Carige si dice pronta alla fusione, ma le banche italiane le voltano le spalle. Ubi e Banco BPM hanno già chiarito: nessuna operazione in vista con la ligure.
Nei piani di Banca Carige c’è una fusione, ma con chi?
Una domanda più lecita che mai soprattutto alla luce delle reazioni provocate dalle recenti dichiarazioni di Raffaele Mincione, socio al 5,4% della ligure e, secondo indiscrezioni, pronto a portarsi oltre il 9,9%.
Secondo l’investitore le attuali condizioni macroeconomiche rendono «anacronistico» continuare a pensare in ottica solitaria e indipendente. L’idea è quella del consolidamento del sistema bancario da perseguire tramite fusioni e acquisizioni.
Ci si chiede però chi potrebbero essere i potenziali partner di Banca Carige, recentemente colpita da un vero e proprio esodo di figure apicali che l’hanno portata sotto la lente della BCE.
Chi corre a smentire la fusione con Carige
Diversi i nomi citati da Mincione (che ha comunque smentito l’ipotesi di un’operazione al di fuori dei confini nazionali) tra cui BPER Banca, Credem e non solo.
“Ora a un mese dall’assemblea e come ipotesi di scuola vedo le opzioni Banco Bpm e Ubi ben posizionate e affiancate”,
ha affermato nel corso di un’intervista rilasciata a Milano Finanza.
Immediata e forse inaspettata la reazione dei due istituti di credito, che hanno repentinamente escluso qualsiasi tipo di operazioni di fusione con Banca Carige.
Ubi Banca, dal canto suo, ha brevemente commentato le ipotesi di aggregazione definendole assolutamente infondate, mentre smentite sono giunte anche dall’istituto nato dalla fusione tra BPM e Banco Popolare.
Tutti gli occhi saranno ora puntati al prossimo 20 settembre, giorno in cui l’assemblea di Carige voterà il nuovo Cda si prevede non senza discussioni. I contrasti tra Fiorentino e Malacalza hanno già lasciato intravedere un clima incandescente.
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