Bollette record, quale soluzioni per abbattere i costi? Il professore Livio de Santoli ha le idee chiare a riguardo.
Costi dell’energia alle stelle, famiglie e imprese spaventati dalle bollette e da quello che potrebbe succedere in inverno e l’Unione europea che fatica a raggiungere un accordo.
Nel frattempo c’è chi provando ad anticipare il futuro decide di passare a un impianto fotovoltaico, investimento che nonostante i vari bonus e incentivi rappresenta comunque una spesa rilevante.
La domanda è: davvero un impianto fotovoltaico oggi rappresenta una soluzione ottimale per il lungo periodo? E in caso di investimento, conviene acquistare anche un sistema di accumulo oppure immettere quanta più energia così da beneficiare dei vantaggi scaturiti dal sistema di scambio sul posto? Domande a cui la maggior parte delle famiglie non sa rispondere, ed è per questo che spesso si commettono errori che potrebbero costare caro.
Noi di Money.it abbiamo contattato un esperto, il professore Livio de Santoli, prorettore alla Sostenibilità, Sapienza Università di Roma nonché presidente del Coordinamento FREE.
Arera ha appena comunicato un nuovo aumento dei costi dell’energia, ma il sentore è che non sia finita qui. Quali sono le prospettive per i prossimi mesi?
La crisi energetica non sembra migliorare e le prospettive per questo inverno non sono rosee. Il piano di Cingolani si affida solo ad altri combustibili fossili e ai “comportamenti virtuosi” di famiglie e aziende.
C’è incertezza anche sui reali volumi di stoccaggio. È necessario invece modificare velocemente la struttura del mercato energetico per ridurre l’impatto di questa crisi sui consumatori.
Attualmente costo del gas e costo dell’elettricità sono strettamente legati, e i rimbalzi in aumento dell’uno si ripercuotono sull’altro. La riforma dell’attuale meccanismo di formazione dei prezzi, nel quale il prezzo del gas metano rappresenta una funzione di merito, deve subire profonde modificazioni. In particolare, è da eliminare ogni contrattazione basata su valutazioni di breve periodo e quindi speculative, ormai inadatta a orientare investimenti in impianti con ritorni sul lungo periodo, come quelli rinnovabili.
Questi ultimi invece devono poter contare su valutazioni molto diverse, come i contratti di vendita con le aste competitive, i contratti a lungo termine PPA e l’autoconsumo collettivo. La soluzione strutturale in grado di mitigare l’effetto della volatilità del prezzo del gas sulle bollette energetiche potrà pertanto esserci solo quando sarà prevalente il peso dei contratti a lungo termine. Occorre pertanto un accordo UE per una riforma del mercato dell’energia in grado di valorizzare la produzione rinnovabile, separando nettamente la formulazione dei prezzi dell’energia da gas e da rinnovabili.
Sul piano internazionale la situazione in Ucraina non sembra essere di rapida soluzione, quindi Italia ed Europa dovranno pensare a soluzioni alternative sulle quali tuttavia si fatica a trovare un accordo. Con questi presupposti, è giusto dire che il prezzo dell’energia resterà elevato ancora per molto?
Non ci sono le condizioni per la creazione di un mercato realmente libero del gas in Europa.
Non è mai esistito in particolare un mercato “spot” del gas dal quale potesse emergere un prezzo giornaliero come risultato di negoziazioni e transazioni in un libero mercato. Il TTF di Amsterdam è una borsa priva della liquidità e della trasparenza che la rendano affidabile, visto che i volumi fisicamente trattati sono una piccolissima parte di quelli complessivi, ed è impossibile pensare di poter costituire un valido benchmark europeo del gas.
Questo per dire che continuando con un mercato speculativo è impossibile fare delle previsioni, anche se tutti gli analisti pensano un ridimensionamento del prezzo del gas, anche se risulta estremamente difficile tornare al livello pre-crisi. Inoltre la scelta del mercato TTF è tutta italiana, anche se in buona compagnia.
Negli ultimi 10 anni il mercato TTF ha prodotto un prezzo del gas più basso i quello che le compagnie pagavano con le formule indicizzate al petrolio, e alcuni Paesi, tra cui l’Italia, hanno voluto rinegoziare i contratti con i paesi produttori sostituendo le formule indicizzate ai prezzi petroliferi con altre legate al TTF.
Non è un caso se oggi i tedeschi (che non hanno chiesto d’indicizzare i loro contratti al TTF) pagano il gas molto meno degli italiani e sono contrari a un tetto del prezzo. Il prezzo del gas sul mercato non diminuirà da solo nei prossimi mesi.
È necessaria una risposta europea per evitare le attuali speculazioni sul mercato di Amsterdam. A livello nazionale l’eliminazione del gas russo (circa 30 miliardi di metri cubi all’anno) deve essere la priorità, da raggiungere esclusivamente attraverso le fonti rinnovabili, l’efficienza energetica e i combustibili alternativi (biometano e idrogeno). In particolare 60 GW di rinnovabile nei prossimi tre anni, 7 miliardi di metri cubi di biometano, 4 milioni di pompe di calore, che corrispondono a 40 miliardi di metri cubi.
Giorgia Meloni ha dichiarato che il problema energetico va risolto a livello europeo. Ma per l’Italia sarebbe davvero così impossibile raggiungere l’indipendenza energetica, ad esempio aprendosi una volta per tutte al nucleare?
L’indipendenza energetica va raggiunta, ma attraverso le fonti rinnovabili e non il nucleare. Diversi studi mostrano come sistemi completamente rinnovabili siano realizzabili senza l’utilizzo di impianti nucleari.
Premesso che non bisogna avere pregiudizi ideologici sul nucleare, pensare di risolvere la questione energetica nei prossimi decenni attraverso il nucleare è pura immaginazione. Reattori di cosiddetta quarta generazione, anche se è oggetto di studi da un paio di decenni, hanno ancora la necessità di quantificare costi e tempi in quanto non è ancora una tecnologia commerciale ma solo sperimentale con pochi prototipi funzionanti.
Più verosimilmente le proposte che circolano in questi giorni potrebbero riguardare reattori di terza generazione che commercialmente annoverano al momento solo quattro reattori di grande capacità nel mondo, comunque caratterizzati da costi e tempi elevati (almeno 15 anni). Dei microreattori di limitata capacità di terza generazione non è facile assumere informazioni plausibili. Ad oggi comunque il confronto dei costi con le rinnovabili è a tutto vantaggio di queste ultime. Lazard e IEA stimano un valore del fotovoltaico intorno ai 40 euro/MWh contro 165 euro/MWh, cioè quattro volte di meno. Anche considerando la presenza di sistemi di accumulo per il fotovoltaico, il suo costo è ancora inferiore a quello del nucleare. In definitiva per il nucleare ne riparleremo tra dieci anni almeno.
Molte famiglie spaventate da quello che potrebbe succedere hanno iniziato a guardarsi intorno, con una richiesta sempre maggiori d’impianti fotovoltaici. Lo stesso stanno facendo le aziende, per le quali i costi dell’energia stanno diventando insostenibili. Ritiene si tratti di una soluzione conveniente, anche nel lungo periodo, oppure è bene fare un’attenta valutazione prima di procedere con l’investimento?
Gli impianti rinnovabili sono l’unico mezzo per abbattere definitivamente la spesa energetica di famiglie e imprese.
Questo è vero oggi, in tempo di crisi, e sarà vero nei prossimi anni. Basti pensare alle bollette di chi negli scorsi anni ha usufruito dei diversi incentivi come il conto energia ed ha già un proprio impianto fotovoltaico. Il fotovoltaico, come del resto tutte le rinnovabili, saranno sempre più convenienti e diffuse e dovranno essere oggetto di attente analisi di politica industriale per sviluppare aziende italiane per tutta la componentistica relativa, come pannelli, sistemi di accumulo, adeguamento delle reti. Inoltre, l’aspetto occupazionale in questa trasformazione ci permetterà uno sviluppo importante. I nuovi posti di lavoro verdi dovuti a tale manovra sarebbe significativo, circa 100.000 posti di lavoro. Investire nella transizione energetica può quindi essere un modo per coniugare la decarbonizzazione del sistema energetico con la ripresa dell’economia italiana.
Altra decisione importante riguarda l’acquisto o meno di una batteria di
accumulo. Oggi, grazie all’incentivo scambio sul posto (che tuttavia durerà fino al 2024) e ai prezzi attuali del ritiro dedicato Gse (più dello 0,30 kw/h in media da inizio gennaio), vendere energia è sempre più conveniente, il che sembra rendere inutile dotarsi di un sistema di accumulo. Lei, tenendo conto dei risvolti futuri, cosa consiglia di fare? Meglio continuare a immettere energia nel sistema oppure aggiungere un sistema di accumulo così da raggiungere, per quanto possibile, un’indipendenza energetica?
La struttura degli incentivi e la valorizzazione dell’elettricità immessa in rete dovrà essere oggetto di un profondo cambiamento nei prossimi anni.
Con lo sviluppo delle rinnovabili non si può accettare che tutti immettano energia in rete in modo indiscriminato. Invece deve essere incentivato l’autoconsumo affinché ogni comunità di cittadini e/o imprese possa prodursi e auto-consumarsi la propria energia.
La rivoluzione vera è proprio quella dell’autoconsumo. Quindi mettersi nelle condizioni di poter consumare quanto più energia autoprodotta possibile; un esempio di questo riguarda le comunità energetiche rinnovabili. In questa direzione dovranno essere indirizzati i sostegni pubblici e nel contempo permettere una responsabile e attiva azione di ogni cittadino.
Lato green, possiamo dire che le fonti rinnovabili aiutano anche l’ambiente oppure ci sono altri aspetti da considerare?
Come detto questa transizione deve essere accompagnata da una politica industriale per la crescita del nostro Paese che si riferisca direttamente allo sviluppo delle fonti rinnovabili e al processo di decarbonizzazione del sistema energetico. È necessario ridurre le emissioni del nostro paese e questo può avvenire attraverso una diffusione capillare delle fonti rinnovabili e lo sviluppo di azioni per l’efficienza energetica. Sicuramente ci sono aspetti legati alle materie prime che vanno considerati e per questo è necessaria una pianificazione energetica nazionale ed europea.
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