Aumento di 700 euro ma la busta paga è più bassa, la scoperta shock di un lavoratore

Patrizia Del Pidio

20/02/2024

In alcuni casi particolari, un aumento dello stipendio anche corposo, non da nessun beneficio sulla busta paga. Come nel caso della lavoratrice che ci racconta la sua scoperta sconvolgente.

Aumento di 700 euro ma la busta paga è più bassa, la scoperta shock di un lavoratore

Quando il datore di lavoro annuncia un aumento di stipendio è sempre una gioia per il lavoratore dipendente, che inizia a pregustare le somme maggiori che avrà a disposizione. Quando però, nonostante l’aumento promesso la busta paga si abbassa è sicuramente uno shock per il lavoratore che non riesce a spiegarsi cosa possa essere successo.

È il caso di una lavoratrice dipendente, abbastanza intraprendente, a cui il datore di lavoro riconosce un aumento di 700 euro, ma si ritrova con una busta paga addirittura più bassa rispetto al mese precedente. Una situazione paradossale che non riesce a spiegarsi, ma che per molti versi potrebbe riflettere quello che accade a moltissimi altri dipendenti, magari anche con aumenti meno corposi.

L’aumento promesso non porta i risultati sperati

Assunta nel 2023, la donna svolge molto bene il suo lavoro in un’azienda privata e per premiarla della sua dedizione, il datore di lavoro a inizio 2024 gli riconosce un aumento di stipendio molto corposo, di 700 euro lordi, senza rendersi conto delle conseguenze che questo avrebbe avuto per la busta paga.

La retribuzione di fatto passa dai quasi 2.300 di dicembre a quasi 3.000 euro di gennaio.

L’aumento c’è, è reale e influisce anche sulla retribuzione oraria della donna e sul lordo in busta che aumenta da 2.600 euro di dicembre a 3.100 euro di gennaio. A essere sconvolgente, però, è il netto in busta che si abbassa addirittura non «recependo» minimamente il corposo aumento.

Perché la busta paga si abbassa?

Il primo elemento da valutare è il taglio al cuneo fiscale che, proprio a causa dell’aumento che porta la retribuzione annua al di sopra dei 35.000 euro entro i quali è riconosciuto. Nella busta paga, confrontandola con quella del mese precedente, quindi, viene meno l’esonero contributivo Ivs previsto dalla Legge 234 del 2021 che ammontava a 140 euro al mese circa.

L’aumento, inoltre, porta a un taglio delle detrazioni da lavoro dipendente spettanti che si abbassano, determinando un aumento dell’Irpef dovuta. Da considerare, inoltre, che con l’aumentare della retribuzione sale anche la quota di contributi Ivs a carico della donna (che è pari al 9,19%).

In ultimo va considerato che dalla busta paga di gennaio alla dipendente sono state inserire le addizionali regionali e comunali che lo scorso anno, essendo il primo di assunzione, non erano previste.

Pur salendo la retribuzione di fatto a quasi 3.000 euro, con una retribuzione lorda di 3.100 euro, quindi, le trattenute in busta paga superano i 900 euro e, di fatto nullificano il corposo aumento ricevuto, portando la retribuzione netta a essere di poco inferiore a quella del mese precedente.

Il paradosso dell’aumento

Se l’aumento fosse stato di importo minore la donna non solo ne avrebbe visto, in parte, i benefici, ma avrebbe continuato a fruire del taglio al cuneo fiscale che portava nella sua busta paga circa 140 euro (a cui si sarebbero aggiunti anche gli importi derivanti dall’aumento).

Questo appare come un paradosso visto che per avere una busta paga più alta, in questo caso, era necessario riconoscere un aumento più basso che facesse restare la retribuzione lorda annua al di sotto dei 35.000 euro.

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