Tra le tante tecniche di marketing esistenti alcune sono particolarmente sottili ma, allo stesso tempo, molto efficaci. Il nudging è una di queste, vediamo di cosa si tratta.
Non tutte le decisioni quotidiane vengono prese con una piena consapevolezza delle loro conseguenze. Anzi, secondo numerosi studi condotti in ambito di neuromarketing, la maggior parte delle scelte d’acquisto ha alla loro base una sostanziosa componente irrazionale.
L’essere umano, infatti, è soggetto a una serie di bias e limiti cognitivi che vengono sfruttati da aziende e professionisti del marketing per influenzare il comportamento.
È proprio dalla comprensione di queste debolezze che sono state sviluppate alcune tecniche di vendita e di persuasione spesso abbastanza semplici, ma molto efficaci.
Una di queste si basa sull’esporre l’individuo a piccoli suggerimenti, detti “nudge” capaci di influenzare le sue scelte in modo sottile ma significativo.
A partire da questi principi nasce il nudging, una tecnica molto radicata nel settore del marketing, che sfrutta i principi solidi della psicologia comportamentale per indirizzare un individuo a una scelta specifica, come l’acquisto di un prodotto.
Cos’è il nudging
Il nudging, traducibile in italiano come “spinta gentile”, è una tecnica di persuasione capace di sfruttare la predisposizione umana a prendere decisioni rapide senza un’analisi profonda della situazione, per preservare le proprie risorse cognitive.
È utilizzato in un’ampia varietà di contesti, come la politica pubblica, le campagne di sensibilizzazione e anche nel marketing, al fine di incentivare le scelte d’acquisto del consumatore.
Il nudging funziona agendo sui meccanismi decisionali automatici del nostro cervello, che in buona parte governano le scelte economiche della nostra quotidianità. Questi principi ci permettono di prendere decisioni rapide spesso basate su impulsi o abitudini piuttosto che su un’analisi razionale, precisa e dettagliata della situazione.
Questa particolare tecnica si basa su due concetti chiave della psicologia comportamentale: le euristiche e i bias cognitivi. Vediamo cosa sono e come vengono sfruttati da chi utilizza il nudging.
Con il termine “euristica” si fa riferimento a una scorciatoia mentale che il nostro cervello utilizza per analizzare le informazioni e prendere rapidamente delle decisioni a riguardo.
Tra le euristiche più diffuse è presente quella della rappresentatività, che consiste nel giudicare un qualcosa basandosi esclusivamente su quanto somiglia a un caso tipico. L’euristica della disponibilità, poi, riguarda la valutazione della probabilità di un evento basandoci su quanto facilmente si riesce a ricordare esempi simili.
I bias cognitivi, invece, sono delle distorsioni sistematiche di come percepiamo la realtà e si presentano in maniera inconscia con la finalità di non affaticare troppo i nostri processi mentali.
Un esempio molto noto è quello del bias di conferma che ci spinge, inconsapevolmente, a preferire informazioni che confermino le nostre credenze preesistenti, limitando quindi le possibilità di cambiamento.
A tal proposito, i nudge vengono progettati proprio per sfruttare questi processi automatici presenti in ognuno di noi.
Come il nudging influenza i tuoi acquisti
Molte delle tecniche di nudging più efficaci sono applicate all’interno dei contesti di vendita, in particolare nello studio della disposizione dei prodotti tra gli scaffali del supermercato. Molte categorie di beni hanno, infatti, un posizionamento strategico pensato tenendo conto dei nudge.
Per rendere più chiaro quello di cui stiamo parlando pensiamo a dove sono collocati, all’interno del punto vendita, i prodotti meno costosi e di uso più comune. Per esempio, il banco delle caramelle e dei prodotti zuccherati è quasi sempre posizionato vicino alle casse; così facendo i negozi sfruttano il momento in cui i clienti sono maggiormente vulnerabili agli acquisti impulsivi, come nei momenti di attesa durante la fila, e le probabilità di acquisto aumentano.
Un altro caso riguarda il posizionamento intelligente dei prodotti in offerta. Molti supermercati, infatti, dispongono le merci in promozione e i nuovi arrivi vicino all’ingresso, facendo leva così sul primo impatto visivo e sulla tendenza a considerare le prime opzioni che incontriamo come più vantaggiose, poiché disponiamo di meno possibilità di confronto.
In maniera simile, hanno un effetto significativo sul numero di acquisti anche altri aspetti che spesso tendiamo a sottovalutare o a non considerare affatto.
Pensiamo all’altezza degli scaffali e a come la disposizione dei prodotti sia studiata per ciascun piano. Ad esempio, i prodotti per bambini sono disposti sui piani più bassi proprio per essere facilmente accessibili ai più piccoli e incentivare gli acquisti.
Ancora, i prodotti complementari o con caratteristiche simili sono posizionati spesso vicini tra loro (come patatine e salse, o pasta e sughi pronti) spingendo l’acquirente ad acquistarli assieme.
Infine, alcuni studi scientifici suggeriscono come stimoli differenti, tra cui musica e illuminazione, possano agire da nudge.
A tal proposito, è stato confermato che una melodia rilassante che accompagna gli shoppers nei loro acquisti può indurli a trascorrere più tempo all’interno del negozio. In maniera simile, un’illuminazione adeguata può esaltare la freschezza dei prodotti e renderli più attraenti, portando a incrementi nelle vendite non indifferenti.
Il nudging nelle campagne di sensibilizzazione
Come abbiamo visto finora il punto di forza del nudging risiede nella sua capacità di indirizzare le persone verso una scelta specifica, senza però costringerle o vincolarle in alcun modo.
È proprio per questi motivi che tecniche basate sui nudge sono molto utilizzate nelle campagne di sensibilizzazione, dove è fondamentale spingere gli individui verso una scelta evitando allo stesso tempo di farli sentire obbligati ad agire.
Riguardo ciò, è stato ampiamente dimostrato come l’utilizzo del nudging sia efficace nel dissuadere le persone ad adottare comportamenti sbagliati.
Ad esempio, frasi come: “qui 9 persone su 10 rispettano l’ambiente riciclando i loro rifiuti” hanno generalmente un impatto maggiore di moniti o avvertimenti diretti che impongono divieti o prescrivono obblighi come: “qui è obbligatorio fare la raccolta differenziata”.
Questa tipologia di nudge utilizza la pressione sociale come incentivo ad agire; l’individuo non vuole sentirsi diverso dagli altri e, per uniformarsi, preferirà contribuire al riciclaggio.
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