Il rapporto di lavoro domestico deve seguire precise regole e di riferimento è il relativo Ccnl di settore. Ecco cosa sapere prima di assumere una colf o badante e cosa indicare in contratto.
Secondo dati Inps, colf, badanti e assistenti domestici in generale superano ampiamente in Italia i due milioni di unità ma non sempre si tratta di figure assunte in modo regolare. Proprio nell’ambito del lavoro domestico, infatti, è assai diffuso non far firmare alcun contratto e far svolgere in nero le mansioni di cura della casa e di assistenza a persone non autosufficienti. Ovviamente la legge punisce questo tipo di condotte del datore di lavoro, e i rischi sono quelli di vedersi inflitta una sanzione pari a varie migliaia di euro.
Ecco perché è sempre meglio fare tutto alla luce del sole e regolarizzare subito una badante o colf, in modo che la sua attività di lavoro sia svolta in piena conformità alle norme vigenti. Di seguito faremo allora una sintetica e opportuna panoramica sul Ccnl lavoro domestico 2023, in modo da capire di quale contratto servirsi per l’assunzione di un lavoratore o lavoratrice domestica e a quali elementi prestare particolare attenzione prima di firmare la lettera di assunzione. I dettagli.
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Ccnl lavoro domestici 2023, il contratto da utilizzare per l’assunzione di colf e badanti
- Ccnl lavoro domestico 2023: il contesto di riferimento
- Quando si applica?
- Finalità del contratto individuale di lavoro domestico
- Assunzione a tempo determinato e indeterminato
- I requisiti del contratto individuale di lavoro
- Comunicazione di assunzione all’Inps
- Contributi previdenziali Inps
- Aumenti salariali disposti ad inizio 2023: alcuni chiarimenti}
Ccnl lavoro domestico 2023: il contesto di riferimento
Chi sono i lavoratori domestici? Potrebbe apparire una domanda banale, ma così non è ed è sempre meglio fare assoluta chiarezza in materia, per capire a quali figure in concreto si applica il Ccnl di settore. Ebbene detti lavoratori sono coloro che vengono assunti per far fronte alle esigenze della famiglia e che usualmente lavorano nella casa del datore di lavoro o di un loro stretto familiare. Pertanto fanno parte dei lavoratori domestici colf, badanti, baby sitter, autisti, cuochi, maggiordomi e così via.
Il lavoro domestico di colf o badanti, e in generale quello che attiene a tutti i soggetti che prestano il loro servizio per il buon andamento e le esigenze della vita familiare, è regolato da una normativa ad hoc, e ci riferiamo sia al Ccnl di settore che alla legge n. 339 del 1958 per la tutela del rapporto di lavoro domestico.
Solitamente al contratto individuale di lavoro domestico (colf e badanti) si applica la disciplina di cui al contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl). Si tratta di un accordo sottoscritto tra le associazioni che rappresentano i datori di lavoro e quelle che rappresentano i lavoratori. Finalità del testo è tutelare al meglio i diritti dei lavoratori e fissare delle regole generali. Ci riferiamo ad es. a quelle relative ai giorni di riposo, al periodo di prova e alle ferie.
Quando si applica?
Abbiamo appena accennato al fatto che il Ccnl lavoro domestico rappresenta un vero e proprio punto di riferimento per datori di lavoro e colf e badanti, ma attenzione perché non è sempre obbligatorio applicarlo. Infatti, detto contratto collettivo deve essere applicato soltanto laddove il datore di lavoro sia iscritto a una delle associazioni di datori, che hanno sottoscritto il relativo accordo o nel caso in cui il lavoratore - o la lavoratrice - aderisca al sindacato interessato.
Cosa vuol dire questo in concreto? Ebbene i casi sono sostanzialmente due:
- se si applica il Ccnl, i lavoratori sono divisi in 4 livelli in relazione alle mansioni svolte. Come indica l’art. 9 del contratto collettivo, relativo all’inquadramento dei lavoratori, gli assistenti familiari sono appunto inquadrati in 4 livelli, e ad ogni livello corrisponde una differente retribuzione e disciplina in base alle mansioni e agli orari di lavoro;
- se invece non si applica il Ccnl in oggetto, al suo posto le parti debbono applicare la legge n. 339 del 1958 per la tutela del rapporto di lavoro domestico. In dette circostanze, si fa riferimento in modo generico agli addetti ai servizi domestici che lavorano per almeno 4 ore giornalmente. Sulla scorta della legge questi lavoratori hanno diritto a un giorno a settimana di riposo settimanale.
Finalità del contratto individuale di lavoro domestico
Il contratto individuale di lavoro domestico serve a regolare il rapporto tra un collaboratore familiare e un datore di lavoro. Il datore è infatti colui che sceglie gli orari e le mansioni che saranno svolte dalla persona assunta. Con il contratto individuale le parti regolano gli aspetti di rilievo del rapporto come l’orario di lavoro, la retribuzione e le ferie.
Da notare che il contratto per lavoratore domestico può essere sottoscritto soltanto da persone fisiche. Ciò significa che il datore di lavoro deve essere un soggetto privato e non un’impresa (come lo è ad esempio una Srl).
Inoltre, il collaboratore assunto per svolgere il lavoro domestico può vivere nella casa del datore di lavoro (convivente) oppure può essere assunto in regime di non convivenza ed andare dunque nell’appartamento del datore solo negli orari di lavoro previsti in contratto. Ovviamente del regime scelto si darà opportuno dettaglio nel testo del contratto individuale.
Assunzione a tempo determinato e indeterminato
Anche nell’ambito del lavoro domestico, l’assunzione del collaboratore o collaboratrice può essere a tempo determinato o indeterminato:
- in ipotesi di contratto a tempo determinato, le parti fissano fin da subito quando finisce il rapporto lavorativo. Si tratta del caso tipico, ad esempio, del collaboratore domestico assunto a tempo determinato soltanto per il periodo estivo, per badare ai figli o per la cura della casa quanto la famiglia è in vacanza;
- in ipotesi di assunzione a tempo indeterminato, invece, le parti non prevedono una data di termine per il rapporto.
Ovviamente vi deve essere menzione del tempo determinato o indeterminato nel contratto di lavoro individuale.
In particolare, come indica l’art. 7 del Ccnl colf e badanti, l’assunzione può aversi a tempo determinato obbligatoriamente in forma scritta - con scambio tra le parti della relativa lettera di assunzione. Tuttavia la forma scritta non è obbligatoria laddove la durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non sia maggiore di 12 giorni di calendario.
Lo stesso contratto collettivo lavoro domestico fa alcuni esempi dei numerosi casi in cui le parti sono libere di fissare un termine alla durata del contratto di lavoro. Tra essi abbiamo i casi di sostituzione di lavoratori:
- che abbiano ottenuto la sospensione del rapporto per ragioni familiari, inclusa la necessità di raggiungere la propria famiglia residente all’estero;
- malati, infortunati o in maternità;
- in ferie.
I requisiti del contratto individuale di lavoro
Come indica il Ccnl lavoro domestico all’art. 6, tra le parti dovrà essere firmato un contratto di lavoro o lettera di assunzione, testo in cui andranno indicati alcuni elementi essenziali quali ad esempio:
- mansioni e livello di appartenenza;
- orario di lavoro;
- stipendio del lavoratore (dovranno essere rispettati i minimi salariali)
- esistenza o meno della convivenza;
- ferie riconosciute;
- regole in tema di riservatezza della famiglia presso cui si viene assunti;
- luogo di svolgimento della prestazione di lavoro.
Non meno importante sarà anche, per i lavoratori conviventi, l’indicazione della collocazione della mezza giornata di riposo settimanale, che si somma alla giornata di riposo settimanale spettante alla domenica.
Inoltre - spiega il Ccnl lavoro domestico - la lettera di assunzione, firmata dal lavoratore e dal datore di lavoro, dovrà essere scambiata tra le parti e - in ogni caso - le variazioni delle condizioni contrattuali, non puramente occasionali, dovranno essere oggetto di specifico accordo.
Per procedere con l’instaurazione del rapporto di lavoro e la redazione della lettera di assunzione, la persona interessata dovrà esibire al datore di lavoro carta d’identità, codice fiscale, eventuali attestati e corsi di formazione e il permesso di soggiorno valido per svolgere attività lavorativa in caso di cittadino straniero.
Comunicazione di assunzione all’Inps
Altro importante obbligo per il datore di lavoro domestico è relativo alla comunicazione di assunzione, che si invia telematicamente all’istituto di previdenza entro le 24 ore anteriori all’inizio del rapporto di lavoro, anche se il termine cade in un giorno festivo.
La comunicazione che arriva all’Inps giunge in via automatica anche all’INAIL, al Ministero del Lavoro, al Ministero della Salute ed alla Prefettura competente.
Il datore potrà comunicare online all’Inps l’inizio del rapporto di lavoro servendosi del sito web dell’Istituto, oppure attraverso gli intermediari autorizzati o il servizio di contact center.
Contributi previdenziali Inps
Ogni datore di lavoro domestico non deve inoltre dimenticare anche che, alla luce della legge e delle regole del Ccnl di settore, quando sceglie di assumere un lavoratore domestico dovrà versare obbligatoriamente i contributi pensionistici all’Inps. Questi ultimi hanno la finalità di finanziare la pensione colf o badante e sono per la maggior parte a carico del datore di lavoro, mentre una piccola parte è a carico del lavoratore.
L’Inps con la circolare n. 13 del 2 febbraio scorso ha chiarito quali sono gli specifici importi dei contributi da pagare – da entrambe le parti – per il periodo che va dal primo gennaio al 31 dicembre di quest’anno. I dati nella circolare sono stati pubblicati a seguito della variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
Attenzione perché in ipotesi di mancato versamento dei contributi, il datore di lavoro va incontro a sanzioni civili e penali ed, inoltre, il lavoratore potrà fargli causa ed esigere il versamento di tutti i contributi non versati.
Aumenti salariali disposti ad inizio 2023: alcuni chiarimenti
Interessante notare anche che dallo scorso primo gennaio, per detti lavoratori e lavoratrici sono giunti aumenti corrispondenti al 9,2% sui minimi tabellari o retribuzioni minime, con rialzi che oscillano tra i 109 e i 145 euro mensili in rapporto al profilo del lavoratore, in considerazione dell’adeguamento all’indice ISTAT sull’inflazione. Si tratta dei valori minimi aggiornati da versare in busta paga ai lavoratori domestici. Il Ccnl lavoro domestico dispone, infatti, aggiornamenti dei minimi tabellari fissati sulla base delle variazioni ISTAT.
Per controbilanciare l’aumento dei costi per le famiglie, l’attuale Governo starebbe tuttavia pensando di introdurre un potenziamento degli sgravi fiscali. Sarebbe infatti all’orizzonte un raddoppio da 1.500 a 3.000 euro della soglia dei contributi deducibili dal reddito, ovvero uno sconto per aiutare economicamente le famiglie che hanno bisogno di assistenza e per disincentivare il lavoro nero in un’area nella quale il fenomeno ha tuttora numeri preoccupanti.
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