Aumento degli stipendi voluto dal ministro del Lavoro: perché e cosa potrebbe succedere

Chiara Esposito

27/04/2022

I dettagli della proposta di Orlando criticata da Confindustria e Sole24ore; ragioni della contrarietà e motivi del Governo per continuare su questa strada.

Aumento degli stipendi voluto dal ministro del Lavoro: perché e cosa potrebbe succedere

Critiche e polemiche piovono sulla proposta del ministro del Lavoro Andrea Orlando di disporre un aumento degli stipendi per i lavoratori. Le aziende non sono concordi per le modalità secondo le quali questa richiesta è stata presentata. Il fronte delle industrie parla di vero e proprio «ricatto» poiché, allo stato attuale della proposta ministeriale avanzata, gli enti che non disporranno l’aumento verranno di fatto esclusi dal sistema di aiuti alle imprese in questa fase di crisi energetica e più in generale delle materie.

Le motivazioni del rappresentante del Governo in quota Pd vengono appoggiate dal segretario di partito Enrico Letta che, inoltre, apostrofa il Sole24Ore. La testata ha infatti riportato in maniera evidente tutti i malumori di Confindustria con quello che l’ex presidente del Consiglio dei ministri definisce un «titolo inaccettabile». Quello che si legge in prima pagina, «Le imprese: no al ricatto del ministro», è di fatto il parere di Carlo Bonomi, presidente della Confederazione generale dell’industria italiana.

Per dar voce a entrambe le fazioni e ricostruire il quadro globale dei pesi e contrappesi che si muoveranno fino al raggiungimento, seppur molto lontano, di un accordo, ricostruiamo la vicenda dal principio.

Perché Orlando chiede l’aumento stipendi?

La proposta sulla quale tanto si discute è stata avanzata sabato dall’esponente dem e vedrebbe gli aiuti alle imprese per i rincari energetici e delle materie prime subordinati al rinnovo e adeguamento dei contratti.

Per Orlando “ora bisogna suonare tutti i tasti del pianoforte, tutti gli strumenti a disposizione - compresa una riflessione sulla contrattazione”. Sul salario minimo interviene dicendo che non si deve mettere da parte il ruolo del sindacato e il principio della negoziazione collettiva e individuale, ma si deve parlare di consapevolezza rispetto a un dato di fatto: il sindacato non arriva ovunque ed è lì che il salario minimo può essere un impulso per future trattative. Il ministro parla insomma di una via che dia tempo al sindacato di adeguarsi allo strumento e integri i procedimenti attuali.

Questo tema d’altronde, ricorda sempre Orlando, va affrontato per rispondere ad una proposta di direttiva che arriva dalla Commissione Ue.

Le imprese dicono no, «ricatto» secondo il Sole24ore

Questa ipotesi è stata vista come un «ricatto» dal Sole 24Ore che ha dato spazio alla linea e alle parole del presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Intervenendo alle celebrazioni per i 50 anni di Confindustria Emilia-Romagna Bonomi ha detto:

«Ministro Orlando non è quella la strada. Dire aiuti alle imprese con aumento salari è un ricatto. Che modo è di porsi da parte di un ministro della Repubblica? È questo il patto che ci proponete? Noi crediamo che sia un’altra strada»

Arriva infatti la controproposta:

«Il vero taglio che dobbiamo fare è quello del cuneo fiscale: questa è equità sociale. Questa è la strada che dobbiamo perseguire».

La precisazione ulteriore vedrebbe gli industriali come «disposti a fare sacrifici ma a una condizione: il Governo apra realmente la stagione del riformismo competitivo. Questo Paese è 20-30 anni che aspetta le riforme. Ci veniva detto che non si potevano fare perché non c’erano risorse. Ora con il Pnrr le risorse ci sono, non ci sono scuse».

Di fronte all’aumento dei costi in breve sintesi «è impensabile che si possano aumentare i salari. Dobbiamo mettere i soldi in tasca agli italiani diminuendo le tasse».

La linea editoriale del Sole24Ore però non dovrebbe stupire: il 60,02% delle quote del gruppo è proprio di proprietà di Confindustria.

Da Letta a Speranza, fronte compatto per Orlando

A dare manforte al ministro del Lavoro ci sono esponenti dell’esecutivo e nomi di spicco del suo fronte partitico. Dopo Letta è intervenuto anche il vicesegretario del Pd Giuseppe Provenzano che sostiene come difendere il lavoro non sia affatto un ricatto. Concordia anche da parte di Debora Serracchiani, capogruppo Pd alla Camera, che bolla l’accusa di Bonomi come incomprensibile.

In coda anche l’appoggio del ministro della Salute Roberto Speranza che ha espresso solidarietà a Orlando tramite un post su Facebook:

«Giusto come non mai lavorare per far crescere i salari. Pieno sostegno al ministro»

Questo sostegno però appare piuttosto scontato poiché la proposta stessa è stata avanzata durante il congresso di Articolo 1, il partito politico di cui Roberto Speranza è segretario.

A questi sostegni «esterni» si aggiunge anche la voce del ministro stesso. La replica alle aspre critiche di Bonomi e sostenitori è stata:

«Ricatto? Ho detto una cosa molto semplice, non ho capito cosa si vuol mettere in questo patto, se significa chiedere qualcosa non è patto, ma patto è se ognuno mette una disponibilità. A me sorprende questa reazione, perché mi dà l’idea di una inconsapevolezza di quello che si può produrre nel Paese nei prossimi tempi. Noi rischiamo una caduta della domanda interna. Di questo le imprese si dovrebbero preoccupare».

Questa risposta è giunta alle orecchie dei cittadini durante un intervento del ministro all’Agorà «Retribuzioni giuste» in corso al Nazareno e s’impernia sulla convinzione secondo la quale «senza aumento salari ci sarà una crisi sociale».

Commentando infine il titolo di apertura del quotidiano economico di mercoledì 27 aprile Orlando ha precisato:

«Io ho detto che nel momento in cui c’è una situazione drammatica dei salari il patto può essere che a fronte di un supporto alle imprese loro si impegnano a un rinnovo e a un adeguamento dei salari, non mi sembra una cosa eversiva, ma il Sole24Ore vuole lesinare sui salari e non sui titoli».

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