La Bce ha confermato un rialzo dei tassi da 50 punti base e, probabilmente, è pronta a continuare con la politica monetaria piuttosto aggressiva: cosa cambia per l’economia italiana?
La Bce conferma la necessità di aumentare i tassi di interesse nella riunione del 2 febbraio: cosa comporta un rialzo del costo di finanziamento di altri 50 punti base? E cosa cambia, anche per l’Italia, con ulteriori incrementi molto probabili nei prossimi mesi?
Farsi queste domande è più che lecito in questo momento storico così complesso e ostico. Con l’inflazione che vede solo parzialmente un calo, visto che l’indice core resta elevato, e le previsioni di crescita in balia di continui aggiornamenti solo lievemente più ottimistici, le mosse delle banche centrali sono osservate attentamente.
Dall’Italia in primis. I timori di nuove scosse nel mercato del debito a causa dell’aggressività di Francoforte sono molto sentiti dal Governo Meloni, che più volte ha espresso critiche all’approccio così severo di Lagarde, anche nella comunicazione.
Inoltre, tassi di interesse più alti colpiscono consumatori e imprese in diversi modi, dalle rate del mutuo agli oneri da pagare per ottenere prestiti.
L’aumento dei tassi di 50 punti base di febbraio sarà seguito da un altro a marzo, cosa può cambiare per l’Italia?
Mutui e mercato immobiliare: terremoto in arrivo?
Da quando la Bce ha iniziato ad aumentare i tassi di interesse, i primi effetti si sono palesati proprio sui mutui. Nello specifico, sulle rate mensili che i cittadini compratori della prima casa sono chiamati a pagare: il balzo è stato elevato. Il mutuo a tasso variabile è diventato meno conveniente di quello a fisso, anch’esso comunque più oneroso.
Ora ci si aspetta che le rate aumentino ancora, come ha analizzato proprio su Money.it il professore Salvatore Giuffrida, ipotizzando “pesanti per le famiglie perché il rincaro si somma all’impoverimento generale, tra crisi energetica e inflazione.”
Con un rialzo dei tassi di interesse della Bce di 50 punti base, stando alle simulazioni di Facile.it, la rata del finanziamento medio potrebbe salire fino a 35 euro ogni trenta giorni. In circa un anno, quindi, chi paga il mutuo potrebbe sborsare 200 euro in più, ovvero il 43% aggiuntivo alla somma iniziale. Con ulteriori incrementi dei tassi nei prossimi mesi, che quasi sicuramente ci saranno, il mutuo può diventare più oneroso di 255 euro.
Il tutto, oltre a pesare fortemente sui redditi già precari degli italiani, erosi da prezzi al consumo e da bollette in crescita, può sconvolgere il mercato immobiliare.
Secondo Giuffrida, nel mercato immobiliare “la domanda è legata a un allentamento dei tassi di interesse, quindi se aumentano le rate si comprano meno case, le transazioni sono minori e l’effetto è potenzialmente recessivo.
Frenata negli investimenti per le imprese
Aumentare sempre di più il costo del denaro significa rendere più oneroso per le imprese chiedere prestiti alle banche, che esigeranno tassi maggiori.
Le banche dell’Eurozona hanno limitato l’accesso al credito delle imprese al massimo dalla crisi del debito del 2011 e si aspettano di continuare a farlo mentre diventano più pessimiste sull’economia a causa dell’aumento dei costi dei prestiti.
Tuttavia, anche la domanda di prestiti da parte di imprese e famiglie è diminuita per gli stessi motivi, con il calo della richiesta di mutui più grande mai registrato, ha mostrato la Bank Lending Survey trimestrale della Bce.
Cosa cambia, quindi, con un ulteriore incremento di 50 punti base dei tassi di interesse? Per le imprese, anche quelle italiane, questo andamento può tradursi in minori investimenti, ovvero meno crescita. In tempi più lunghi potrebbe anche portare a una produzione stagnante e a una maggiore disoccupazione. Un segnale non incoraggiante considerando che c’è molta incertezza già ora, con industrie colpite da bollette energetiche stratosferiche e l’ombra della recessione sempre in agguato.
Risparmiare conviene?
Con una politica di tassi di interesse in crescita, salgono anche i tassi sui risparmi. Lasciare i soldi nei libretti di risparmio, infatti, potrebbe portare a dei guadagni. Tuttavia, le contingenze non sono del tutto favorevoli.
Da una parte, infatti, i risparmi stessi valgono sempre meno con l’inflazione così elevata e spesso sono utilizzati per far fronte a spese non più coperte dallo stipendio.
Dall’altra, occorre considerare che mantenere soldi nei depositi per ottenere tassi più alti, significa anche ridurre i consumi e frenare l’economia. Questo è proprio un obiettivo della Bce, poiché aiuta a limitare la domanda e quindi i prezzi. Ma può anche generare un rallentamento economico.
Debito pubblico sempre più oneroso
Una delle maggiori fragilità italiane è la sostenibilità del suo debito. Con tassi di interesse più alti, lo Stato si troverà costretto a pagare oneri sugli interessi ai creditori più salati, gravando sui conti pubblici.
Mosse aggressive della Bce, inoltre, possono scuotere il mercato del debito, con rendimenti dei Btp in rapida crescita che vanno a intaccare la fiducia dei risparmiatori nel sistema Italia. Il titolo di Stato decennale rende già oltre il 4% e un balzo dello spread, per esempio, di 100 punti può innescare una spesa pubblica di 19 miliardi in più in tre anni: 2,5 miliardi nel 2023, 6,7 miliardi nel 2024, 10,1 miliardi nel 2025, stando a studi di fine anno dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb).
C’è da aggiungere anche che la banca centrale sta per avviare il Quantitative Tightening, ovvero sta per agire con il rafforzamento quantitativo. Questo significa che vende titoli di stato o li lascia maturare, rimuovendoli dai propri saldi di cassa.
Euro più forte del dollaro?
I movimenti valutari sono anch’essi interessanti e da osservare. Una Bce aggressiva e con l’intenzione di aumentare i tassi ancora per molto - e forse in modo maggiore della Fed in questo momento - può far apprezzare l’euro sul dollaro.
Una moneta unica che vale di più si traduce in importazioni convenienti rispetto alle esportazioni. Tuttavia, bisogna anche calcolare gli effetti che un approccio falco della Bce può alimentare, ovvero una recessione. Se l’Eurozona è vista più debole nella crescita rispetto agli Usa, l’euro si indebolisce, con l’import che diventa più costoso. Non sarebbe un buon segnale, considerando anche gli acquisti di Gnl dagli Stati Uniti in questo periodo.
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