Una tassa sulla pubblicità online fornirebbe incentivi per sviluppare approcci alternativi, più rispettosi della privacy e dell’informazione.
Meta, Alphabet, Microsoft, Twitter e altre aziende tecnologiche sono arrivate a dominare ciò che vediamo su Internet, plasmando la percezione della realtà da parte di miliardi di utenti nel mondo. Alla ricerca delle entrate pubblicitarie, i loro algoritmi sono programmati per mostrarci contenuti che attireranno la nostra attenzione, inclusi video estremisti e fake news. Con il rapido sviluppo di modelli linguistici avanzati come ChatGPT e Bard, la presa di Big Tech sulle menti impressionabili non farà che rafforzarsi.
Ma altri risultati sono possibili. Le aziende potrebbero implementare le ultime capacità di intelligenza artificiale in modo molto più responsabile, e due casi giudiziari in corso rappresentano un monito per coloro che perseguono modelli di business socialmente distruttivi. Ma abbiamo anche bisogno di interventi di politica pubblica per porre un limite alle più grandi aziende tecnologiche e tassare la pubblicità digitale. Queste leve politiche possono aiutare a cambiare il modello di business di Big Tech, impedendo così alle piattaforme di creare ulteriori danni sociali.
La causa legale Gonzales v. Google è attualmente davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti. In questione è l’insistenza dell’industria tecnologica che la sezione 230 del Communications Decency Act del 1996 esenta le società di piattaforme da qualsiasi responsabilità per i contenuti di terze parti che ospitano. Se le piattaforme agiscono più come agenzie di stampa che come semplici repository online quando raccomandano video, tweet o post, dovrebbero essere tenute allo stesso standard dei media stabiliti, che non sono autorizzati a pubblicare ciò che sanno essere falso.
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