1 lavoratore su 4 guadagna meno della soglia minima individuata per il reddito di cittadinanza. Siamo al paradosso: neppure lo stipendio garantisce una sicurezza economica.
Siamo abituati a sentire che non si trovano lavoratori stagionali per colpa del reddito di cittadinanza. Meno volte, invece, si parla della crisi del mercato del lavoro, del fatto che ci sono stipendi che da soli non sono sufficienti per sostenere una famiglia.
E se si arriva a una situazione dove il reddito di cittadinanza, che nei calcoli fatti dal Governo è una misura che consente alla famiglia di stare appena sopra alla soglia di povertà, riesce a competere con gli stipendi, è ovvio che c’è un problema di fondo.
A mettere alla luce questa situazione è un recente rapporto dell’Inps dove, oltre a emergere la necessità d’introdurre un salario minimo anche in Italia, viene fatto presente che ci sono lavoratori che guadagnano meno rispetto a quanto avrebbero percepito qualora avessero fatto domanda di reddito di cittadinanza.
Come dire: aver scelto di lavorare risulta, paradossalmente, la scelta meno conveniente.
Ovvio che si tratta di una provocazione, anche perché nelle intenzioni del legislatore il reddito di cittadinanza sarebbe dovuta essere una misura solamente provvisoria, percepita appunto per il solo tempo necessario per trovare una nuova occupazione. Nella realtà le cose hanno funzionato diversamente e oggi ci troviamo nella situazione in cui davvero il reddito di cittadinanza rappresenta un’alternativa - e non un incentivo - al lavoro.
Ma la colpa è di una misura nata per sostenere le famiglie in stato di bisogno oppure del fatto che avere un lavoro non è più garanzia di stabilità economica?
Reddito di cittadinanza migliore di tanti stipendi: il report dell’Inps
Secondo l’ultimo report Inps, c’è una “crescente quota di lavoratori che percepiscono un reddito da lavoro inferiore alla soglia di fruizione del reddito di cittadinanza”.
Per meglio dire, il 23% dei lavoratori, quindi circa 1 su 4, guadagna meno di 780 euro al mese, comprendendo anche chi è impiegato con orario part time.
La soglia di 780 euro non è casuale: è questo, infatti, il minimo vitale per potersi dire fuori dalla soglia di povertà. Chi guadagna meno, dunque, rischia di essere povero pur avendo un lavoro.
E ancora, ci sono 3,3 milioni di lavoratori che guadagnano meno di 9 euro l’ora, ossia la soglia che sembra sia stata individuata dal Governo in vista dell’introduzione di un salario minimo. Dimostrazione che la contrattazione collettiva di per sé non basta per garantire a tutti uno stipendio adeguato alla mansione svolta.
Reddito di cittadinanza non elevato ma comunque migliore di molti salari
Secondo i dati dell’Inps, nei primi 36 mesi di applicazione il reddito di cittadinanza ha raggiunto 2,2 milioni di nuclei familiari, per un totale di 4,8 milioni di persone. In media, quindi, famiglie composte da due persone, con un importo medio percepito di 548 euro.
Insomma, un importo che di certo non arricchisce e che difficilmente da solo consente di arrivare tranquillamente alla fine del mese. Il problema è che lato lavoro non sempre ci sono offerte capaci di competere con il reddito di cittadinanza, il quale tra l’altro in molte occasioni offre persino più garanzie rispetto a un’offerta di lavoro.
Il reddito di cittadinanza, d’altronde, può essere percepito per 18 mesi, e poi per altri 18 osservando appena un mese di sospensione. E poi per altri 18 ancora, e così via. È raro, invece, trovare offerte di lavoro che guardano così a lungo termine, specialmente se si guarda al bacino di riferimento del percettore tipo del reddito di cittadinanza (senza particolari titoli di studio né competenze professionali specifiche): spesso si tratta di opportunità che, oltre a essere sottopagate, sono anche a tempo determinato, senza garanzie per il futuro.
Ecco dunque che lavorare per pochi mesi, con il rischio di perdere il reddito di cittadinanza, e guadagnare più o meno quanto si prendeva da disoccupati, diventa sempre meno appetibile.
Vero che in realtà chi prende il reddito di cittadinanza non dovrebbe dimenticare che la ratio della misura è proprio quella di supportare il beneficiario nella ricerca di un nuovo lavoro, ma lo è altrettanto il fatto che la normativa fissa lo stipendio di un’offerta congrua al 10% della quota minima di reddito di cittadinanza, quindi a 858 euro. Come visto nel report Inps, però, oggi il 23% di chi lavora guadagna meno di questa soglia e paradossalmente avrebbe percepito di più appoggiandosi solamente sul reddito di cittadinanza.
Una situazione che inevitabilmente ci porta al dibattito di cui sopra, con appunto una parte dell’opinione pubblica che, giustamente, non ritiene sia giusto che chi è disoccupato percepisca più o meno un importo vicino al loro stipendio.
Ma invece di prendersela con il reddito di cittadinanza, non sarebbe più opportuno concentrarsi sul fatto che a oggi un lavoratore su quattro è ancora al di sotto della soglia di povertà? Come al solito il tutto si traduce in una guerra tra poveri, dimenticando qual è la vera natura del problema.
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