Matteo Salvini ha ribadito la sua intenzione di chiudere tutti i centri sociali, anche se è un ex frequentatore, durante la sua permanenza al Viminale: ecco cosa sono e come funzionano.
“Chiuderemo tutti i centri sociali: l’utilità sociale di quei centri è pari a quelli dei campi Rom”. Parola di Matteo Salvini, durante un comizio a Pavia dove a fine maggio si voterà per le elezioni amministrative che saranno in concomitanza con le europee.
Una battaglia questa del leader della Lega che è stata affrontata all’interno del Decreto Sicurezza, anche se lui stesso giovanissimo ha ammesso durante il suo primo consiglio comunale a Milano di aver frequentato il Leoncavallo quando era ragazzo.
Ma cosa sono e come funzionano i centri sociali? Anche se non è facile etichettare esperienze spesso molto diverse le une dalle altre, è possibile individuare dei tratti comuni tra le varie occupazioni che da decenni avvengono non solo in Italia, ma anche nel resto dell’Europa.
I centri sociali in Italia
Il fenomeno dei centri sociali nasce in Italia, come nel resto del Vecchio Continente, sul finire degli anni ‘60. In sostanza si tratta dell’occupazione di uno stabile, pubblico o privato, che spesso si trova in uno stato di abbandono.
Generalmente il termine centro sociale viene riferito a uno spazio occupato da persone riconducibili agli ambienti della sinistra extraparlamentare e a quello degli anarchici.
Esistono però anche strutture gestite da formazioni di destra, come per esempio l’Osa (Occupazione a scopo abitativo) sito a Roma in via Napoleone III che al momento è la sede di CasaPound.
Lo scopo è da sempre quello di creare un luogo di aggregazione, senza scopo di lucro, dopo poter dare spazio alla controcultura per combattere l’alienazione giovanile specie nelle grandi città.
Il maggior numero di occupazioni è avvenuto a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90, spesso a opera di autonomi e appartenenti a collettivi anarchici o di sinistra chiamati CSA (Centri Sociali Autogestiti) oppure CSOA (Centri Sociali Occupati Autogestiti). Al momento ce ne sono ancora tanti, praticamente quasi in ogni città.
In alcuni casi i centri sociali hanno stretto degli accordi con le varie amministrazioni comunali, pagando l’affitto e le bollette delle utenze, in altri casi invece ci sono delle vere e proprie occupazioni spesso a opera di squatter che vivono anche all’interno della struttura.
La battaglia di Salvini
Tra i vari temi affrontati dal Decreto Sicurezza, la legge voluta da Matteo Salvini pochi mesi dopo essersi insediato al Viminale, c’è anche quello delle occupazioni degli immobili e del realizzare un piano degli sgomberi.
Per prima cosa è ora reato invadere degli edifici: verrà punito chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, con pene più elevate se il fatto è compiuto da più di cinque persone.
Poi è stato istituito un Piano nazionale degli sgomberi, dove vengono stabilite le modalità di ricognizione delle situazioni di occupazione che stanno riguardando diversi centri sociali sparsi in tutto il paese.
Matteo Salvini quindi starebbe cercando di mantenere fede alla sua promessa di “chiudere tutti i centri sociali”, anche se non sarà facile intervenire in alcune realtà ormai riconosciute nonostante le novità introdotte dal Decreto Sicurezza.
Una battaglia questa portata avanti dal leader della Lega che però stride con il suo passato, visto che nel suo primo intervento a soli 21 anni in qualità di consigliere comunale a Milano difese il centro sociale Leoncavallo dallo sgombero deciso dall’allora sindaco della Lega Marco Formentini.
“Chi non ha mai frequentato un centro sociale? Io sì, dai 16 ai 19 anni - arringò all’epoca il giovane Salvini- mentre frequentavo il liceo, il mio ritrovo era il Leoncavallo. Là stavo bene, mi ritrovavo in quelle idee, in quei bisogni…”
Adesso però l’opinione del ministro dell’Interno nei riguardi dei centri sociali sembrerebbe essere cambiata radicalmente, tanto da parlare di “utilità sociale di quei centri che è pari a quelli dei campi Rom”.
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