Le ultime stime indicano che, rispetto a cinque anni fa, il tempo medio di attesa per la consegna dei chip necessari per i sistemi di sicurezza bancaria informatica è passato da 27 a 52 settimane
Gli effetti della crisi dei semiconduttori stanno diventando sempre più evidenti. Il suo impatto sul mercato automobilistico è sotto gli occhi di tutti ormai da due anni e gli appassionati di videogiochi sanno bene quanto abbia reso difficile mettere le mani su una PlayStation 5 o una Xbox Series X. Per non parlare dell’impennata dei prezzi legati ai componenti per PC, come le GPU. C’è però un settore sul quale le conseguenze della scarsità dei semiconduttori sono diventate evidenti solo da poco: quello dei bancomat, delle carte di credito e delle carte di identità elettroniche. L’Italia ha già annunciato che fino almeno fino al 2024 quest’ultime saranno prodotte senza microchip e non consentiranno dunque l’accesso ai servizi online.
Le cause della crisi dei semiconduttori
Da cosa è causata questa crisi? Ci sono vari fattori. In primo luogo, è opportuno precisare che la difficoltà a produrre i semiconduttori è iniziata nel 2020 a causa dei lockdown legati all’emergenza Covid-19, ma è stata aggravata da altri eventi che hanno avuto un profondo impatto sull’economia globale, come la guerra commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina, il conflitto tra la Russia e l’Ucraina, la siccità a Taiwan e il mining delle criptovalute, che si sta intensificando sempre di più. Gli esperti stimano che la scarsità dei microchip resterà un problema almeno fino al 2023 inoltrato, se non oltre.
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In generale, bisogna tenere presente che la Cina detiene il quasi monopolio nella produzione dei microchip e che quindi qualsiasi sconvolgimento sociopolitico che la riguarda tende a ripercuotersi sull’intero settore. La sua politica “zero Covid” ha causato non pochi rallentamenti nell’industria e ha reso i rapporti commerciali con gli altri Paesi del mondo più complicati da gestire.
Le ultime stime indicano che, rispetto a cinque anni fa, il tempo medio di attesa per la consegna dei chip necessari per i sistemi di sicurezza bancaria informatica è passato da 27 settimane a 52 settimane. La domanda è sempre più alta dell’offerta e, secondo quanto riferito dalle aziende della filiera di approvvigionamento, la situazione non cambierà tanto presto.
Il peso della guerra in Ucraina
Il ruolo della Cina in questa crisi è piuttosto chiaro. Non solo è la principale produttrice di microchip al mondo, ma ha anche il quasi monopolio delle terre rare, termine con cui si indicano elementi chimici come il Cerio, il Lutezio, l’Erbio, l’Europio e lo Scandio, essenziali per la produzione dei moderni dispositivi elettronici (come gli smartphone). Risulta forse meno intuitivo comprendere l’impatto dell’invasione dell’Ucraina sulla scarsità dei semiconduttori. Per avere un quadro più chiaro della situazione, bisogna tenere presente che il Paese è uno dei principali esportatori di C4F6 e di neon, un gas necessario per l’incisione laser dei wafer di silicio con cui si costruiscono i chip. Inoltre, la produzione del Palladio, un’altra materia prima indispensabile per questa industria, si svolge per il 45% in Russia.
La strada verso l’indipendenza dalla Cina
Vista la situazione attuale, non si può che considerare provvidenziale l’approvazione del “Chip Act”, ottenuta da Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea, pochi giorni prima dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Si tratta di un investimento tra i 43 e i 45 miliardi di euro per la produzione di semiconduttori in Europa. Von der Leyen aveva spiegato che la cifra era composta da “15 miliardi di investimenti pubblici e privati aggiuntivi entro il 2030, che si vanno a sommare ai 30 miliardi già previsti da Next Generation Eu, da Horizon Europe e dai bilanci nazionali”. Tuttavia, per vedere questi investimenti dare i loro frutti sarà necessario armarsi di pazienza.
Potranno senz’altro evitare che in futuro il Vecchio Continente si ritrovi in una situazione simile, ma non aiuteranno a risolvere la crisi attuale. Lo stesso discorso vale per i 700 milioni di euro che nell’autunno del 2021 il governo italiano ha messo a disposizione delle imprese produttrici di microchip. Nonostante queste iniziative, la strada da fare per rendersi indipendenti dalla Cina si prospetta tutt’altro che breve. Per rendersene conto è sufficiente pensare al fatto che, secondo un rapporto pubblicato da Asml, la capacità produttiva nei semiconduttori dell’Ue è passata dal 24% mondiale del 2000 all’attuale 8%. Un calo tutt’altro che incoraggiante.
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