Ecco cosa succede se viene pignorata la casa coniugale assegnata al genitore collocatario e come difendersi.
L’assegnazione della casa coniugale è un provvedimento determinato dal giudice per tutelare i figli minori a seguito della separazione dei genitori.
Viene così garantita alla prole la possibilità di continuare a vivere nella stessa abitazione, preservandone il benessere e la stabilità. La casa viene quindi assegnata proprio ai figli, affinché mantengano le stesse abitudini e relazioni sociali, indipendentemente dalla rottura del legame tra i genitori. Ovviamente, i figli minori non possono vivere da soli e pertanto la casa viene abitata dal genitore collocatario, ossia quello che vive stabilmente con i minori, che ha diritto a vivere nell’immobile fintanto che lo ha la prole.
Ciò è particolarmente rilevante quando la casa è dell’altro genitore, che conserva nel frattempo tutti i diritti e i doveri del proprietario, come pure nei casi di comproprietà. Può così accadere che la casa sia sottoposta al pignoramento, per il mancato pagamento delle rate del mutuo o altri debiti del proprietario.
Un’eventualità che preoccupa notevolmente il genitore collocatario, temendo di perdere l’immobile in cui vive con i figli. Considerando l’interesse prioritario dei minori, molti si chiedono allora se l’assegnazione della casa coniugale possa bloccare il pignoramento immobiliare. Non è così, ma possono comunque esserci degli strumenti per tutelarsi.
L’assegnazione della casa coniugale non blocca il pignoramento
Il pignoramento di un immobile viene imposto giudizialmente su richiesta del creditore che vuole soddisfare la propria pretesa.
Di fatto, può essere dovuto a qualsiasi genere di debito, non necessariamente legato alla casa stessa. Molti si trovano in questa situazione spiacevole a causa del mancato pagamento delle rate del mutuo, ma lo stesso può accadere per qualsiasi altro debito non saldato, a maggior ragione quando è stata trascritta un’ipoteca sull’immobile a titolo di garanzia.
In genere, ciò accade per il mancato pagamento di prestiti e finanziamenti. Il pignoramento causato dai debiti viene richiesto dal creditore per la vendita del bene e non può in ogni caso essere impedito dall’assegnazione della casa coniugale. Il diritto di abitazione del genitore e dei suoi figli può essere opposto soltanto ad alcune condizioni e non impedisce comunque né il pignoramento né tanto meno la vendita dell’immobile, ma consente ai beneficiari di continuare ad abitare nella casa familiare finché ne hanno i requisiti.
Cosa succede se viene pignorata la casa coniugale assegnata
Come anticipato, il genitore e i figli possono conservare il diritto di abitazione anche dopo il pignoramento immobiliare e persino in caso di compravendita.
A tal proposito è però necessario che il diritto di abitazione, in altre parole l’assegnazione della casa familiare, sia stato trascritto prima dell’atto di pignoramento e delle eventuali ipoteche.
In questa ipotesi, il creditore può pignorare e vendere l’immobile per soddisfare il debito, ma non può mandare via di casa gli assegnatari né pretendere da loro spese ulteriori non previste. In ipotesi di mutuo non pagato è quindi molto raro che l’assegnazione sia opponibile, proprio perché si parla quasi sempre di un mutuo ipotecario, a meno che la garanzia gravi su altri immobili o l’ipoteca sia stata trascritta dopo l’assegnazione. A tal proposito, si ricorda che l’assegnazione della casa coniugale avvenuta contestualmente alla separazione deve essere ribadita in caso di divorzio.
Se l’assegnazione viene trascritta in un momento successivo rispetto al pignoramento o all’ipoteca il creditore può vendere l’immobile senza vincolo, ignorando il diritto di abitazione della famiglia. Sul punto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione considera però il provvedimento di assegnazione come dotato sempre e automaticamente di data certa, rendendolo opponibile all’acquirente per 9 anni.
In altre parole, il creditore può pignorare e vendere l’immobile, ma chi lo compra non può sfrattare la famiglia per i 9 anni successivi all’assegnazione. La Cassazione tenta così di tutelare l’interesse della famiglia, ma si tratta sempre di una circostanza da far valere in giudizio in caso di opposizione dell’acquirente e non automaticamente dimostrabile. Per questo motivo può essere conveniente provare a raggiungere un accordo e ottenere tempo sufficiente a trovare un’altra sistemazione.
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