Il mercato azionario è sceso molto, ma questo non vuol dire che ora sia economico. Nuovi ribassi sono ancora possibili.
L’indice S&P500 ha segnato un -25% circa dai massimi di inizio anno. Una discesa sicuramente rilevante e che storicamente potrebbe essere un «Bear Market» sufficiente a ripulire tutti gli eccessi del periodo precedente.
I primi sei mesi dell’anno che vanno da gennaio a giugno sono poi stati i peggiori dal 1970 e questo sarebbe senz’altro un ottimo segnale contrario che potrebbe spingerci a comprare.
Eppure, anche considerando tutto questo, potrebbe essere ancora troppo presto per aspettarsi un nuovo rialzo delle azioni.
Le valutazioni non sono poi così economiche
Abbiamo detto di un calo del 25% da inizio anno del mercato americano e della possibilità che questo possa essere stato sufficiente a ripulire gli eccessi dei rialzi dell’ultimo decennio. Purtroppo, dati alla mano non è così.
Il rapporto prezzo-utili (P/E) dell’indice S&P500 è attualmente poco sopra quota 19, a fronte di una media storica intorno a 16. Insomma, forse il multiplo degli utili non è elevato come qualche mese fa, ma sicuramente non è a un livello per cui si possa considerare «a sconto».
Non solo, ma anche altre metriche non evidenziano ancora un mercato economico.
Ad esempio, il rapporto prezzo-vendite (P/S) è pari a circa 2,2, addirittura poco sotto il valore che aveva a marzo 2000, poco prima del crollo dei mercati e in una situazione che, allora, era considerata di ottimismo eccessivo.
Le alte valutazioni sono sempre meno giustificate dai tassi
I mercati azionari hanno avuto valutazioni molto elevate da molti anni, eppure questo non ha impedito loro di crescere.
Tuttavia, questa analisi si perde un pezzo del «puzzle» e cioè il fatto che, sempre negli ultimi anni, abbiamo avuto una situazione anomala sul fronte dei tassi.
Infatti, mai nella storia i rendimenti obbligazionari erano stati bassi come negli ultimi 5 anni e mai erano arrivati a essere negativi.
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Quanto possono salire i tassi?
Quando un impiego di denaro in un’obbligazione a 5 o 10 anni rende zero o, addirittura, dobbiamo pagare noi, è chiaro che l’incentivo a comprare bond è minimo. Di fatto, non c’è stata alternativa a investire in azioni.
Ora, però, la situazione non è più questa. Ora il bond decennale a 10 anni rende negli USA oltre il 4%. Un livello non lontano dalla media storica e molto più alto della media degli ultimi 20 anni.
In questo momento l’investimento obbligazionario è molto competitivo e i multipli azionari troppo elevati sono sempre meno giustificati.
La Fed non aiuterà
Negli anni passati la principale spinta per i mercati azionari è stata la politica espansiva di FED, BCE e delle altre Banche Centrali.
Ma questa volta la Fed non aiuterà. Le ultime dichiarazioni sono state chiare, il nemico principale ora non è la possibile recessione, ma l’inflazione. Finché questa non sarà sotto controllo, la Fed non smetterà di alzare i tassi.
In ultima analisi, prima che la Fed torni espansiva probabilmente dovremo vedere il tasso di riferimento sopra il tasso di inflazione (o comunque vicino). Attualmente il target della Fed è la fascia 3-3,25%. Ma questo tasso è ancora molto lontano dall’8% del tasso di inflazione. Inflazione che sicuramente scenderà, ma non arriverà al 2-3% dall’oggi al domani. In altre parole, il target del 3-3,25%, che è già sopra il livello attuale, potrebbe essere rivisto al rialzo e arrivare fino al 4%.
Quindi no, nell’immediato la Fed non andrà incontro al mercato azionario, anzi.
Sperare per il meglio, ma prepararsi al peggio
Per noi investitori questo significa che potremmo dover stringere i denti ancora per un po’.
Per chi guarda a lungo termine ed ha nervi saldi, non c’è nulla di sbagliato ora a iniziare (o proseguire) un piano di accumulo di lungo periodo, che abbracci 5 o più anni. Potremmo non essere al minimo, ma le valutazioni sono oggi più buone di un anno fa e nel tempo questi acquisti dovrebbero premiare.
Ma per chi cerca risultati immediati o non ha la giusta tolleranza al rischio, adesso non dovrebbe esagerare con l’esposizione azionaria, perché quelli attuali potrebbero non essere i minimi.
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