Beko sulla via del rilancio grazie a un primo importante accordo: in 6 punti, ecco cosa prevede il piano che diminuisce gli esuberi ed evita chiusure in Italia.
La storia industriale di Beko potrebbe rinascere dopo le pessime prospettive del novembre scorso: dirigenza e Mimit, infatti, hanno trovato un’intesa per scongiurare i quasi 2.000 esuberi e riavviare la produzione in alcuni siti importanti in Italia.
La promessa sul tavolo è di nuovi investimenti da parte dell’azienda e dell’acquisizione del sito toscano destinato alla chiusura grazie all’accordo di nuovi soggetti.
In attesa di vedere concretizzate queste costruttive proposte, facciamo un passo indietro. La crisi Beko è esplosa nell’inverno scorso. Il declino del settore elettrodomestici, manifestatosi in questi ultimi tempi in Europa, ha coinvolto anche l’azienda nata appena un anno fa dalla joint venture tra l’americana Whirlpool e la turca Arçelik, società madre di Beko.
Inizialmente, la dirigenza aveva palesato un quadro desolante sul futuro aziendale: ridimensionamento dei profitti e dei piani di produzione e, soprattutto, dei progetti negli stabilimenti in Europa e in Italia. Domanda in calo da parte dei consumatori e una crescente concorrenza asiatica sono state additate come principali cause di un tale arretramento.
La pressione del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, però, ha portato i suoi frutti: per Beko si può parlare di una rinascita produttiva. Ecco il piano di rilancio in 6 punti.
Beko verso il rilancio? Il piano in 6 punti
La salvezza degli stabilimenti Beko in Italia e, soprattutto, della maggior parte dei lavoratori in essi impiegati passa attraverso un piano di rilancio presentato al tavolo del Mimit dopo estenuanti trattative.
In sostanza, le parti sociali in rappresentanza dei lavoratori (Fim, Fiom, Uilm, Uglm, Filcams, Fisascat, Uiltucs e Ugl terziario) e i vertici aziendali hanno trovato una quadra su come evitare l’emorragia di dipendenti stimata in origine in quasi 2.000 esuberi e sul modo di favorire la competitività.
L’accordo dovrebbe essere ufficializzato il 14 aprile, dopo l’avvenuta approvazione dei lavoratori nelle assemblee di ogni stabilimento Beko in Italia. Se ci sarà il via libera, si procederà con la firma dell’intesa anche con le parti ministeriali.
Il pre-accordo siglato cerca di salvare una situazione industriale, quella delle fabbriche italiane degli elettrodomestici del gruppo turco, che era apparsa piuttosto disperata a fine 2024. Questi i punti salienti del piano di rilancio:
- investimento aziendale di 300 milioni di euro nel periodo 2025-2027;
- riduzione degli esuberi, da 1.935 iniziali a 985 attuali;
- nessun licenziamento collettivo;
- ammortizzatori sociali per gli esuberi, con incentivi fino a 90mila euro, contratto di solidarietà, 24 mesi di cassa integrazione, pre-pensionamenti per non oltre quattro anni, ricollocamento per lavoratori più giovani;
- protocollo d’intesa Comune Siena-Invitalia per acquisizione del sito di Siena;
- obiettivi industriali e produttivi specifici per ognuno degli stabilimenti italiani
Questo ultimo punto è considerato cruciale per il futuro produttivo in Italia. Secondo questa prima fase di intesa, nello specifico, Beko si impegna ad attivare le fabbriche italiane in questo modo: prodotti da incasso per la cottura e la refrigerazione a Cassinetta di Biandronno, in provincia di Varese; polo europeo per le parti di ricambio – accessori e il centro di ricondizionamento per gli elettrodomestici usati a Carinaro, in provincia di Caserta; piani di cottura a gas, radianti e induzione a Melano, provincia di Ancona;
assemblaggio lavasciuga e lavasciuga-lavatrici da incasso di alta gamma a Comunanza, provincia di Ascoli Piceno.
La reindustrializzazione del sito senese è un altro aspetto rilevante, con i 299 lavoratori coinvolti che non dovrebbero essere licenziati.
La prossima tappa per Beko è il 14 aprile: tutti sperano che l’accordo diventi operativo.
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