Negozi e locali a rischio chiusura, momentanea e definitiva. Queste le conseguenze del caro bollette che si abbatte sul terziario. Ecco i motivi delle chiusure.
La crisi energetica continua ad allargare la platea di pubblico, attività e soggetti a rischio. Non solo le tasche dei consumatori, ma anche i negozi di tutti Italia rischiano di vedersi limitati nelle attività, cioè nelle aperture per via del costo delle bollette. A lanciare l’allarme i negozianti, che stanno già ragionando su come e quanto modificare la propria tabella degli orari di apertura e chiusura per risparmiare. I rincari schiacciano le attività e le costringono a giorni di chiusura per evitare chiusure definitive.
Nel frattempo per tentare di combattere il caro bollette la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) ha chiesto al Governo di confermare l’ora legale tutto l’anno, abbandonando il classico sistema che viene definito ormai obsoleto per tutta una serie di aspetti. La proposta di un’ora in più di luce al giorno, che incontrerebbe il favore dei commercianti, permetterebbe un risparmio di circa 1 miliardo di euro solo nel primo biennio.
Negozi, bar e ristoranti si trovano maggiormente a rischio nelle grandi città, dove il prezzo degli affitti è in aumento. La richiesta di aiuto arriva al limite del tempo per una vera crisi del settore terziario, che sta già facendo i conti con i postumi della crisi della pandemia. Basti pensare che i costi dell’energia sui fatturati delle imprese del terziario sono aumentati in media del +121%. Ci sono settori dove l’aumento arriva quasi a toccare il +200%. Le conseguenze sono chiare: il 15% rischia di chiudere, mentre il 10% delle imprese di sospendere momentaneamente le attività.
Negozi a rischio chiusura: cosa c’entra il caro bollette
Schiacciati dai rincari, negozi e locali del terzo settore hanno lanciato l’allarme sulla possibilità concreta di dover diminuire i giorni o le ore di servizio per limitare le spese dell’energia. Il settore terziario, insieme alle famiglie, sta subendo pesantemente la crisi energetica scatenata in seguito all’invasione russa dell’Ucraina.
Il costo di gas e luce e in generale l’inflazione sta rendendo la vita difficile alle attività. I segnali di crisi acuta sono già ben visibili, con chi decide di diminuire l’orario di lavoro per risparmiare sulla bolletta, ma con l’arrivo dell’autunno il problema non può che acuirsi. Chi non diminuisce l’orario di lavoro, sceglie di chiudere momentaneamente o definitivamente, aumentando il rischio di stagnazione dell’economia, in particolare in vista dell’inverno e delle festività natalizie.
Rischio chiusura negozi: i dati della crisi energetica
L’allarme continua ad allargarsi a macchia d’olio. Le città più colpite sono Roma e Milano, quelle dove l’affitto dei locali è già aumentato. In particolare Confcommercio ha indagato su 703 imprese per scoprire l’incidenza dei costi dell’energia sui fatturati e ha scoperto che la maggioranza (il 66%) indica come unica soluzione la riduzione dell’utilizzo dell’energia.
Ne risentono in particolar modo il settore turistico e della ristorazione. Sempre secondo l’analisi i settori più sono colpiti:
- al +181% nel dettaglio alimentare;
- al +161% per alberghi-ricettività;
- al +123% per la ristorazione;
- al +119% e +116% per i negozi non alimentari e i servizi.
Su queste 703 imprese di Milano, Lodi, Monza e Brianza il 10% prevede la chiusura temporanea, per più di un giorno, mentre il 15% dichiara di essere a rischio chiusura.
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