Busta paga, la beffa è servita: dopo gli aumenti arrivano i tagli

Simone Micocci

6 Aprile 2024 - 15:46

Cosa ne sarà del cuneo fiscale? La presidente del Consiglio vuole mantenerlo ma ammette che non sarà semplice. Si fa sempre più concreta la possibilità di una riduzione degli stipendi nel 2025.

Busta paga, la beffa è servita: dopo gli aumenti arrivano i tagli

Il governo Meloni deve affrontare un problema di non poco conto nella legge di Bilancio 2025: trovare circa 10 miliardi di euro per confermare il taglio del cuneo fiscale introdotto l’anno scorso - e confermato con l’ultima legge di Bilancio - che in quest’ultimo biennio è servito a dare un po’ di respiro ai lavoratori attanagliati dall’elevata inflazione.

Tuttavia, le ultime indiscrezioni sul Def - dove per stessa ammissione del ministro Giorgetti non bisogna aspettarsi granché - non fanno ben sperare.

Come tra l’altro avevamo già anticipato subito dopo l’approvazione del nuovo Patto di stabilità da parte dell’Unione Europea, che tra le tante cose impone all’Italia di ridurre al più presto il debito accumulato (il che ovviamente impedisce di ricorrere nuovamente all’extradeficit per finanziare le misure), alle condizioni attuali trovare 10 miliardi da destinare alla conferma del cuneo fiscale appare alquanto complicato.

Il Governo si trova quindi in una posizione scomoda, con il rischio di dover avallare una riduzione degli stipendi a partire dal 2025 quando perlomeno l’inflazione dovrebbe essere tornata a un livello sostenibile.

Cuneo fiscale, Meloni vorrebbe confermarlo ma…

A tal proposito, la presidente del Consiglio sembra aver già iniziato a mettere le mani avanti. Nel corso dell’intervista rilasciata a Porta a Porta, andata in onda nella serata di giovedì 4 aprile, la premier ha spiegato che la sua intenzione è quella di mantenere il cuneo fiscale, aggiungendo però che “non sarà affatto semplice” (e subito dopo ne ha attribuito la colpa al Superbonus, misura che ormai è diventata capro espiatorio per la gran parte dei problemi del Paese).

Ma cosa serve per confermare il cuneo fiscale ed evitare una riduzione degli stipendi nel 2025? Tanti, forse troppi, soldi.

Cosa deve fare il governo per scongiurare il taglio delle buste paga

Sono perlopiù due le novità che consentono alle buste paga di essere più alte nel 2024:

  • da una parte la conferma dello sgravio contributivo che per le buste paga di importo inferiore a 1.923 euro è del 7% (ma non sulla tredicesima) mentre per quelle che superano questo valore ma restano entro i 2.692 euro è del 6%. Una misura che da sola garantisce un aumento netto fino a 100 euro al mese;
  • dall’altra le nuove aliquote Irpef che passano da 4 a 3 accorpando la prima con la seconda e fissando un’aliquota del 23% per tutti. Un’operazione da cui ne può scaturire un aumento in busta paga fino a un massimo di 260 euro l’anno.

A queste due misure si aggiunge poi il bonus mamme, che per le lavoratrici con almeno 2 figli riconosce uno sgravio contributivo totale fino a un massimo di 3.000 euro l’anno.

Tuttavia, mentre per le madri di almeno 3 figli il bonus è garantito fino al 2026 (e comunque fino al compimento dei 18 anni del più piccolo), per quelle con soli 2 figli l’agevolazione è limitata a tutto il 2024.

Quindi, se si vorrà dare continuità al sostegno dei redditi dei lavoratori bisognerà mettere nuovamente mano al portafoglio con la prossima legge di Bilancio, il che non sarà affatto facile in quanto va considerato che solo per la conferma dello sgravio contributivo sono serviti circa 10 miliardi di euro, mentre per la riforma dell’Irpef circa 4,3 miliardi di euro. Poco più di 1,5 miliardi, invece, servirebbero per la conferma del bonus mamme.

Le difficoltà nel mantenere inalterati gli stipendi

Quella che si presenta davanti al governo è una sfida alquanto complicata in quanto, come anticipato, ai fini del nuovo Patto di Stabilità il governo non potrà ricorrere all’extra deficit per finanziare le misure.

Per capire la portata di tale novità basti pensare che con la legge di Bilancio 2024 sono stati utilizzati 15,7 miliardi di extra deficit, più o meno quanto speso complessivamente per le tre misure sopra indicate.

Con il nuovo accordo sottoscritto in Europa, l’Italia dovrà intraprendere un percorso di rientro strutturale del deficit dello 0,5% annuo, per quanto resti la possibilità di concordare con la Commissione una traiettoria tecnica meno severa che tenga conto dell’aumento degli interessi non limitando la possibilità di fare investimenti.

In tal caso, per l’Italia ci sarebbe da versare circa 5 miliardi di euro l’anno, il che se si aggiunge all’impossibilità di fare ulteriore deficit spiegandoci la ragione per cui nel 2025 rischia di esserci un vero e proprio allarme stipendi: senza la conferma dello sgravio contributivo, come pure della riforma dell’Irpef, per i lavoratori c’è il rischio di ricevere fino a 1.500 euro in meno (l’anno) in busta paga.

Per scongiurare questo rischio sarà quindi necessario pensare a delle soluzioni alternative, come tagli alla spesa pubblica o l’aumento delle tasse. Il che, ovviamente, non è la soluzione ottimale in quanto semplicemente si tratterebbe di una sorta di operazione di travaso, dove verrà tolto da una parte per dare all’altra.

Il governo Meloni, quindi, si trova di fronte a un bivio, una situazione che noi di Money.it avevamo previsto con largo anticipo.

Per quanto sia stato corretto intervenire direttamente per supportare i redditi dei lavoratori in un periodo caratterizzato da una forte inflazione, nel frattempo il governo avrebbe dovuto pensare a soluzioni alternative - spingendo ad esempio sui rinnovi di contratto - per scongiurare una riduzione degli stipendi una volta che la spesa necessaria per mantenere lo sgravio contributivo sarebbe diventata insostenibile. D’altronde, era inevitabile che prima o poi questo momento arrivasse.

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