A dispetto della promozione ottenuta negli stress test, oggi i big del credito a Piazza Affari quotano in rosso. Diverse le motivazioni che stanno facendo ripartire le vendite.
Avvio di settimana con il segno meno per il listino milanese, in rosso dello 0,41% a 19.311 punti. Come da copione, ad influenzare la direzionalità di Piazza Affari è il comparto bancario dove i big coinvolti negli stress test scambiano tutti sotto la parità (-2,17% per Intesa Sanpaolo, -1,05% di UniCredit, -1,54% di Banco BPM e -1,13% di Ubi).
Nello scenario avverso dei test EBA (European Banking Authority), l’impatto l’indice di solidità patrimoniale è risultato per tutte maggiore della soglia minima del 5,5% al 2020: prima è risultata Intesa, con un CET1 al 9,66%, UniCredit ha visto il dato attestarsi al 9,34%, Ubi al 7,46 e Banco BPM al 6,67 per cento.
Risultati da prendere con le pinze
Va rilevato, da qui i segni meno sulla piazza milanese, che le promozioni ottenute dagli istituti del Bel Paese vanno prese con le pinze. Questo perché da un lato le prove dell’accoppiata EBA-BCE forniscono un quadro datato della situazione italiana: riferendosi a fine 2017 i test ad non tengono conto del balzo dello spread, che, in versione “stressata” è stato ipotizzato a 220 punti, un dato decisamente migliore rispetto ai 293 pb di questa mattina.
Ma non è solo la percezione del rischio Italia a rendere il contesto differente, ad essere cambiato è anche il quadro macroeconomico in cui gli istituti si trovano ad operare. Nel terzo trimestre il Pil tricolore non ha fatto registrare variazioni rispetto ai tre mesi precedenti e uno degli indicatori macro più importanti, il PMI manifatturiero, ad ottobre è sceso sotto quota 50 punti (quella che separa espansione e recessione dell’attività economica), a livelli che non si vedevano da quasi quattro anni. Il manifatturiero italiano potrebbe diventare, ha commentato Amritpal Virdee, economista di IHS Markit, “un freno per la crescita dell’intera economia durante l’ultimo trimestre del 2018”.
Inoltre, a complicare il quadro, c’è lo stato di salute generale del sistema bancario. Se le quattro maggiori hanno passato le prove, la situazione dell’intero settore potrebbe essere più problematica per gli istituti minori, alle prese con complessi interventi di rafforzamento patrimoniale, cessioni di NPL a saldo e piani di ristrutturazione. Per alcune, basti citare Carige, la situazione è particolarmente articolata.
Bocciature per Intesa e BPER
Non a caso venerdì scorso Goldman Sachs ha ridotto la stima di utile per azione delle grandi banche del 10% e il dato relativo le piccole di un quarto. Il settore, rileva GS, si troverà a fronteggiare un rallentamento nella crescita degli impieghi, maggiori costi di raccolta e la fine del sostegno finora fornito dalla Banca Centrale Europea.
Per quanto riguarda le valutazione sui singoli istituti, bocciatura a “vendere” per Intesa Sanpaolo e per BPER (che perde circa il 4%). In calo anche i target di prezzo, a 1,95 euro per ISP e a 3 euro nel caso di BPE. Per quanto riguarda il primo istituto italiano, a pesare, stando allo studio, sarà proprio l’impatto del deterioramento del quadro economico. Valutazione “comprare” invece confermata su UniCredit, su cui il target scende però da 19,7 a 17,2 euro.
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