Pensioni, facciamo i conti all’aumento promesso e atteso a ottobre: siamo lontani dai 200 euro riconosciuti a luglio. Ecco perché l’incremento potrebbe essere impercettibile.
L’aumento delle pensioni riconosciuto grazie all’anticipo della rivalutazione potrebbe essere impercettibile. Basta fare qualche rapido calcolo, infatti, per rendersi conto che i vantaggi per la pensione netta saranno di poche decine di euro, sicuramente non sufficienti per far fronte alla perdita del potere d’acquisto causata dall’inflazione.
D’altronde, con l’anticipo della rivalutazione le pensioni vengono aumentate di appena il 2%, mentre a oggi il tasso d’inflazione si attesta intorno all’8%. Senza dimenticare poi che l’aumento di calcola sul lordo; su questo, quindi, vanno considerate le imposte.
Ecco perché fin da subito i sindacati si sono detti contrari alla percentuale del 2%, ritenendola insufficiente per dare un reale supporto ai pensionati. Va detto, comunque, che la compensazione della perdita d’acquisto delle pensioni registrata nel 2022 è solamente rimandata: già a gennaio 2023, infatti, è attesa una seconda rivalutazione, con la quale gli assegni verranno aumentati tenendo conto del tasso effettivo d’inflazione accertato dall’Istat (dal quale verrà sottratta la percentuale anticipata a ottobre).
Pensioni: aumento del 2% da ottobre
A partire dal cedolino di ottobre, e fino a dicembre (tredicesima inclusa), l’importo delle pensioni viene aumentato del 2%, ma solo per coloro che hanno un trattamento lordo non superiore a 2.692 euro lordi.
Ciò significa che al massimo spetta un incremento di 54 euro circa: ricordiamo che si tratta di una cifra lorda, quindi l’importo che di fatto entrerà nelle tasche del pensionato è persino più basso, in quanto sarà di circa 33 euro. Considerato su quattro mensilità - ottobre, novembre, dicembre e tredicesima - ne risulta quindi un incremento di circa 132 euro, molto meno del bonus 200 euro riconosciuto a luglio.
E ancora peggio va a chi ha una pensione d’importo più basso: con 2.000 euro lordi, ad esempio, l’aumento è di 40 euro lordi, circa 27 euro netti e 108 euro complessivi da qui a fine anno. E ancora, per una pensione di 1.500 euro l’aumento garantirà 30 euro in più al mese, lordi, mentre al netto si tratta di 20 euro, 80 euro totali.
Infine, per chi ha una pensione di 1.000 euro, l’aumento sarà di 20 euro al mese, circa 14 euro netti e appena 56 euro calcolati su quattro mensilità. Specialmente per chi prende un assegno d’importo non elevato, quindi, l’aumento finanziato dal decreto Aiuti bis potrebbe essere quasi impercettibile.
Pensioni: anche il conguaglio sarà impercettibile
Tra le misure volte a favorire l’aumento delle pensioni, e a contrastarne la perdita del potere d’acquisto, finanziate dal decreto Aiuti bis c’è anche il conguaglio per il calcolo della perequazione delle pensioni per l’anno 2021, il quale viene anticipato all’1 novembre 2022.
Nel dettaglio, ai pensionati verrà riconosciuto un ulteriore incremento dello 0,2%, percentuale risultante dalla differenza che c’è tra il tasso di rivalutazione applicato l’1 gennaio scorso, pari all’1,7%, e quello definitivo accertato dall’Istat, pari all’1,9%.
Con il cedolino di novembre, dunque, verrà riconosciuta tale differenza per tutte le mensilità già erogate nel 2022, quindi da gennaio a novembre. Undici mensilità ma a fronte d’importi irrisori.
Su una pensione di 2.000 euro, infatti, l’aumento dello 0,2% garantirà un aumento di appena 4 euro lordi, 44 euro di arretrati considerando le undici mensilità. Per una pensione di 1.500 euro, invece, 3 euro lordi, 33 euro complessivi (sempre lordi); per chi prende 1.000 euro di assegno, invece, l’aumento è di appena 2 euro, 22 euro di arretrati per l’intero periodo.
E va ricordato che per le pensioni che superano un certo importo il conguaglio sarà solamente parziale. Tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo, appena sopra i 2.100 e sotto i 2.600 euro, infatti, la rivalutazione è al 90%: ciò significa che il conguaglio per una pensione di 2.500 euro l’incremento sarà dello 0,18%, mentre sopra tale soglia, per cui la rivalutazione è ridotta al 75%, è dello 0,15%.
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