzia dell’adempimento, con l’apposizione di ipoteca su tale immobile.
La somma ipotecaria iscritta può comunque essere ridotta a mano a mano che viene rimborsata una parte del capitale, infatti il rimborso, quasi sempre, avviene in maniera rateale.
Si precisa che la concessione del mutuo fondiario non eccede, normalmente, l’80% del valore immobiliare.
La stipula del mutuo fondiario garantisce maggiormente le banche.
Ma anche i clienti ne traggono indubbi vantaggi: si pensi alla possibilità di godere della riduzione alla metà degli onorari notarili per l’atto di mutuo.
La disciplina del mutuo fondiario può essere rinvenuta nel Tub - testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo numero 385 del 1° settembre 1993.
Contratti di mutuo fondiario stipulati prima del 01/01/2014
Poiché l’anatocismo è espressamente previsto dalla previgente normativa in materia di credito fondiario: art. 38 r.d. n. 646/1905; art. 14, dpr n. 7/1976 e art. 16, l. n. 175/1991 (la legge n. 175/1991 è stata abrogata dall’art. 161, comma 1, Tub, con riguardo ai contratti conclusi dal 01/01/1994) gli interessi moratori devono essere calcolati sull’intera rata, quindi su quota capitale e quota interessi.
È opportuno sottolineare che per quanto riguarda i rapporti di mutuo fondiario, stipulati prima del 01/01/1994 e in corso a tale data, l’art. 161, comma 6, Tub chiarisce che «i contratti già conclusi e i procedimenti esecutivi in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo restano regolati dalle norme anteriori».
Contratti di mutuo fondiario stipulati dal 1994 al 2000
Il calcolo degli interessi anatocistici è illegittimo, considerato che il testo unico bancario ha abrogato la l. n. 175/1995 che, reiterando le precedenti previsioni normative, autorizzava l’anatocismo per i mutui fondiari e dunque vige il principio generale di cui all’art. 1283 c.c.
Gli interessi di mora, di conseguenza, vanno calcolati sulla sola quota capitale della rata scaduta.
Contratti di mutuo fondiario stipulati dal 22.4.2000 al 31/12/2013
Le clausole contrattuali anatocistiche sono legittime, se pattuite ed espressamente approvate per iscritto. Gli interessi di mora vanno calcolati sulla intera rata e quindi anche sulla quota degli interessi corrispettivi.
Questi interessi di mora, così calcolati non possono produrre, però, a loro volta interessi (divieto di capitalizzazione periodica). In tal senso si manifesta, però, una particolare fattispecie di anatocismo legale o “legalizzato” che sfugge al divieto generale di cui all’art. 1283 c.c., a tal punto che gli interessi corrispettivi compresi nella rata di mutuo non pagata possono essere capitalizzati se il contratto lo prevede e producono interessi moratori fino alla data del pagamento;
È vietata quindi la capitalizzazione di tali interessi moratori, siano essi applicati sugli interessi corrispettivi oppure sull’aliquota capitale .
Contratti stipulati dal 01/01/2014 (entrata in vigore della legge 147/2013)
In questa fase, poiché l’art 31 del dl 91 del 2014, che reintroduceva l’anatocismo, non viene convertito dalla legge di Conversione dell’11 agosto 2014, n. 116, l’anatocismo rimane vietato. L’interesse di mora va calcolato sulla sola quota capitale per tutti i contratti esistenti e non esauriti a tale data.
Contratti stipulati dal 01/10/2016 (entrata in vigore della delibera Cicr 03/08/2016 attuativa della l. 49/2016)
Dalla lettura delle due disposizioni emergono altrettante interpretazioni/letture originate dall’apparente contrasto tra le la formulazione del nuovo art. 120 Tub e della delibera Cicr del 03/08/2016 entrata in vigore il 1º ottobre 2016.
Mentre l’art. 120 del Tub, prevedendo che il Cicr stabilisca modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, al comma 1 lett b) dispone che: «gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale», la delibera Cicr del 03/08/2016 fa esplicito riferimento ai rigidi vincoli posti dall’art. 1283 del c.c., affermando: «Agli interessi moratori si applicano le disposizione del c.c.».
Corte di Cassazione, Sez. II Civile, 9 febbraio 2022, con sentenza n. 4078
Questo il primo principio espresso: «In tema di credito fondiario, il mancato pagamento di una rata di mutuo comporta l’obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull’intera rata, inclusa la parte che rappresenta gli interessi di ammortamento».
Come noto, l’art. 1283 c.c. prevede che: «in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi».
In deroga alla previsione codicistica, la pronuncia in esame sancisce il principio secondo il quale, alla risoluzione di un contratto di mutuo fondiario, gli interessi corrispettivi, compresi nella rata di mutuo scaduta possono essere capitalizzati e producono interessi moratori fino alla data del pagamento, e ciò se il contratto lo prevede espressamente.
La Corte ha inoltre sancito un ulteriore principio di diritto secondo cui:
Nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura (…) non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso contrattuale degli interessi.
Pertanto, secondo quanto statuito dalla Suprema Corte, nel corso dello svolgimento del rapporto contrattuale, la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato non può essere qualificata contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto, per il solo fatto del sopraggiunto superamento della soglia.
Inoltre, se il tasso di interesse pattuito inizialmente inter partes supera il tasso soglia usura determinato in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge.
Viene inoltre fissato un importante principio di diritto: ai sensi e per gli effetti dell’art. 14 del dpr n. 71/1976, viene identificata una forma di anatocismo legale, che si sottrae ai principi imposti dal Codice civile, in conseguenza del quale è possibile capitalizzare gli interessi corrispettivi compresi nella rata di mutuo scaduto, qualora lo preveda il contratto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA