Case green, saranno le banche a migliorare gli immobili?

Chiara De Angelis

7 Aprile 2023 - 12:06

La direttiva casa green prevede che siano le banche a migliorare l’efficienza energetica degli edifici. Cosa c’è di vero e quali sono le conseguenze?

Case green, saranno le banche a migliorare gli immobili?

La direttiva case green non smette di stupire. Il provvedimento, per il momento approvato in prima battuta dal Parlamento europeo, prevede che siano le banche a migliorare le prestazioni energetiche.

Ormai i principi cardine su cui si basa la direttiva sono noti. L’obiettivo è quello di raggiungere il traguardo delle zero emissioni nel 2050 per quel che concerne gli edifici ad uso residenziale. In maniera molto semplice, gli immobili dovranno preservare l’ambiente dall’inquinamento. Un impegno da portare a termine anche per porre un freno all’emergenza sempre più attuale del riscaldamento globale.

Fin qui tanto di capello. A suscitare un po’ di polemiche sono però gli step da seguire per tagliare questo traguardo nel 2050. Stando a quando contenuto nella direttiva case green, i proprietari degli immobili sono obbligati a raggiungere la classe energetica “F” nel 2030, per poi passare a quella E entro i tre anni successivi, dal 2033.

Un passo non difficile da fare per altri paesi membri dell’Unione Europea ma non per l’Italia dove circa il 60% del parco immobiliare andrebbe completamente ristrutturato, per cifre che si aggiornano intorno agli 8 milioni di edifici ad uso residenziale.

I lavori di miglioramento energetico per raggiungere i nuovi standard dettati dalla direttiva case green richiedono un esborso monetario consistente, dunque, non facilmente sostenibile da tutti i proprietari degli immobili obbligati ad eseguire lavori di ristrutturazione.

A questo punto viene spontaneo chiedersi chi paga questi lavori. Lo Stato ha già speso più di 70 miliardi di euro per il Superbonus 110%, stringendo la cinghia e rischiando di mandare ko i conti pubblici. Tocca per caso alle banche?

Case green, saranno le banche a migliorare gli immobili?

Gli istituti di credito potrebbero veramente finanziare la rivoluzione voluta dalla direttiva case green? Quando si parla di banche è sempre bene andarci con i piedi di piombo. A confermarlo nel corso di un’audizione alla Camera dei Deputati e il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini in quale ha evidenziato come le banche potrebbero trovarsi in difficoltà nell’erogazione dei finanziamenti ipotecari a favore di persone con minore merito creditizio.

In verità, sono altri i problemi che le banche si troverebbero ad affrontare una volta approvata definitivamente la direttiva case green. Il provvedimento sancisce che siano proprio gli istituti di credito a dover porre in essere il miglioramento energetico degli immobili “posti a garanzia dei propri portafogli mutui”.

Una precisazione che lascia quasi pensare ad un errore, come più di una persona ha fatto notare. Scritta in questo modo la direttiva pare far ricadere sulle banche l’onere di realizzare il miglioramento energetico degli immobili di proprietà di altri e d’imporre a questi ultimi l’esecuzione dei lavori.

Case green, come potrebbero orientarsi le banche

Una cosa a dir poco impossibile. Ma veramente il riferimento contenuto nella direttiva case green può essere considerato frutto di un errore?

Per capire qualcosa in più, facciamo qualche passo indietro nel tempo, fino ad arrivare alla prime bozze della direttiva case green. Dai primi testi faceva capolino una norma molto contestata e poi di conseguenza eliminata. Si prevedeva il divieto di concedere in affitto o vendere un immobile che non avesse raggiunto gli standard minimi di efficienza energetica entro una fissata data. Un chiaro obbligo alla ristrutturazione.

Ebbene, messa da parte questa norma potrebbe presto tornare alla ribalta. Qualora il Parlamento Europeo non dovesse intervenire, le banche, impossibilitate a migliorare l’efficienza energetica degli immobili già presi a garanzia, potrebbero finire per finanziare quelli altamente energetici, a discapito degli altri di minore qualità.

Case green, quali conseguenze per le banche e gli italiani

Volendo essere ancora più chiari, gli immobili non conformi alle disposizioni energetiche dettate dalla direttiva case green non sarebbero facilmente “bancabili”. Le banche, insomma, difficilmente concederanno dei mutui sugli acquisti e, come conseguenza, gli immobili verrebbero acquistati solo da chi ha una larga capacità economica.

E dietro l’angolo c’è sempre il pericolo. Quello maggiore è di un aumento dell’offerta immobiliare di edifici non conformi a quanto disposto dalla direttiva case green, soprattutto perché non tutti possono permettersi di eseguire i lavori di miglioramento energetico richiesti.

Prendendo in esame i calcoli fatti dall’Associazione dei costruttori (Ance), si stimano circa 2 milioni di edifici da ristrutturare entro il 2033, per un costo complessivo di 60 miliardi di euro. Senza Bonus e agevolazioni, la media degli interventi di ristrutturazione nel nostro Paese è all’incirca di 2.900.

Un dato allarmante che sottolinea come gli obiettivi fissati dalla direttiva case green, da raggiungere entro il 2050, potrebbero essere perseguiti in un arco temporale esageratamente lungo, in circa 3.800 anni. Ecco perché la direttiva made in UE è stata definita da Confedilizia un “eco patrimoniale”.

Gli italiani hanno da sempre investito nelle case, più di quanto necessario. Tagliare il valore degli immobili significherebbe trascinare l’Italia verso la povertà. Non solo, la normativa così strutturata bloccherebbe la crescita dell’economia e l’intero sistema dei crediti.

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