Per Wolfgang Kubicki, i flussi supplementari salverebbero l’industria tedesca dalla crisi. E la coincidenza fra proposta e dato sui prezzi alla produzione non appare casuale, Ma ora occhio ai cds..
Guardando la realtà con gli occhiali del pragmatismo, quanto appena accaduto appariva chiaramente solo una questione di giorni. Da almeno due settimane a questa parte. Oggi è accaduto. Il vice-presidente dell’FDP (Liberali) e del Bundestag, Wolfgang Kubicki. ha scoperchiato pubblicamente il vaso di Pandora della disperazione tedesca per il caro-energia e invitato il Paese ad aprire Nord Stream 2 il prima possibile. Di fatto, una resa incondizionata al ricatto energetico russo.
Parlando con Redaktionsnetzwerk Deutschland (RND), Kubicki non ha utilizzato mezze misure, né tantomeno fatto ricorso al proverbiale rossetto per abbellire il maiale: Se la Russia ci invia gas attraverso Nord Stream 2, l’industria tedesca è salva. Se non lo fa, non perdiamo nulla. A detta del numero due del Parlamento tedesco, infatti, l’avvio dei flussi di gas dalla Russia attraverso la seconda pipeline contribuirebbe a raggiungere i livelli di stoccaggio necessari per garantire al Paese un inverno al caldo e un contrasto di crescita alla recessione ormai garantita.
Per l’esattezza, se la Russia inviasse il gas promesso da contratto o almeno una parte di esso, potremmo agevolmente salvare l’industria tedesca da una grave crisi e garantire il riscaldamento alla popolazione. Se, invece, il governo russo si rifiutasse di onorare i termini del contratto e non facesse passare il proprio gas attraverso Nord Stream 2, la Germania non avrebbe comunque perso nulla. Disperazione, appunto. O realismo, dipende dai punti di vista.
Una cosa è certa, però. Non è affatto un caso che l’uscita di Kubicki si arrivata in contemporanea con quanto rappresentato in questi due grafici,
il primo dei quali fa riferimento a un dato di ieri che già oggi appare superato. In negativo, poiché il contratto energetico a 1 anno per la Germania stamattina segnava il nuovo record assoluto di 545 euro per MWh. Di fatto, una sentenza capitale per l’industria energivora tedesca. Ma è il secondo grafico a configurarsi come il proverbiale chiodo nella bara: i prezzi alla produzione in Germania sono saliti del 37,2% a luglio su base annua contro aspettative del +31,8%, mentre su base mensile l’aumento è stato addirittura del 5,3% contro la previsione del +0,7%. Ingestibile. E, soprattutto, un trend destinato a rimandare ulteriormente il raggiungimento del proverbiale picco dell’inflazione per i consumi, poiché questa impennata dei costi per i produttori è destinata a essere scaricata sulla filiera nei mesi a venire.
Difficile pensare che un’uscita così dirompente e in drastica contraddizione con la linea del governo tedesco nei rapporti con la Russia non sia stata accelerata dalla presa d’atto ufficiale verso una contingenza grave come quella contenuta nell’ultimo dato macro del Paese. Soprattutto alla luce del ruolo istituzionale di chi l’ha avanzata, il vice-presidente del Parlamento. E di quel partito Liberale mai tenero con il Cremlino e che anzi ha più volte rinfacciato sia a Gerard Schroeder che ad Angela Merkel un’eccessiva accondiscendenza verso Mosca.
Ma al netto della scossa che una simile mossa potrà inferire sia alla politica interna tedesca che al già ondivago equilibrio europeo nella gestione dell’affaire Ucraina e delle sanzioni, ecco che questo grafico
sembra aprire scenari decisamente foschi anche per il nostro Paese, quantomeno in chiave di costo del denaro e in vista del board Bce dell’8 settembre prossimo. Se infatti un dato inflattivo come quello odierno armerà la mano della Bundesbank al fine di evitare qualsiasi titubanza nel ciclo rialzista, probabilmente rendendo ancora più estreme le condizionalità dello scudo anti-spread (visto a Berlino come elemento ulteriormente inflattivo), il fatto che nei primi 15 giorni di agosto - notoriamente sonnolenti nei volumi di trading - il mercato europeo dei credit default swap abbia registrato un’attività quasi doppia della media a 10 anni sembra suggerire che l’Europa core, quella solvibile e che sta calmierando gli spread periferici con il reinvestimento, voglia coprirsi da rischi sistemici. Imminenti. E settembre, si sa, spesso è mese foriero di eventi spartiacque.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Argomenti