Che fine ha fatto il Gruppo Wagner? Cosa fanno oggi i mercenari russi

Alessandro Cipolla

25 Luglio 2024 - 16:24

Prima protagonisti della guerra in Ucraina e poi autori di un tentativo di golpe in Russia: che fine ha fatto il Gruppo Wagner da un anno orfano di Prigožin e cosa fanno oggi questi mercenari.

Che fine ha fatto il Gruppo Wagner? Cosa fanno oggi i mercenari russi

Che fine ha fatto il Gruppo Wagner? Se fino a qualche mese fa sembrava che l’esito della guerra in Ucraina dipendesse tutto da questi mercenari russi, adesso dopo la misteriosa morte del fondatore Evgenij Prigožin di questa milizia si sono perse sostanzialmente le tracce.

Il Gruppo Wagner è stato formato nel 2014 da Evgenij Prigožin ed è composto prevalentemente da soldati mercenari russi: nonostante sia una compagnia privata è innegabile il suo stretto legame con il governo di Mosca.

Prima dello scoppio della guerra in Ucraina infatti il Gruppo Wagner ha compiuto per conto del Cremlino il “lavoro sporco” in Siria e in Africa (specie in Sudan, Repubblica Centroafricana e Mali), conquistando una discreta fama nel campo e soprattutto ingenti ricchezze.

Nei Paesi dove hanno operato infatti i mercenari gestirebbero in maniera diretta anche delle miniere e dei pozzi di petrolio, concessi in “dono” dai governanti locali che così facendo sperano di poter vedere garantito l’“ordine” nei loro territori: solo nella Repubblica Centrafricana incasserebbero in totale 92,4 milioni di euro l’anno per i loro servizi.

In Ucraina il Gruppo Wagner avrebbe preso parte al massacro di Buča, giocando poi un ruolo decisivo nell’assedio e nella conquista della città di Bachmut: proprio in quell’occasione è salita alla ribalta la figura di Evgenij Prigožin che, nei suoi messaggi social, si mostrava sempre più insofferente verso l’esercito russo.

Il 23 giugno 2023 così i mercenari si sono ribellati iniziando a marciare verso Mosca in un autentico tentativo di golpe capeggiato Prigožin, ma dopo un giorno il gruppo ha deciso di fermarsi all’altezza di Rostov e fare rotta verso la Bielorussia, a seguito delle trattative da parte del presidente Lukashenko, rinunciando così al colpo di Stato.

Due mesi dopo c’è stata la misteriosa morte di Evgenij Prigožin a causa di un incidente aereo mentre era in volo fra Mosca e San Pietroburgo: da quel momento del Gruppo Wagner si sono come perse le tracce, ma i mercenari sarebbero ancora operativi in diverse parti del mondo.

Cosa fa oggi il Gruppo Wagner

Poco più di un anno fa il mondo intero seguiva con grande attenzione tutte le mosse del Gruppo Wagner, con l’Occidente che è arrivato a “fare il tifo” per i mercenari russi durante il loro tentativo di golpe subito abortito.

Dopo il fallito tentativo di colpo di Stato e la morte di Evgenij Prigožin, alcuni mercenari del Gruppo Wagner si sono arruolati come effettivi nell’esercito russo, altri sono rimasti di stanza in Bielorussia mentre una parte sta proseguendo nelle operazioni da tempo in atto in Siria e in Africa.

I mercenari Wagner del resto in passato hanno firmato contratti con il Ministero della Difesa russo per arruolarsi nell’Africa Corps, un gruppo militare attivo in Burkina Faso, Libia, Mali e Niger.

A capo del Gruppo Wagner ora ci sarebbe Viktor Bout - detto anche il Mercante di morte o il Postino -, un ex tenente colonnello dell’esercito russo che in passato è stato in carcere con l’accusa di traffico d’armi.

Un ruolo di primo piano però se lo starebbe ritagliando anche Pavel Prigožin, figlio del fondatore di Wagner che adesso avrebbe avuto il disco verde da parte di Mosca per gestire le redditizie attività del gruppo nella Repubblica Centroafricana.

Quanto alla guerra in Ucraina alcuni mercenari sarebbero ora operativi tra le fila delle milizie cecene, altri invece avrebbero puntellato le truppe bielorusse che da tempo sono pronte a intervenire in caso di un’escalation con l’Occidente.

In sostanza il gruppo Wagner non si è disciolto dopo il fallito golpe e la morte di Prigožin, ma semplicemente è tornato a curare i propri affari nell’ombra agendo in silenzio invece che con il clamore mediatico.

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