Nuovo intervento del Fisco sui bonus edilizi e divieto di cessione parziale del credito. Il caso della banca che rifiuta di acquisire crediti già utilizzati parzialmente in compensazione.
Se il credito d’imposta da interventi edilizi viene usato non si può ripristinare l’ammontare originario.
Con la risposta all’interpello n. 358/2022, l’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito all’utilizzo parziale in compensazione del credito d’imposta da Superbonus e la ricostituzione del valore originario dello stesso.
Stare al passo con le continue modifiche e gli interventi di revisione non è ormai cosa facile e in molti casi si è rischiato di bloccare l’intero sistema. Nel caso in esame, il Fisco risponde ai dubbi che in questa fase attanagliano in molti: come fare se una banca rifiuta l’acquisizione dei crediti a lavori già iniziati? È ancora possibile la cessione parziale del credito?
Approfondiamo in questo articolo come l’Agenzia chiarisce l’impossibilità normativa di procedere con il ripristino dell’ammontare del credito già fruito tramite riversamento all’Erario.
Il caso trattato dall’Agenzia delle Entrate
Il caso trattato nell’interpello citato è molto significativo e riguarda un contribuente che dopo aver realizzato un intervento di superbonus 110% ne ha utilizzato una parte in compensazione nel corso del 2022, tramite il codice tributo 6921.
Egli si è rivolto all’Agenzia delle Entrate spiegando di avere diritto a un credito d’imposta da Superbonus e pertanto di averne utilizzato una parte in compensazione nel corso di questo anno. Ora vorrebbe cedere la parte restante ma le banche e gli istituti assicurativi si rifiutano di acquisire crediti già utilizzati parzialmente in compensazione.
Il contribuente ha quindi chiesto all’Agenzia se può ricostruire il credito originario per cederlo interamente.
In sintesi, al fine di ripristinare il valore originario del credito d’imposta, già parzialmente compensato con il modello F24, il contribuente propone di riversare la quota compensata mediante il medesimo modello e lo stesso codice tributo utilizzato all’atto della sua compensazione.
Una volta ripristinato l’ammontare originario, l’istante potrebbe, a suo avviso, concordare con un istituto bancario e/o assicurativo la cessione del credito. Ma questo significherebbe revocare la scelta operata in precedenza.
Come è regolata la cessione del credito: la normativa vigente
Come premesso, le regole sulla cessione del credito sono state cambiate per prevenire le frodi. In base alle modifiche introdotte dal decreto Sostegni-ter, dopo la prima cessione, è possibile operare due ulteriori cessioni dei crediti, ma solo a favore di banche, intermediari finanziari, società appartenenti a un gruppo bancario e assicurazioni autorizzate a operare in Italia.
Dal 1° maggio 2022 è entrato inoltre in vigore il divieto di cessione parziale. Per questo, al credito è attribuito un codice identificativo univoco da indicare nelle comunicazioni delle eventuali successive cessioni.
Successivamente il decreto Aiuti ha stabilito che le banche e le società appartenenti a un gruppo bancario possono cedere sempre il credito a favore dei clienti professionali privati che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa o con la capogruppo. I clienti professionali privati, una volta acquisito il credito, non possono cederlo a loro volta.
A oggi ricordiamo che il ddl di conversione del decreto Aiuti sta nuovamente modificando le regole sulla cessione del credito. Secondo quanto previsto da alcuni emendamenti, le banche potranno cedere il credito a tutti i soggetti diversi da consumatori o utenti, quindi a tutte le Partite Iva.
Cessione parziale del credito: come si muovono le banche
Tornando al nostro caso in esame, l’Agenzia spiega che il ripristino dell’ammontare del credito già fruito, tramite riversamento all’Erario, è consentito solo se il credito risulta fruito in modo scorretto. Non è invece consentito un ripensamento delle scelte operate spontaneamente.
Come evidenziato nel testo della risposta:
Non è, infatti, consentito un ripensamento delle scelte già operate spontaneamente per meri motivi di opportunità, tenuto conto peraltro che la normativa di riferimento applicabile al caso di specie, non sembra disporre alcun divieto alla cessione parziale del credito, e l’impedimento sembra dipendere da autonome scelte dei potenziali cessionari (sulle quali l’Agenzia delle entrate non può interferire).
Al caso del nostro contribuente, a quanto chiarito dal Fisco che respinge l’interpretazione dell’istante, non si applica quanto disposto dal comma 1-quater dell’articolo 121 (introdotto dall’articolo 28 del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25), secondo cui:
«I crediti derivanti dall’esercizio delle opzioni di cui al comma 1, lettere a) e b), non possono formare oggetto di cessioni parziali successivamente alla prima comunicazione dell’opzione all’Agenzia delle entrate effettuata con le modalità previste dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate di cui al comma 7[...]».
Dette disposizioni, infatti, per espressa previsione dell’ultimo periodo dello stesso comma 1-quater, «si applicano alle comunicazioni della prima cessione o dello sconto in fattura inviate all’Agenzia delle entrate a partire dal 1° maggio 2022».
Questo cosa significa? Dopo il 1° maggio è ancora possibile la cessione parziale del credito corrispondente alla detrazione fiscale, ma solo per annualità intere. Come spiegato dall’Agenzia, le cessioni successive alla prima possono avere a oggetto per l’intero importo anche solo una o alcune delle rate annuali di cui è composto il credito.
Il rifiuto delle banche sembra dipendere da scelte autonome. Secondo la normativa che regola il Superbonus e la cessione del credito corrispondente alla detrazione, spiega l’Agenzia, nel caso esaminato le banche potrebbero accettare la cessione parziale del credito perché la comunicazione del contribuente è antecedente al 1° maggio 2022.
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