La Svizzera ha bloccato la vendita dei suoi carri armati (italiani) all’Ucraina, proprio nel momento in cui Kiev ha bisogno di mezzi corazzati per difendersi dalla Russia.
L’Ucraina ha bisogno di nuovi carri armati per resistere agli attacchi della Russia, ma la Svizzera non ha voluto cedere 96 Leopard 1A5 (ex italiani) a Kiev.
Una storia, questa, che ha dell’incredibile e dell’assurdo, almeno per la nazione che si sta auto-difendendo dagli attacchi dell’esercito russo grazie al sostegno militare ed economico della Nato. Storia che diventa ancora più assurda se si pensa che quei Leopard 1A5 venduti dall’Italia alla Svizzera non hanno mai lasciato i confini italiani.
Si tratta di una panzer-division “dimenticata” in Italia e composta da circa un centinaio di carri armati risalenti alla Guerra Fredda e chiusi in dei capannoni nel friulano in attesa di essere impiegati e che potrebbero essere essenziali per Kiev. Infatti, il governo Zelensky ha più volte dichiarato di aver bisogno di ulteriori mezzi corazzati pesanti, dei quali non si trova più traccia nelle risorse europee. Nonostante il contributo di numerosi Paesi, come l’Italia che ha rafforzato l’artiglieria di Kiev, sembra che l’esercito ucraino necessiti di ulteriori mezzi.
Per tale motivo Kiev si è resa disponibile ad accettare anche modelli più “vintage”, vecchi di almeno mezzo secolo come i Leopard 1A5 che si trovano ancora nei capannoni italiani. Ma perché la Svizzera non vuole cederli? Ecco cosa sta accadendo in Europa.
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Perché i Leopard italiani della Svizzera sono bloccati?
I carri armati italiani appartenenti alla Svizzera risalgono ai tempi della Guerra Fredda, quando l’Esercito italiano era arrivato a schierare più di mille Leopard 1, poi negli anni ’90, tra il 1993-1996, 120 di questi mezzi corazzati furono modernizzati nella serie Leopard 1A5. Il Governo spese ben 534 milioni di euro (attuali) per torrette, nuovi apparati di puntamento e cannoni da 105 millimetri.
Con gli anni 2000 ha avuto inizio anche la stagione del disarmo, portando il Governo Italiano ad accumulare armi e mezzi come gli M109 e oltre 800 Leopard 1 nel grande deposito a cielo aperto di Lenta (provincia di Vercelli), cosicché al momento del congedo dei Leopard 1A5 non c’era più spazio per i semoventi più moderni. E se Germania e altri paesi Nato sono riusciti a vendere i propri carri armati, l’Italia li ha abbandonati alle intemperie. Così nel 2015 si è deciso di rottamare i più vecchi, mentre i semoventi “vintage” più moderni sono finiti sul mercato e una società svizzera si è fatta avanti per comprare circa 100 Leopard 1A5: la Ruag, società pacifica elvetica che si offriva di modernizzarli ed esportarli in America Latina, firmando un contratto con Agenzia Industrie Difesa dal valore di 4 milioni e mezzo di euro.
La Ruag ha poi affidato alle Officine Goriziane la preparazione di alcuni prototipi per modernizzare i Leopard in breve tempo, ma falliti i negoziati con il Brasile, la panzer-division è stata chiusa ed è rimasta in Italia. E oggi che l’Ucraina è in cerca di altri mezzi corazzati - anche di seconda mano - per difendersi dagli attacchi della Russia, la Rheinmetall tedesca si è fatta avanti, chiedendo alla società svizzera di comprare 96 Leopard 1A5 ex italiani per donarli a Kiev; in modo da rispettare il programma congiunto con Danimarca e Olanda di consegnare almeno 200 Leopard 1 entro la fine dell’anno.
Inaspettatamente è giunto un “no” secco da parte della Svizzera. Il segretariato di Stato per l’Economia a marzo aveva spiegato che la Svizzera non ha intenzione di “dare armi ai belligeranti”, spiazzando Berlino (e Kiev).
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Gli alleati occidentali non si sono arresi al “no” della Svizzera. Come spiegato da Repubblica, le pressioni internazionali hanno portato Berna ad approvare pochi giorni fa due disegni di legge per rendere possibili le forniture militari a chi si avvale “del diritto dell’autodifesa”.
Intanto ai margini del vertice Nato a Ramstein, dove si discute degli aiuti bellici per Kiev, sono state avanzate delle ipotesi per la risoluzione del problema. Si è pensato di avviare delle trattative con Berna affinché restituisca i 96 Leopard 1A5 all’Italia, cosa che potrebbe avvenire molto facilmente, dato che i mezzi corazzati non hanno mai lasciato il Paese.
Inoltre, in questo modo si risolverebbe lo stringete nodo per la Svizzera che si è sempre dichiarata neutrale e non disposta a vendere armi a nessuna delle parti, mentre l’Ucraina potrebbe finalmente ottenere “nuovi” mezzi corazzati - per quanto questi siano “vintage” - e sostenere lo sforzo bellico per difendersi dagli attacchi dell’esercito russo. Una soluzione pragmatica che accontenterebbe tutte le parti, ma che per adesso rimane solo un’ipotesi, mentre la guerra continua a infuriare nell’Est Europa.
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