L’ayahuasca è diventata una sostanza illegale in Italia, un ulteriore passo del governo italiano verso la proibizione di sostanze. Ma cos’è l’ayahuasca e quali sono gli effetti dopo l’assunzione?
Il ministero della Salute ha deciso di inserire l’ayahuasca tra le sostanze stupefacenti all’interno della “tabella I” delle droghe. La decisione è stata presa il 23 febbraio, in seguito all’analisi di dati internazionali che alcuni considerano discutibili. Infatti l’aggiunta dell’ayahuasca tra le sostanze stupefacenti è dovuta in seguito alla segnalazione di 5 casi nel corso di due decenni. Per chi tratta la tematica della cura tramite sostanze naturali e per chi fa parte di una religione che usa l’ayahuasca nei propri riti, i 5 casi di intossicazione alla sostanza rappresentano la prova della suo essere innocua, considerando un confronto con sostanze legali quali vino e sigarette e la percentuale di decessi che causano.
Definire l’ayahuasca una droga è un errore, per quanto ora sia considerata come tale. In realtà la storia della sostanza è antica e fa parte della cultura amazzonica. Il decotto, composto da due piante, viene inoltre utilizzato all’interno di diversi riti religiosi.
Sono gli effetti della sostanza ad averla avvicinata all’immaginario delle sostanze stupefacenti, visto che una volta assunta questa fa provare delle sensazioni e delle visioni simili a sostanze allucinogene come l’LSD. La cultura amazzonica utilizza tale sostanza per legarsi alla natura, al mondo degli spiriti e come cura per disturbi depressivi. Studi moderni hanno dimostrato che l’ayahuasca ha effetti benefici per alcune malattie mentali molto diffuse, come appunto la depressione, ma soprattutto che non provoca dipendenza, come invece dovrebbero fare le sostanze inserite nelle tabelle del Testo Unico sulle droghe (i medicinali, l’alcool o le sigarette al contrario generano dipendenza).
L’utilizzo dell’ayahuasca non è molto diffuso, soprattutto non al di fuori del culto e delle cerimonie organizzate. L’inserimento della sostanza e delle piante da cui viene estratte nella tabella delle sostanze stupefacenti la rende illegale in Italia e ne demonizza l’uso anche a scopi religiosi.
Che cos’è l’ayahuasca: leggenda e storia della “medicina” dell’Amazzonia
La parola “ayahuasca” è di origine quechua, lingua comune alle popolazioni di Perù e Bolivia e significa “Corda che collega il mondo dei vivi con il mondo degli spiriti” o, più comunemente, “la liana dei morti”. Secondo la leggenda l’origine della sostanza è magica. Si narra infatti che un uomo del cielo e una donna della terra di sposarono e alla morte giurarono di aiutare gli esseri umani a guarire. Si racconta che sulla tomba dei due sposi nacquero proprio le piante necessarie per la creazione dell’ayahuasca.
L’ayahuasca è una sostanza che si presenta liquida e viene ingerita come bevanda durante delle specifiche cerimonie. La bevanda si ottiene dalla lunga cottura di due piante ben note nella cultura amazzonica per il loro utilizzo in campo curativo da almeno due millenni. Si tratta della liana Ayahuasca (Banisteriopsis caapi) e delle foglie di Chacruna (Psychotria viridis). Queste piante contengono principi attivi presenti anche nel cervello umano, nella ghiandola pineale. Oltre all’DMT infatti si trovano anche l’armina e l’armalina. Quest’ultima viene prodotta dal cervello durante la fase REM del sonno e proprio per questo gli effetti dell’ayahuasca vengono spesso descritti come un “sogno a occhi aperti”.
L’ayahuasca non ha una sola preparazione, nel corso della storia e in diversi luoghi è stata modificata, tanto che oggi se ne contano 700 diverse tipologie. Alcuni sciamani aggiungono Datura, Mapacho (tabacco naturale) o foglie di Coca. Le diverse preparazioni cambiano il nome della sostanza, in Brasile si chiama Caapi, in Colombia Yage e in Ecuador Natema, in alcune zone dell’Amazzonia infine viene chiamata Abuela, cioè La nonna.
Quali sono gli effetti dell’ayahuasca?
Sono proprio gli effetti dell’ayahuasca ad averla messa nel mirino dei proibizionisti. Infatti l’ayahuasca causa delle visioni che sono state raccontate come espansioni di coscienza, iper/inter-connessioni con il tutto, con la natura e con gli altri esseri viventi. Tali effetti sono dovuti alle sostante che imitano la funzione del neurotrasmettitore serotonina, importante per la regolazione dell’umore. Il DMT, allucinogeno, è reso illegale in molti Paesi, anche se è già presente nel corpo umano.
Bisogna sottolineare che l’ayahuasca non è una droga da sballo, cioè non causa dipendenza o astinenza. Un discorso molto più comune invece per determinati medicinali. L’ayahuasca ha però la colpa di agire sulla mente, di causare visioni e, in alcuni casi, far provare effetti quali stati di ansia per via dell’esperienza allucinogena provata.
Perché l’ayahuasca è diventata illegale: le motivazioni dell’Italia
La decisione di inserire l’ayahuasca nella tabella delle sostanze allucinogene la rende illegale. Sulla scia della decisione della Francia, anche l’Italia si fa più restrittiva sull’uso della sostanza e delle piante che servono per crearla. Un approccio proibizionista che prosegue quello della bocciatura del referendum popolare per la legalizzazione della cannabis.
Secondo quanto riportato in Gazzetta Ufficiale, il ministero della Salute ha preso la decisione basandosi sulle segnalazioni internazionali. Infatti ci sono state 5 segnalazioni di intossicazione al Sistema Nazionale di Allerta Precoce sulle Droghe e questi sono bastati per inserire la sostanza in tabella.
Da questo momento la coltivazione, l’estrazione dei principi attivi, la cessione o la detenzione non per uso personale dell’ayahuasca determinano una condanna dai 6 ai 20 anni di carcere. Questo anche se, come spiega Riccardo Zerbetto, psichiatra e psicoterapeuta, consulente del Ministero della Sanità in tema di Tossicodipendenze e Psichiatria: [...] “il riferimento ai soli 5 casi di intossicazione correlati all’assunzione di armina, il primo nel 2011 ed il secondo nel 2018, segnalati dal Centro antiveleni di Pavia suonano più a sostegno della innocuità di questa sostanza che non della sua rilevanza tossicologica”.
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